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L’Unione europea sta subendo una «guerra ibrida» e deve «rispondere», ha messo in chiaro lo scorso 8 ottobre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, parlando a Strasburgo nella plenaria del Parlamento Europeo. «Nelle ultime due settimane – ha ricordato – caccia Mig hanno violato lo spazio aereo dell’Estonia e i droni hanno sorvolato siti critici in Belgio, Polonia, Romania, Danimarca e Germania. I voli sono stati bloccati, i jet sono stati fatti decollare e sono state dispiegate contromisure per garantire la sicurezza dei nostri cittadini». Secondo la presidente «questi incidenti sono calcolati per restare nell’ombra della negabilità. Non si tratta di molestie casuali. È una campagna coerente e in continua escalation per destabilizzare i nostri cittadini, mettere alla prova la nostra determinazione, dividere la nostra Unione e indebolire il nostro sostegno all’Ucraina. È ora di chiamarla con il suo nome, questa è guerra ibrida». E l’Europa, scrive Politico in un approfondimento, sta facendo ciò che sarebbe sembrato impensabile solo pochi anni fa: pianificare la propria reazione.


APPROFONDIMENTI

Dalle parole ai fatti

Secondo due alti funzionari governativi europei e tre diplomatici della Ue interpellati dal quotidiano, le ipotesi spaziano da operazioni informatiche offensive congiunte contro la Russia, a un’organizzazione più rapida e coordinata di attacchi ibridi contro Mosca, fino a esercitazioni militari guidate dalla Nato. «I russi stanno costantemente testando i limiti: qual è la risposta, fin dove possiamo spingerci?», riflette il ministro degli Esteri lettone Baiba Braže. «È necessaria una risposta più proattiva», ha dichiarato a Politico. «E non è con le parole che si manda un segnale, ma con i fatti». Negli ultimi mesi droni russi hanno sorvolato Polonia e Romania, mentre altri velivoli misteriosi hanno scatenato il caos in aeroporti e basi militari in tutto il continente. Altri incidenti includono interferenze gps, incursioni di aerei da combattimento e navi militari e un’esplosione mirata che ha danneggiato un collegamento ferroviario polacco adibito al trasporto di aiuti militari in Ucraina. «Nel complesso, l’Europa e l’Alleanza atlantica devono chiedersi per quanto tempo siamo disposte a tollerare questo tipo di guerra ibrida. E se sia necessario prendere in considerazione l’idea di diventare più attivi in questo ambito», ha affermato la scorsa settimana alla Welt TV il segretario di Stato tedesco per la Difesa Florian Hahn.

Le tattiche

Gli attacchi ibridi non sono una novità. Tuttavia la portata e la frequenza degli attacchi attuali sono senza precedenti. Globsec, un think tank con sede a Praga, ha calcolato che tra gennaio e luglio si sono verificati oltre 110 atti di sabotaggio e tentativi di attacco in Europa, principalmente in Polonia e Francia, da parte di persone legate a Mosca. Lo studio inquadra le tattiche russe nel contesto della sua guerra contro l’Ucraina, dimostrando che le operazioni ibride non sono uno scenario collaterale, bensì un pilastro centrale della strategia del Cremlino. Come l’Isis, un decennio fa, reclutava criminali europei tra le sue fila, Mosca sta ora addestrando individui socialmente emarginati – spesso uomini di lingua russa con precedenti penali – per condurre sabotaggi, incendi dolosi e altri attacchi sul suolo europeo. Questa volta, tuttavia, non è un’organizzazione terroristica ad agire, ma un attore statale a guidare il reclutamento e le operazioni. Il rapporto sottolinea come le operazioni ibride della Russia siano inscindibili dalla finanza illecita e dall’elusione delle sanzioni. Mosca, rimarca Globsec, ha fatto ricorso a operazioni finanziarie ombra per spostare denaro oltre confine, pagare gli agenti e sostenere la propria economia di guerra. Questi canali consentono al Cremlino di aggirare le restrizioni, integrando al contempo le reti criminali nella sua strategia di guerra ibrida. La campagna russa di attentati, incendi dolosi e sabotaggi, va dunque interpretata secondo il rapporto come una ritorsione per il sostegno dell’Europa all’Ucraina, sia in preparazione a un potenziale conflitto più ampio.

Escalation

Per questo Globsec raccomanda una lettura più ampia delle minacce ibride e una cooperazione più stretta tra attori pubblici e privati, oltre a maggiori investimenti nelle capacità di sicurezza interna dell’Europa. «Non possiamo permetterci di avere paura e di provare troppa ansia per l’escalation. Dobbiamo essere fermi», ammonisce il capo di Stato maggiore della Difesa svedese, generale Michael Claesson. Finora la risposta è stata quella di rafforzare le difese. Dopo l’abbattimento di droni da guerra russi in Polonia, ricorda Politico, la Nato ha dichiarato che avrebbe potenziato le difese aeree e antiaeree dell’Alleanza ai confini orientali, una richiesta condivisa dalla Ue. Che a seguito delle provocazioni russe sta alzando i toni. Dopo aver schierato 10.000 soldati per proteggere le infrastrutture critiche della Polonia a seguito al sabotaggio della linea ferroviaria che collega Varsavia a Kiev, venerdì il primo ministro polacco Donald Tusk ha accusato Mosca di essere coinvolta in un «terrorismo di Stato». La scorsa settimana, ricorda Politico, «il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha criticato l’”inerzia” del continente di fronte ai crescenti attacchi ibridi e ha presentato un piano di 125 pagine per reagire. In esso, ha suggerito di istituire un Centro europeo per il contrasto alla guerra ibrida, una forza informatica di 1.500 uomini e personale militare specializzato in intelligenza artificiale». Come ha aggiunto giovedì il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, «tutti devono rivedere le proprie procedure di sicurezza. La Russia sta chiaramente intensificando la sua guerra ibrida contro i cittadini della Ue».

Rispetto delle regole

Cosa significhi una risposta più decisa è ancora una questione aperta, rileva Politico. Ciò è in parte dovuto alla differenza tra Mosca e Bruxelles, «quest’ultima è più vincolata ad agire nel rispetto delle regole», spiega Kevin Limonier, docente e vicedirettore del think tank Geode con sede a Parigi. «Ciò solleva una questione etica e filosofica: i Paesi governati dallo stato di diritto possono permettersi di utilizzare gli stessi strumenti e le stesse strategie dei russi?». Germania e Romania stanno rafforzando le norme che consentirebbero di abbattere i droni che sorvolano aeroporti e oggetti militarmente sensibili, nel frattempo i servizi di sicurezza nazionale possono operare in una zona grigia dal punto di vista legale. Danimarca e Repubblica Ceca consentono già operazioni informatiche offensive e, secondo quanto riferito, il Regno Unito ha hackerato le reti dell’Isis per ottenere informazioni su un programma di droni in fase iniziale già nel 2017. Gli alleati devono «essere più proattivi nell’offensiva informatica», ha affermato Braže, e concentrarsi «sull’aumento della consapevolezza della situazione, riunendo e coordinando i servizi di sicurezza e di intelligence». Un alto diplomatico della Nato interpellato da Politico ha le idee chiare: «Indubbiamente bisognerebbe fare di più in materia di armi ibride» e «dimostrare attraverso vari mezzi che prestiamo attenzione e che possiamo spostare le risorse in modo flessibile».


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