di
Francesco Bertolino

L’agenzia abbassa a 5 il livello di affidabilità della stablecoin, citando l’incidenza del bitcoin nelle riserve e la scarsa trasparenza. Ardoino: «Modelli di rating vecchi, che hanno fatto investire in società poi crollate»

L’agenzia di rating S&P taglia il giudizio di affidabilità della stablecoin Tether, la più diffusa sul mercato, al livello più basso: cinque, ossia debole capacità di restare ancora al dollaro.  Considerato che la parità di valore con la moneta sovrana è la caratteristica fondante dell’utilità di una stablecoin, il giudizio di S&P è severo e pesante. Resta tuttavia da valutare quale peso avrà la bocciatura dell’agenzia di rating in un settore, quello delle criptovalute, che ha prosperato a lungo al di fuori della finanza tradizionale, delle sue regole e delle sue istituzioni (nei confronti delle quali, anzi, ha più volte palesato scetticismo, quando non addirittura disprezzo). Per ora, così, il prezzo di Tether non ha risentito della bocciatura di S&P e la stablecoin ha mantenuto la parità con il dollaro. 

Tether risponde contestando «modelli di rating classici (che) hanno storicamente portato a investire in società poi crollate». Il ceo Ardoino su X parla di «sistema finanziario tradizionale in rovina» e sottolinea come Tether sia ben capitalizzata e «senza riserve tossiche». 



















































Le riserve di Tether

La bocciatura di S&P è frutto principalmente di due fattori, entrambi legati alle riserve di Tether. La società con sede a El Salvador – fondata da Giancarlo Devasini e guidata da Paolo Ardoino – garantisce che per ogni UsdT (il nome della stablecoin) emesso viene depositato un dollaro in attività finanziarie sicure e facilmente liquidabili in caso di riscatti da parte degli utenti. Oggi sono in circolazione UsdT per 174 miliardi di dollari, ma le riserve di Tether ammontano a oltre 181 miliardi perché la società mantiene  un margine di sicurezza ulteriore di 7 miliardi. Il grosso di questo «forziere» è composto da titoli di Stato americani: il debito pubblico statunitense è considerato il mercato più «profondo» del mondo, dove è sicuro in ogni momento trovare un compratore. 

Il nodo Bitcoin

Tuttavia, nota S&P, una parte consistente delle riserve di Tether – circa il 24% del totale – è ancora costituita da attività rischiose e soggette a fluttuazioni di valore rilevanti come l’oro e, soprattutto, il bitcoin. Quest’ultima criptovaluta, in particolare, rappresenta il 5,9% delle riserve della stablecoin, con un valore superiore al margine di sicurezza di 7 miliardi. Qualora – come sta accadendo nelle ultime settimane – il prezzo del bitcoin dovesse precipitare il rapporto fra gli UsdT in circolazione e le riserve di Tether potrebbe scivolare sotto l’uno a uno, creando rischi di stabilità in caso di una «corsa allo sportello» da parte degli utenti

Il problema della trasparenza

Nel motivare l’abbassamento del «rating» di Tether da 4 a 5, poi, l’agenzia di rating sottolinea la «scarsa trasparenza sulla gestione delle riserve e sulla propensione al rischio, la mancanza di un solido quadro normativo (in El Salvador, Paese sede del gruppo, ndr) e l’assenza di segregazione degli asset per proteggersi dall’insolvenza dell’emittente». S&P ricorda in particolare che le riserve di Tether sono sottoposte ogni tre mesi a un’attestazione (non a una revisione completa e indipendente) da parte di Bdo Italia, mentre le altre stablecoin pubblicano un’attestazione mensile. Il gruppo non rivela da chi sono custodite queste riserve né in quali precisi strumenti finanziari siano investiti, limitandosi a categorie generiche come «fondi monetari, bond societari o fondi monetari», rendendo impossibile stabilire a quali rischi siano soggette queste controparti di Tether.

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27 novembre 2025 ( modifica il 27 novembre 2025 | 08:22)