di
Elena Meli

Con un test sul sangue che analizza le cellule tumorali in circolo si possono trovare mutazioni contro cui oggi è possibile utilizzare nuovi farmaci mirati che aumentano la sopravvivenza

Può essere una «coppia» davvero vincente: associare il monitoraggio della comparsa di nuove mutazioni genetiche nelle cellule tumorali, eseguito tramite biopsia liquida, all’impiego di nuovi farmaci selettivi per queste alterazioni cambia le prospettive di sopravvivenza delle pazienti con tumore al seno metastatico. 

Lo hanno sottolineato gli esperti durante il recente convegno Breastision, a Firenze, tutto dedicato alle nuove prospettive di terapia e gestione del carcinoma mammario metastatico.



















































Biopsia liquida

I tumori al seno positivi ai recettori degli estrogeni e negativi a HER2 sono i più comuni e vengono trattati con terapia endocrina; quando la malattia progredisce e diventa metastatica, in un caso su due è presente la mutazione del gene ESR1 che attiva il recettore degli estrogeni e rende la malattia resistente alle terapie ormonali. 

Oggi è possibile da un lato individuare precocemente le pazienti in cui questo accade, dall’altro trattarle con un farmaco mirato: «La biopsia liquida, per la quale basta un semplice prelievo di sangue, è una novità nel tumore al seno ma non lo è in altri tipi di cancro», spiega Grazie Arpino, docente di oncologia dell’Università Federico II di Napoli. «Permette un buon monitoraggio della comparsa delle resistenze e nel caso dei tumori metastatici è più accurata delle classiche biopsie dei tessuti nel riconoscerle tempestivamente; sarebbe opportuno eseguire l’esame quando la malattia progredisce, per capire quale mutazione del tumore sostiene il cambio di passo della patologia e poter cambiare trattamento mirandolo al meglio».

Farmaci mirati

Oggi infatti è possibile colpire in maniera efficace i casi in cui a mutare è il gene ESR1, che porta a un’attivazione costante dei recettori degli estrogeni: accade a circa 2mila pazienti ogni anno e «adesso abbiamo un farmaco specifico e mirato, elacestrant, che è il primo approvato da Aifa per questo bersaglio molecolare e che può posticipare il ricorso alla chemioterapia», aggiunge Paolo Marchetti, presidente della Fondazione Italiana per la Medicina Personalizzata. 

Elacestrant è rimborsabile e disponibile in tutte le Regioni dalla scorsa estate ed è indicato per il tumore al seno con una mutazione attivante del gene ESR1 in progressione dopo almeno una linea di terapia endocrina che abbia incluso un inibitore delle cicline CDK4/6; si prende per via orale e nelle sperimentazioni cliniche ha dimostrato di ridurre del 45 per cento il rischio di progressione di malattia e la mortalità rispetto alle terapie ormonali tradizionali. 

«Sono le terapie ormonali a esercitare una “pressione” sul tumore e a portarlo a mutare per sfuggire alla cura: la probabilità di alterazioni di ESR1 cresce all’aumentare della durata del trattamento di prima linea», specifica Valentina Guarnieri, direttrice dell’Unità di Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto. «Questa resistenza alla terapia endocrina oggi può essere superata con elacestrant, che è il farmaco di prima scelta quando compare la mutazione». «Oggi riusciamo così a impedire la progressione di malattia per molto tempo, grazie alle possibilità offerte dal monitoraggio della malattia e dall’integrazione dei nuovi farmaci con le diverse modalità di trattamento», conclude Marchetti.

29 novembre 2025

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