di
Elisabetta Andreis

Fratello di don Pierino Gelmini, agli albori dell’epidemia dell’eroina a Milano fondò la comunità «Mondo X» La vita dalla parte degli ultimi, la passione per il calcio e per il vino, lo stile anticonformista

Milano perde il suo frate d’assalto. Quello che aveva i Ray-Ban, gli stivaletti alla Beatles e la forza di entrare dove nessuno voleva guardare: le periferie esistenziali, i ragazzi corrosi dall’eroina, le notti senza nome. Padre Eligio se n’è andato a 94 anni.

Per lui nessuno restava una X. Negli anni in cui la droga si portava via migliaia di ragazzi, lui camminava verso quelli che il mondo aveva già archiviato. Da quella ostinazione nascono «Mondo X» e le comunità di Cozzo, Milano, l’Isola di Formica, Cetona: luoghi restaurati come ferite richiuse, spazi di rinascita per migliaia di vite sfiancate dalla dipendenza.



















































Nacque così anche la sua intuizione più radicale: «Telefono Amico», nel 1964. La prima chiamata, il 23 gennaio, arrivò da una donna che ha appena tentato il suicidio. Da lì in avanti, le linee si moltiplicano: oggi sono otto con un centinaio di volontari, turni di sei ore, oltre dieci milioni di telefonate all’anno dirette ai centralini del convento di Sant’Angelo, a Milano. Tra quelle voci c’era anche Alda Merini, che allora sconosciuta dettava poesie alla cornetta. Quel telefono telefono diventò un ponte: il primo strumento moderno per fare breccia nel dolore degli altri.

La svolta arrivò nel 1967, quando la città iniziò a scoprire i morti d’eroina nei parchi, le siringhe nei giardini dove le mamme non portavano più i bambini. E’ in quel momento che Padre Eligio apre le porte ai giovani tossicodipendenti e offre loro «una comunità di vita come luogo benedetto per il cuore della propria devastata esistenza». La Casa francescana gli affida conventi interi: lui li trasforma in comunità di riconciliazione, spazi in cui la dignità rinasce attraverso la luce, la cura, l’ordine. Basta vedere l’Isola di Formica: pietre restaurate alla perfezione, mare come specchio, nessun dettaglio lasciato al caso. Non estetica: terapia.

Lo stesso avviene a Sant’Angelo, convento sempre tirato a lucido perché chi entrava sentisse quanto il proprio corpo era stato abbandonato — e quanto poteva ancora essere rimesso al mondo. La sua figura rompeva lo schema: lo chiamavano «Frate by night», «Fratel dribbling», «Padre d’assalto». Sempre a San Siro, quando giocava il Milan di Nereo Rocco e Gianni Rivera. Ray-Ban, boccoli morbidi, stivaletti da Beatles: anticonformista senza farne un manifesto. Rivera, anni fa, disse: «Incontrai padre Eligio a una iniziativa sui giovani. Scoprii un mondo lontano dal mio e me ne innamorai. Da allora, appena posso, vado a trovare i ragazzi di Mondo X».

Era nato nel villaggio Bisentrate nel 1931, Angiolino Gelmini all’anagrafe. Fratello minore di un altro religioso, Pierino Gelmini, fondatore della Comunità incontro. Frate Eligio ha attraversato un’Italia che cambiava pelle e lasciava indietro troppa gente: solitudine, emarginazione, violenza, depressione. Lui costruiva risposte invece di commenti. «La libertà da ogni cosa e l’amore all’Uomo hanno dato pace al mio cuore e passione alla mia vita», scrisse tempo fa.

Con la sua morte anche il mondo del vino perde un alleato: era forte l’amicizia con Luigi Veronelli, ateo, fratello in spirito. E lo ricorda con affetto e stima Paolo Panerai, giornalista, editore, produttore di vino e presidente del comitato Historical Super Tuscans: «Quel nome, Mondo X, della sua comunità, era un simbolo fortissimo: ogni uomo o donna, quando per la droga perdevano l’identità di esseri viventi e per il resto del mondo diventavano delle X, per Padre Eligio erano più fratelli dei suoi fratelli». Le parole sono importanti: Padre Eligio amava dire che le radici della vite sono le stesse radici della vita.


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29 novembre 2025