di
Chiara Bidoli

Prevenire l’infezione nei piccoli è strategico, non solo per la loro salute ma anche per limitare la diffusione dal momento che la contraggono cinque volte di più degli adulti e la «passano» molto più facilmente. Intervista (anche video) agli esperti Alberto Villani, pediatra, e Paolo Bonanni, epidemiologo

La stagione influenzale è ufficialmente iniziata. Lo scorso anno oltre 16 milioni di italiani sono stati colpiti da influenza e sindromi parainfluenzali (il numero più alto registrato da quando è attiva la sorveglianza nazionale) e circa un terzo erano minori. Quest’anno cosa dobbiamo aspettarci? In Europa assistiamo a casi in aumento e in anticipo di tre-quattro settimane rispetto alle due stagioni più recenti a causa di una nuova variante, come riportato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).
Con i bambini come regolarsi? Come proteggerli dalle complicanze che, nei casi più gravi, possono richiedere l’ospedalizzazione? Ne abbiamo parlato di recente durante un incontro video su Corriere TV con Alberto Villani, direttore della Pediatria generale del Bambino Gesù di Roma e Paolo Bonanni, professore di Igiene generale e applicata all’Università degli Studi di Firenze, dipartimento di Scienze della Salute.

«L’influenza è una malattia infettiva determinata da virus che nei bambini danno sintomi noti: rinite, febbre, tosse, dolori diffusi, stanchezza e, talvolta, disturbi gastrointestinali. Per prevenirla e affrontarla è importate innanzitutto garantire al bimbo corretti stili di vita: sonno adeguato, riposo, idratazione, alimentazione varia ed equilibrata e, solo se la febbre supera i 38,5°, antipiretici ogni quattro ore. Se a prendere l’influenza è però un bambino molto piccolo, se c’è respiro affannato o in caso di comorbidità, occorre tenere il bimbo sotto stretta osservazione medica», ha spiegato Villani



















































Prevenire l’influenza nei bambini è strategico non solo per tutelare la loro salute ma anche per limitare la diffusione dei virus tra la popolazione adulta. I più piccoli, infatti, contraggono l’influenza cinque volte di più degli adulti, la diffondono molto più facilmente e quando iniziano ad essere contagiosi sono ancora senza sintomi evidenti. «È fondamentale proteggere tutti i bambini con la vaccinazione, innanzitutto per la loro salute, ma anche perché sono tra i principali diffusori dei virus. Non importa se la stagione influenzale sia più o meno intensa, l’influenza non è mai una malattia banale e le complicanze nei bambini, talvolta gravi, non sono così rare. Basti pensare che più della metà dei minori che finiscono in ospedale per l’influenza sono bambini sani», ha sottolineato Bonanni

Per prevenirla, oltre a stili di vita sani, i pediatri consigliano il vaccino antinfluenzale sin dalla gravidanza per proteggere, oltre la mamma, anche il bambino alla nascita e nei primi mesi di vita, e poi i bambini dai sei mesi in avanti. «Più il bambino è piccolo, più gli effetti del virus influenzale possono essere gravi, anche a lungo termine. A chi mi chiede se è meglio un’immunizzazione “naturale” ricordo che è sempre meglio evitare la malattia perché un qualsiasi infezione contratta in età evolutiva, se dovesse risultare grave, rischia di alterare lo sviluppo, per esempio del polmone, di quel soggetto. La vaccinazione, invece, è sicura ed è l’unico modo per mettere il bambino al riparo da rischi importanti», dice Villani

Il vaccino antinfluenzale nei bambini funziona nel 60-70% dei casi dato che, se paragonato alla copertura di altre vaccinazioni, può sembrare basso. «Dal vaccino antinfluenzale non possiamo aspettarci la stessa protezione che abbiamo, per esempio, con il vaccino per il morbillo dove c’è un solo virus che non cambia mai. Nel caso dell’influenza siamo di fronte a dei virus che non vanno mai banalizzati, mutano continuamente, che poi è il motivo per cui occorre vaccinarsi ogni anno. Il 60/70% di efficacia protettiva non va considerato un dato basso, anzi, è un’enormità. Vuole dire proteggere la maggioranza dei bambini, e nel caso si contragga comunque l’infezione, evitare le forme più gravi», continua Bonanni

Tra vaccinazioni obbligatorie e facoltative i bambini, soprattutto nei primi anni di vita, sono sottoposti a numerose somministrazioni effettuate in contemporanea o in tempi ristretti: può essere eccessivo? 
«Una banale infezione di qualsiasi tipo determina nel sistema immunitario una serie di risposte che equivalgono a fare, più o meno, tutti i vaccini disponibili contemporaneamente. Il principio del vaccino è quello di stimolare l’organismo per produrre in maniera selettiva la risposta che servirà per proteggersi dall’infezione. Spiegandolo in maniera semplice: i germi sono fatti di tantissime componenti. Quando un germe entra nell’organismo scatena una serie di risposte che sono diverse perché vanno a cercare meccanismi di difesa per i diversi pezzi di cui il germe è costituito. Le vaccinazioni, invece, si basano sul principio della selettività, ovvero viene identificata la parte del germe che serve al sistema immunitario per riconoscerlo e scatenare una risposta immunitaria. La vaccinazione permette di elaborare tutto ciò che serve perché ci sia una risposta immunitaria selettiva e selezionata per proteggere l’organismo, motivo per cui si possono fare più vaccinazioni nella stessa seduta vaccinale», conclude Villani.

E a chi ha paura degli effetti collaterali dei vaccini? «C’è un eccessivo timore sulla sicurezza dei vaccini: sono i prodotti dell’industria farmaceutica che hanno meno effetti collaterali e meno gravi. C’è un tema culturale da affrontare. Se una persona è malata chiede la cura, mentre i benefici del vaccino richiedono un pensiero lungimirante», conclude Bonanni.

La copertura dei vaccini antinfluenzali pediatrici in Italia sono ancora molto basse. «Dobbiamo fare di più e meglio. Se guardiamo la fascia tra i 6 e i 24 mesi siamo intorno al 10 per cento, mentre fino ai 6 anni la copertura è intorno al 15 per cento, con grandissime differenze a livello regionale.
La soglia a cui dovremmo tendere è nettamente superiore, almeno il 75 per cento. Un modello a cui ispirarsi è il Regno Unito dove le vaccinazioni antinfluenzali vengono fatte dal medico di famiglia e, dall’età scolare e fino ai 18 anni, sono eseguite a scuola con il consenso dei genitori. C’è da considerare anche l’impatto socio-economico delle malattie infettive. Uno studio su 11 stagioni influenzali in Italia ha calcolato che nella popolazione di età 0-14 l’infuenza ha generato 155 milioni di euro tra costi diretti e indiretti» conclude Bonanni.

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29 novembre 2025