di
Fabrizio Dividi

Il regista Morgan Knibbe con brutale realismo descrive storie ai margini di una metropoli-alveare dove le ragazze sono merce sessuale, gli uomini assassini, spacciatori o pervertiti

La corsa sfrenata per le strade di Manila del protagonista Ginto, un bambino di 11 anni svuotato progressivamente della sua infanzia, apre The Garden of Earthly Delights, affresco dolente di una generazione senza speranza: una storia cinematograficamente potente, lucida nel suo brutale realismo, ambientata sullo sfondo di una metropoli-alveare che si appresta a festeggiare il Natale.

Nel «Giardino delle delizie», premiato con merito dalla giuria del Tff43, le ragazze sono merce sessuale, gli uomini assassini, spacciatori o pervertiti e i bambini, nel migliore dei casi, apprendisti gangster che giocano con i loro sogni solo attraverso allucinazioni da anfetamina e con le gigantografie di ragazze dalla pelle bianchissima. Ma il miracolo del regista olandese Morgan Knibbe -un passato da documentarista e il Pardo d’Argento 2014 con Shipwreck- è di mettere in scena un’opera a metà tra l’allegoria e il crudo spessore antropologico, senza retorica né pietismo. Lo fa attraverso un montaggio che, nella sua frenesia, sa «respirare» con sequenze più meditative; con un tappeto sonoro dai toni cupi e funerei rotto da urla, clacson e cani che abbaiano; e con il sostegno «informante» della cronaca, raccontata da radio e tv, che parla di 6000 morti ufficiali all’anno a causa della droga che diventano oltre 30 mila per gli attivisti.



















































«Chi chiude gli occhi davanti alla realtà -nelle parole dell’attivista per i diritti civili James Baldwin che aprono il film- sollecita la propria distruzione, e chiunque insista per restare in uno stato d’innocenza quando quell’innocenza non esiste più si trasforma in un mostro». Ed è proprio nella figura dell’«uomo occidentale», un ragazzo impacciato e «per bene» che consola le sue miserie con uno squallido giro in giostra nella città del peccato, che il regista denuncia il silenzio del mondo civile, nella sua complice, ipocrita e arrendevole «innocenza».

Gli altri premi

Nel palmares del Tff, ci sono anche Ida (Premio della Giuria) e Ailleurs la nuit, di cui è importante sottolineare il sostegno in fase iniziale del TorinoFilmLab, con la Miglior Sceneggiatura. 

Nel concorso doc, il Miglior Film è Seeds, ritratto di uno degli ultimi agricoltori «black» degli Usa che con la sua quotidianità descrive il lato nascosto dell’«arte della terra». Il Premio Speciale va a Coexistence – My Ass, che racconta la questione mediorientale con sfrontata ironia, e la Menzione Speciale a Bobò di Pippo Delbono, rivelazione poetica e umana dell’intero Tff43.


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29 novembre 2025 ( modifica il 29 novembre 2025 | 19:10)