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Dal 1° agosto, mentre inizieranno a riempirsi di vacanzieri le spiagge di mezzo mondo e con l’allarme tsunami nell’Oceano Pacifico fortunatamente rientrato, su Apple TV+ sono disponibili i primi due episodi su nove (gli altri usciranno uno a settimana ogni venerdì fino al finale del 19 settembre) di Chief of War, serie tv di genere epic drama scritta, interpretata e nell’episodio finale da Jason Momoa, l’attore noto per i ruoli di Khal Drogo in Game of Thrones e di Aquaman nell’universo cinematografico della DC Comics, nonché protagonista di un’altra magnifica serie Apple, See.
Chief of War è però il progetto più personale di Momoa, che è anche produttore di questa serie che racconta un momento cruciale della storia delle Hawaii, l’arcipelago dove Momoa è nato proprio il primo di agosto del 1979: anche questa corrispondenza tra il suo 46esimo compleanno e l’uscita della serie non è una coincidenza, ma un segnale di quanto l’attore ci abbia messo del suo.
Per quanto non manchino differenze con la storia vera, tra personaggi originali e vicende che divergono dalla Storia ufficiale, questa serie è, dunque, la rappresentazione dei fatti che segnarono una svolta per quelle isole e per gli antenati di Momoa. Prima di esprimere il nostro giudizio su una produzione così epica e allo stesso tempo così intima, però, riassumiamo brevemente e senza spoiler la premessa storica e la trama di questa serie.
Di cosa parla Chief of War, tra personaggi storici e inventati
Chiedendo scusa in anticipo se incapperemo in qualche refuso nella grafia dei complicati nomi di quasi tutti i protagonisti (abbiamo messo link di riferimento per quelli realmente esistiti), le vicende di Chief of War hanno inizio nel tardo Settecento, quando l’arcipelago che oggi chiamiamo “le Hawaii” era diviso in quattro regni: quello di Hawai’i, appunto, e poi O’ahu, Maui e Kaua’i. Gli abitanti di queste isole hanno da poco avuto i primi contatti con i “pelle pallida” e con James Cook in particolare, ma in questo periodo sono impegnati soprattutto a farsi guerra tra loro, come avviene da tempo immemorabile.
Jason Momoa è Ka’iana, secondo alcuni l’hawaiano più famoso della Storia. All’inizio lo troviamo auto-esiliato nella momentaneamente pacifica Kaua’i – lui che è il figlio del defunto “capo della guerra” di Maui, e che ha combattuto in prima persona per la famiglia reale di Maui – insieme ai fratelli Nahi (Siua Ikaleʻo) e Namake (Te Kohe Tuhaka), alla propria moglie Kupuohi (Te Ao o Hinepehinga) e alla cognata Heke (Mainei Kinimaka).
Tutto cambia quando a Kaua’i arriva una delegazione del re di Maui, Kahekili (Temuera Morrison). Ka’iana e i fratelli sono richiamati in patria, da dove sono andati via per non dover combattere altre battaglie ingiuste, proprio per riunirsi con l’esercito di Maui nella nuova guerra voluta da Kahekili, intenzionato a realizzare un’antica profezia secondo cui un re nato sotto una stella rossa unificherà le genti delle isole in un unico popolo.
Il primo passo in questa guerra di conquista è O’ahu, alle prese con una successione complessa nella dinastia locale. Nel frattempo si prepara anche il regno di Hawai’i, dove l’anziano re Kalaniopu (Branscombe Richmond) sta decidendo a chi lasciare in eredità i suoi poteri tra il figlio Keoua (Cliff Curtis), un guerriero capace di prendersi a pugni fino a cavarsi un dente da solo, e il nipote Kamehameha (Kaina Makua), meno interessato alla carriera militare ma decisamente più intelligente e strategico, e per questo il capo della guerra hawaiano, Moku (Moses Goods), vuole fargli sposare la figlia Ka’ahumanu (Luciane Buchanan), giovane che ha visioni degli dei e che è cresciuta a Maui, essendo sua madre la sorella di Kahekili.
In tutto questo intreccio di dinastie e di battaglie, però, sta per inserirsi prepotentemente l’uomo bianco. Su Maui infatti sta per sbarcare la nave del comandante John Meares, interessato alle materie prime locali ma intenzionato a non usare la violenza contro gli agguerriti isolani. Sulla sua nave ci sono (anche se storicamente è andata diversamente) John Young, personaggio storico che finirà per vivere lì, e Tony (James Udom), un marinaio di colore che avrà modo di conoscere Ka’iana. Ma non sveliamo altro, invitandovi a guardare il trailer al fondo recensione: prima, però, ecco il nostro giudizio su Chief of War.
Chief of War è una grande e ambiziosa serie, ma è anche estremamente complessa
Chief of War ha tutto quello che serve per una grande serie: una storia (vera) di grande respiro, una messinscena maestosa e perfetta, battaglie sanguinose, personaggi di animo nobile e altri mossi dalla bramosia di potere, e ovviamente delle location di una bellezza assoluta.
Non siamo, purtroppo, esperti di storia hawaiana, quindi non sapremmo giudicare con precisione l’aderenza alla realtà delle vicende portate sullo schermo a quelle reali, ma l’impressione avuta è quella di una serie profonda come l’oceano in cui è ambientata.
Insomma, il livello di Chief of War è quello tipico delle produzioni di Apple TV+, e cioè altissimo. A lasciarci qualche dubbio, tuttavia, è l’appetibilità di una serie del genere presso il pubblico internazionale, e in particolare, per quanto ci riguarda, italiano.
Siamo pronti, fuori dagli USA, e forse anche lì, per una serie in cui il primo episodio è totalmente in lingua hawaiana, il secondo quasi, e solo dal terzo episodio si può iniziare a staccare ogni tanto gli occhi dai sottotitoli? A maggior ragione se le puntate introduttive servono appunto a presentare un mondo di personaggi e luoghi e significati particolarmente intricati?
Probabilmente Chief of War riceverà plausi dalla critica statunitense, e magari anche qualche nomination e vittoria agli Emmy o ai Golden Globes, ma facciamo fatica a credere che riscuoterà il successo che merita un’opera di tale fattura presso gli spettatori che non hanno familiarità con i temi e i personaggi raccontati. Sarebbe un peccato, perché sulla qualità di Chief of War c’è poco da discutere.
Voto: 7.5