di
Luigi Ripamonti
Tanti anni fa chiesi a un grande farmacologo: «Professore che ne pensa di questo nuovo farmaco?» La risposta, informata dalla sua nota ironia, fu: «Dottore lo prenda, lo prenda subito, prima che smetta di fare effetto!» Ma avrebbe anche potuto essere: «Lo prenda, lo prenda subito, prima che vengano fuori gli effetti collaterali!». È quello che sta accadendo con i nuovi farmaci anti-obesità. E non c’è né da meravigliarsi, né da scandalizzarsi: siamo semplicemente in quella che si chiama «Fase IV», o sorveglianza post-marketing, cioè quella in cui una medicina, dopo essere entrata in commercio, viene assunta da un numero crescente di persone. In questa fase è del tutto normale, e atteso, che vengano segnalati effetti indesiderati che non erano ancora stati osservati durante le fasi sperimentali che avevano portato alla sua approvazione.
Queste fasi (I, II e III) sono molto rigorose (non a caso la fase III è quelle dei trial clinici dove trial significa proprio «processo») e, se non vengono superate, la molecola non potrà essere messa in vendita.
Successivamente è del tutto normale che quando la medicina in questione verrà usata non da diecimila, ma da un milione di individui, effetti che non erano stati riscontrati possano emergere: a questo serve la farmaco-sorveglianza. È quanto sta accadendo anche con i farmaci incretino-mimetici, ormai adottati da moltissime persone e diventati una «moda», la quale, però, produce effetti collaterali che poco hanno a che fare con la vera farmaco-sorveglianza, specie se rilanciata da personaggi famosi, già «influencer» o magari semplicemente alla ricerca di visibilità con l’inconfessato desiderio di diventarlo approfittando di questo argomento come palcoscenico. Una situazione che rischia di generare confusione.
Su queste colonne, già anni fa, quando questi farmaci cominciarono a essere disponibili, si avvertiva dei rischi che poteva comportare un loro utilizzo «cosmetico», e si sottolineava come non si dovesse quindi ricorrervi con leggerezza per perdere solo qualche chilo, che avrebbe potuto «essere buttato giù» con una dieta e con l’esercizio.
I motivi di preoccupazione erano diversi: il primo era che i farmaci vanno presi quando servono, dietro indicazione e sotto controllo medico, altrimenti ci si espone inutilmente al rischio di effetti collaterali e si spendono soldi per niente. Il secondo motivo era che allora questi farmaci, se «accaparrati» senza ragione venivano sottratti alla disponibilità di chi ne aveva davvero bisogno, come i diabetici. Il terzo motivo era che, anche chi non ne aveva invece bisogno, affascinato dalla moda e da varie star che ne vantavano i risultati straordinari, se non riusciva a farsi fare una ricetta dal medico, li cercava (e li cerca) su Internet, col risultato di iniettarsi non si sa bene che cosa, a volte con conseguenze molto gravi, come riportato da recenti casi di cronaca.
Questi gli aspetti che preoccupavano all’inizio di questo fenomeno «di costume». Ora, come c’era da aspettarsi, si è entrati in una nuova fase, come se fossimo in un pendolo, uguale e contraria. Adesso lo star-system incretino-entusiasta, lancia l’allarme: questi farmaci fanno danni mai visti, per inciso proprio quelli denunciati a proposito della vista da un famoso cantante sono quelli che hanno fatto più scalpore. E rieccoci da dove eravamo partiti: «È la fase IV baby».
È del tutto normale che qualche effetto non previsto salti all’occhio (ci si scusi per l’ignobile gioco di parole…). Il problema è come, quanto e da quale fonte proviene l’allarme. Se qualche celebrity dice che ora non ci vede più a causa di queste medicine bisognerebbe sapere se il motivo è proprio il farmaco o qualcos’altro, oppure se il soggetto in questione era particolarmente fragile sotto questo aspetto, e quindi predisposto ad andare incontro a problemi.
L’Ema – Agenzia europea per i medicinali classifica questo effetto come molto raro. E si potrebbe andare avanti con altre segnalazioni più o meno «illustri», talora spiegabili e prevedibili, non di rado reversibili, relative a questi farmaci.
Il tema quindi ritorna a essere quello da cui eravamo partiti: ci vuole buon senso e senso di responsabilità. Il senso di responsabilità non è solo verso sé stessi ma verso la comunità intera. Perché gli effetti collaterali sociali di un abuso, e di una conseguente «narrazione» insensata, in un senso o nell’altro, su questi farmaci, ancora una volta, gravano poi su chi ne ha davvero bisogno. Innanzitutto perché chi potrebbe davvero giovarsene potrebbe spaventarsi senza valide ragioni, e poi perché il consumo fuori controllo può comportare previsioni di spesa tali da indurre, comprensibilmente, a molta prudenza chi deve decidere sulla loro rimborsabilità per eventuali nuove indicazioni, il che, rieccoci, ricadrebbe su chi avrebbe potuto beneficiare legittimamente di queste indicazioni. Si parla molto, e molto giustamente, di stigma dell’obesità. Anche un comportamento irresponsabile nell’uso e nella «narrazione» di questi farmaci contribuisce, concretamente, a questo stigma.
29 novembre 2025
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