«La libertà è la mia strategia». Questo il piano di Cesare Cremonini, «innamorato» e con il sogno di «raccontare una storia che unisce diversi artisti ed epoche per parlare a un pubblico che vorrei unito sotto uno stesso cielo». L’artista dei colli bolognesi si racconta in un’intervista al “Corriere della Sera”, ricordando gli esordi e ripercorrendo alcune tappe della sua carriera. Poi, volta pagina e parla di oggi, dell’incontro con Elisa e Luca Carboni, della schizofrenia e dell’amore che sta vivendo.
Da Cremonini ai Chemical Brothers: Milano al centro della musica
Un nuovo capitolo
Un riflesso pavloviano dovuto a un’esperienza passata, sarebbe alla base del manifesto di libertà di cui parla Cremonini. Nulla a che fare con le sue radici, che invece gli hanno dato le ali. Parla del suo ex manager Walter Mameli: «È stato il mio scopritore» ricorda. «Ma mi ha anche imprigionato». Lo racconta con serenità, oramai, ma anche con la consapevolezza di chi di strada ne ha fatta e ha attraversato anche momenti, nel corso della carriera, più tesi. «Vivevo in un castello dorato, però mi era negata la possibilità di avere a che fare con qualunque essere umano che facesse parte del mio ambiente. Compreso Lucio», riferendosi a Dalla. Queste le nuove pagine di Cesare Cremonini, che ha cominciato a scrivere di recente, una mattina alle 7, quando si è svegliato con in testa una strofa de “La Pennicanza”. «Ho chiamato Fiore: non ho una sigla, ho una canzone», dice di aver detto.
La politica
«I politici non capiscono: passa il tempo, i nomi restano. Sono sempre gli stessi, anche se cambiano corpo» commenta Cremonini, ricordando gli anni ’90 come quel decennio che avrebbe regalato l’illusione di «un momento in cui ho avvertito che la globalizzazione avrebbe salvato il mondo». Intersecandosi con le vicende che stanno scuotendo l’attualità politica, afferma: «È pericolosissimo dire che oggi l’autoritarismo non c’è perché siamo in democrazia». Ma quando il discorso vira sui colori politici, commenta: «Il mio cuore è tinto di rosso come i tetti di Bologna – però ribadisce – le leggi del tifo le applico volentieri soltanto al Bologna», ricordando il suo ruolo d’artista sul palcoscenico, come mediatore e interprete, attraverso l’arte, dei fatti del mondo.
La madre
«Avevo 12 anni (…) quando una notte, vedendola piangere, andai in camera e le dissi: mamma, non è difficile, bisogna che lo lasci». Si riferisce alla separazione dei suoi genitori.
Lo racconta come una sorta di passaggio obbligato, anche se suo padre, spesso, ha avuto bisogno di lui. La mamma, intanto: «L’ho vista soffrire tanto non solo per mio padre. In casa ha aleggiato una forma depressiva, una palla infuocata che ci siamo passati a vicenda». Lei – ricorda il cantante – sognava per lui un lavoro come concertista. Al conservatorio gli dicevano che aveva orecchio. Cremonini, in quel periodo, era innamorato: «Della bambina al primo banco, Margherita. Le dedicai diverse canzoni».
L’amore
Con Margherita, poi, le cose non sono andate. Un amore non corrisposto. «Non ero io il bello della classe» e questo, però – commenta l’artista – ha inciso sulla carriera iniziale: «Perché non è mai il bello della classe che scrive le canzoni». Oggi, l’amore con Giorgia Cardinaletti: «È centrale». La sua ultima uscita “Ragazze facili” è nata da lei, che gli ha chiesto: «Cos’è che può cambiare la vita di un uomo?». “Ragazze facili” è un mondo parallelo, una metafora, che l’artista spiega come «qualcosa creato da noi stessi per non affrontare sé». Oggi la storia d’amore è finita, ma Cremonini afferma: «Sono innamorato, non vado oltre».
Attrazione per un uomo
«Su un braccio ho tatuato Freddie Mercury. A me sono arrivati come un bagaglio culturale i fumetti di Andrea Pazienza, la cultura underground di Bologna, le serate all’Arcigay, la vicinanza con il mondo della musica elettronica di Riccione, il Cocoricò, il travestitismo. Un mondo che non aveva generi da dover specificare». Sulle esperienze omosessuali, Cremonini spiega: «No, però ho legato la mia vita a una visione in cui fosse naturale l’inclusività e il piacere come senso del vivere».
La schizofrenia e le nuove collaborazioni
L’artista parla anche della sua schizofrenia, con cui convive da due anni. Glielo ricordano le pillole che lo aspettano a colazione: «È un percorso che continua» commenta, affermando di saperlo accettare con leggerezza, grazie alle cure. «Le collaborazioni con Luca Carboni, Elisa, Lorenzo Jovanotti derivano da un enorme fallo di reazione a una costrizione gigantesca» spiega. Una reazione naturale che deriva da anni di sopore – quelli con l’ex manager. Oggi «il mio sogno è e sarà sempre lo stesso: di tenere insieme, raccontare una storia che unisce diversi artisti ed epoche per parlare a un pubblico che vorrei unito sotto uno stesso cielo», conclude.
Ultimo aggiornamento: domenica 30 novembre 2025, 11:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA