LECCE – Sembra un alibi perfetto, ma non lo è: il dato dell’astensione non può spiegare la disfatta del centrodestra a Lecce. I numeri, infatti, possono essere interpretati ma, anche se stravolti nelle narrazioni a uso e consumo degli elettori, producono un rumore di fondo che non può essere silenziato.

Se, infatti, al primo turno delle amministrative del giugno del 2024 nel capoluogo salentino avevano votato in 53.406 (68,43 percento), alle ultime regionali lo hanno fatto in 35.187 (45,15), con una riduzione di poco più di 18mila schede. Si tratta di una caduta di oltre 18 punti che ha fatto danni soprattutto da una parte, quella che governa la città.

La coalizione di centrodestra, che un anno e mezzo addietro era arrivata a mezzo punto dalla maggioranza assoluta con 26.053 voti alle liste che sostenevano Adriana Poli Bortone, tra domenica e lunedì, invece, ha raccolto 13.451 voti di lista (altri 558 solo per il candidato presidente).

Si tratta, in pratica, di un dimezzamento (del 48 percento) della dote elettorale che non può essere spiegato solo con il calo dell’affluenza ai seggi e che, al netto delle necessarie distinzioni che si devono fare tra un tipo di tornata elettorale e un’altra, pone un obbligo di riflessione nel centrodestra cittadino. Intanto, perché la giunta di Adriana Poli governa la città, ma anche per le dimensioni dello scarto, di ben 14 punti percentuali, rispetto alle liste del centrosinistra (il divario sale al 18 percento se si contano anche i soli voti al candidato presidente e non solo quelli per le liste).

Lo scarso appeal di Luigi Lobuono, senza dubbio, ha inciso sulle dimensioni della mobilitazione a suo favore, così come ha avuto un effetto deterrente lo stallo che ha paralizzato la coalizione prima di scegliere il candidato. Ma queste sono dinamiche che condizionano il voto di opinione. Cosa è accaduto quindi nei meccanismi di funzionamento della macchina organizzativa del centrodestra, nella filiera di prossimità del consenso? 

Per rispondere un punto di partenza può essere il dato dell’affluenza nei seggi dove il centrodestra ha conquistato il margine necessario a vincere le amministrative, in particolare le tre sezioni cui fanno riferimento i residenti del litorale (87-88-89): qui il dato si è praticamente dimezzato, con un minimo del 31,52 percento e un massimo del 36,47. In queste tre sezioni Decaro ha avuto 549 contro i 639 di Lobuono, ma nel giugno del 2024 Poli di fatto doppiò Salvemini con 1.395 voti contro 723.

Un inquadramento simile si può fare per la sezione 23 (dal 59,23 del 2024 al 27,93) e per la 24 (dal 58,86 al 31,24) nelle quali affluiscono i residenti di alcune aree popolari nei pressi dello stadio: Decaro ha avuto 172 voti mentre Lobuono 156. Da quelle stesse urne, nel giugno del 2024, l’attuale sindaca incassò 436 voti contro i 216 del suo predecessore.

L’area di centrosinistra, invece, ha ottenuto 20.187 preferenze contro le 24.373 del giugno del 2024, perdendo il 17 percento di quel bacino. Nella coalizione spicca il dato della lista Decaro Presidente, dove Silvia Miglietta, coordinatrice di Lecce Città Pubblica ha raccolto 3.704 preferenze pari al 56 percento di tutti i voti ai candidati.

In questo modo, la già assessora nella giunta Salvemini si è guadagnata sul campo un protagonismo ipoteticamente spendibile in vista delle prossime elezioni comunali, ma che è già al vaglio di Antonio Decaro perché, su base provinciale, Miglietta ha ottenuto quasi il 23 percento del totale di lista.

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