“Per due anni ho chiesto, in modo continuo, di essere visitato in ospedale, di fare degli esami, ma nessuno mi ha creduto. Sospettavo già di avere un tumore”. Questo il racconto di Carlo D’Attanasio, il velista pescarese che, arrestato nel 2020 in Papua Nuova Guinea con l’accusa di riciclaggio legato al narcotraffico internazionale, è stato assolto dalla Corte d’Appello e liberato dopo cinque anni di detenzione. Le sue condizioni di salute, aggravate da un tumore al colon giunto a uno stadio avanzato, hanno reso la sua detenzione ancora più complessa. “Ho fatto tredici proteste della fame e della sete per ottenere una visita medica. Sono stati momenti durissimi. Ho rischiato la vita più di una volta, ma non avevo alternative. Alla fine ce l’ho fatta: mi hanno portato in ospedale e lì è arrivata la diagnosi”, ha spiegato D’Attanasio, che attualmente si trova “in una stanza dell’ospedale pubblico di Port Moresby”. Ad annunciare la sua liberazione è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in una conferenza stampa all’Unità di crisi della Farnesina .

La liberazione

La sentenza di appello rispetto alla condanna a 19 anni ricevuta mesi fa “è stata estremamente positiva, sono contentissimo, felicissimo”, ha commentato poi lo skipper. “Me l’aspettavo, perché i giudici che componevano la commissione erano i tre migliori giudici onesti di questa nazione. Ho avuto fiducia nel loro lavoro. Ho chiesto semplicemente di essere rispettato, di essere valutato con onestà. Così è avvenuto e giustizia è stata fatta, anche se sarebbe dovuto accadere molto prima. Invece è arrivata dopo cinque anni”, ha proseguito il velista, parlando di una “giornata piena di entusiasmo, gioia e felicità”. 

D’Attanasio al governo: “Mi aiuti a tornare a casa”

D’Attanasio ha poi rivolto un appello al governo italiano affinché “possa organizzare un rientro adeguato alle mie condizioni di salute, nel più breve tempo possibile. Sono già grato per tutto quello che hanno fatto, ma chiedo di darmi questo ultimo aiuto per rientrare in Italia e ricevere delle cure adeguate”, ha detto. “Non posso volare su un aereo di linea, perché ho delle stomie da sostituire, iniezioni da fare per la terapia del dolore. Non è una condizione semplice per affrontare un viaggio così lungo”, ha spiegato ancora, chiedendo al governo “un ultimo aiuto, per permettermi di tornare in Italia e ricevere cure adeguate, fare un check-up. Perché qui non so quale sia lo stato reale dell’evoluzione del mio tumore”.  

Vedi anche
Carlo D’Attanasio liberato in Papua Nuova Guinea: “Sono felice”