PADOVA – Dopo un’estate densa di concerti in tutta Italia, l’autunno ha visto l’inizio del nuovo viaggio nei teatri di Noemi. L’artista, emersa da X-Factor e poi sbocciata a Sanremo, approda anche a Padova stasera (26 novembre) al Gran Teatro Geox – con il “Nostalgia Indoor Tour” che rivela una dimensione più intima, per incontrare il suo pubblico nei luoghi più belli della musica dal vivo. Sul palco, Noemi propone i grandi successi insieme alle canzoni dell’ultimo album “Nostalgia”, progetto che intreccia influenze blues, scrittura cantautorale e collaborazioni con nomi importanti della scena italiana.
APPROFONDIMENTI
Noemi, come vive i momenti unplugged in teatro?
«Sono anni che faccio tour nei teatri e mi piacciono molto. Anzi, sono il mio habitat naturale, perché mi piacciono il buio e il silenzio del teatro. Credo che le canzoni ne vengano esaltate. In particolare l’album “Nostalgia” scopre in sala atmosfere nuove. Anche la scaletta sarà un po’ diversa: ci saranno momenti in versione acustica, emozionanti e divertenti».
Si approfondisce il repertorio?
«Negli anni ho sviluppato un repertorio dinamico. Oltre alle grandi ballads, che sono state la signature del mio percorso, adesso si sono aggiunti anche altri colori. Penso a “Makumba” oppure a “Non sono io”, ma soprattutto brani come “Se ti innamori muori” (che ha portato a Sanremo, ndr), che segnano un percorso nuovo. E allora in teatro si compongono molte sfumature. Io poi amo il momento acustico, perché cantare solo chitarra e voce è una cosa che si fa quando una canzone l’hai veramente dentro».
E torna in scena anche il pianoforte…
«Sì, che qualche anno l’ho portato fuori dalla mia cameretta. È stato sempre un grande amico, però era una cosa molto mia e mi metteva ansia suonare davanti al pubblico. Invece mi sono accorta che porta un plus bellissimo. E allora mi diverto a suonare il piano anche nella parte blues, con la band, oltra a paio di brani pianoforte e voce che creano una situazione molto intima. È questo il bello del teatro».
Le sue radici blues emergono maggiormente in sala?
«Io spero che emerga sempre questo lato della mia voce, perché è un genere che ho sempre amato. È in realtà il genere che mi ha fatto amare la musica, che mi ha fatto scegliere di cantare».
E chi sono i punti di riferimento?
«La musica mi piace tutta. Ascolto tanta classica e orchestrale, ma anche tutto il blues americano e inglese. È la mia pietra miliare. Sono sempre stata una grandissima fan di Janis Joplin, Wilson Pickett, Aretha Franklin. E forse in un’altra vita vivevo in quel tempo e in quel mondo, perché ricordo ancora l’emozione incredibile che ho provato la prima volta che ho ascoltato quella musica. Ecco, cerco di creare questa dinamica anche nei miei pezzi. E poi ci sono i cantautori degli anni Settanta che hanno travolto l’Italia con una profondità oggi difficile da trovare».
Perché tanta distanza?
«In Italia come in Europa c’era fermento e le persone leggevano tanto. Non eravamo schiavi dell’algoritmo, c’era un rapporto più umano. Quello che fa la differenza è l’approfondimento, perché oggi tutto è così veloce e superficiale, anche il modo di fruire la musica e le informazioni. Tutto è meno umano e quello che ne esce è meno profondo. La musica è sempre sintomo del tempo che viviamo».
Il suo percorso muove da X-Factor fino ai big di Sanremo. Com’è stato il passaggio generazionale?
«Io sono uscita ormai 16 anni fa ed è stato un lungo cammino. Credo di aver vissuto un momento di grande evoluzione: prima la musica era più lenta e ora tutto è più veloce. È entrato nel pop italiano il sound hip hop e rap, che ha rivoluzionato in trent’anni la musica. Io cerco sempre formule nuove, anche per non perdere contatto con il pubblico. Rimanere contemporanei è bellissimo».
E quando si diventa classici?
«Quando un pezzo riesce a resistere alle mode del momento una cosa che fanno solo i grandi. Accade se ti rendi conto di avere un evergreen nel tuo repertorio. Nel mio piccolo penso che un pezzo come “Sono solo parole” possa rimanere al di là di me».
E la collaborazione con Vasco Rossi?
«È nata grazie a Gaetano Curreri. Mi chiama dicendo che a Vasco piaceva la mia voce e volevano scrivere un pezzo per me. Pensavo fosse uno scherzo, ma un mese dopo è nata “Vuoto a perdere”. Una generosità, disponibilità e passione incredibili. Da lì è partita una bellissima avventura per me. È la collaborazione della vita».
Il prossimo progetto?
«Spero sia sempre un passo verso l’alto. Magari un disco e un tour con l’orchestra, sarebbe un sogno che si realizza».