Continuano le indagini sulla morte del 35enne ucciso in provincia di Udine. Per il delitto sono sospettate la 61enne Lorena Venier e la 30enne Maylin Castro Monsalvo, madre e compagna dell’uomo. “La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere”, ha detto Lorena Venier. Stamattina le due donne sono comparse davanti alla gip del tribunale di Udine nell’udienza di convalida del loro fermo: si dovrà decidere se applicare l’aggravante della premeditazione. Difesa chiede custodia attenuata per compagna

Continuano le indagini sull’omicidio di Alessandro Venier, il 35enne ucciso a Gemona del Friuli (Udine). Per il delitto sono sospettate la 30enne Maylin Castro Monsalvo e la 61enne Lorena Venier, compagna e madre dell’uomo. Stamattina, poco dopo le 9, le due donne sono comparse davanti alla gip del tribunale di Udine Mariarosa Persico nell’udienza di convalida del loro fermo. “La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere”, aveva detto nelle scorse ore Lorena Venier per spiegare per quale ragione, insieme alla nuora, ha deciso di uccidere il figlio Alessandro, che voleva trasferirsi in Colombia. La stessa tesi è stata ribadita anche questa mattina nell’udienza preliminare. All’uscita, senza fornire altri dettagli, l’avvocato della 61enne ha confermato che il movente “è da ricercarsi nelle dinamiche di famiglia, lei era molto legata a nuora e nipote” e pensava che andare in Colombia avrebbe esposto la giovane a rischi gravissimi per la sua incolumità.

La confessione

Ieri Lorena Venier, infermiera, per circa tre ore ha parlato davanti al magistrato, spiegando nel dettaglio ciò che è accaduto e perché ha ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro. “Ho fatto una cosa mostruosa ma era necessaria. Mi rendo conto dell’enormità ma non c’erano alternative. Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto”, ha detto riferendosi alla nuora, Mailyn Castro Monsalvo, cittadina colombiana. Ha poi fornito una ricostruzione così circostanziata che ha portato la Procura a contestare l’aggravante della premeditazione: la gip, nell’udienza di convalida di oggi, deve decidere se sarà applicata.

Difesa chiede custodia attenuata per compagna

Per la 30enne la difesa ha chiesto la custodia attenuata per detenute madri di prole inferiore a un anno, prevista dalla legge e in vigore dall’aprile scorso. In questo modo la donna potrà prendersi cura della bimba avuta da Venier, che ha sei mesi. “La mia assistita si è avvalsa della facoltà di non rispondere anche perché le sue condizioni psicofisiche sono precarie. È confusa, rallentata nell’eloquio e nei movimenti. Durante l’udienza, con grande umanità e chiarezza di linguaggio, facilitando la comprensione a una persona che è di madrelingua spagnola, il giudice ha descritto gli accadimenti e Mailyn forse ha preso coscienza, condizione che ieri in carcere non aveva”, ha spiegato l’avvocata Federica Tosel. La Procura, invece, ha chiesto per la donna la custodia cautelare in carcere contestando, oltre all’omicidio volontario premeditato in concorso, aggravato dalla presenza di una minore, anche il vilipendio e l’occultamento di cadavere. La Gip si è riservata la decisione.

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Il movente

Alessandro Venier è stato ucciso il 25 luglio, alla vigilia della partenza per la Colombia, il luogo dove aveva deciso di andare a vivere. L’uomo non sarebbe partito da solo, ma avrebbe portato con sé la compagna e la figlia di sei mesi: una scelta non condivisa né dalla compagna, che preferiva rimanere in Italia, né dalla madre di lui. Quest’ultima non voleva perdere quella che ha definito “la figlia che non aveva mai avuto” e con la quale aveva stretto un sentimento di forte affetto reciproco. Sarebbe stato questo desiderio di non separarsi, secondo chi indaga, a spingere le due donne a uccidere Venier.

La dinamica

Per quanto riguarda la dinamica dell’omicidio, l’uomo sarebbe stato dapprima stordito con una forte dose di farmaci e poi soffocato con un cordino. Una volta morto sarebbe cominciata l’operazione di sezionamento del cadavere. La lite a cena una settimana fa, secondo chi indaga, era solo un pretesto per eseguire un piano che le due donne avevano architettato. Dopo il delitto, mamma e nuora hanno sezionato il cadavere dell’uomo, l’hanno nascosto e coperto di calce viva. Dopo cinque giorni, la giovane colombiana è passata accanto al bidone con i resti del compagno e ha digitato il 112 per costituirsi. La donna ieri pomeriggio doveva essere sottoposta all’interrogatorio nel carcere di Trieste, ma è stata colta da malore e trasferita in ambulanza in ospedale: è guardata a vista, così come la suocera, per scongiurare gesti autolesionistici.

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