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Non è un uomo da riflettori. Non lo vedrete mai cercare una telecamera o intestarsi un successo. Eppure, quando l’Italia del tennis solleva trofei, macina ranking e infrange record, da qualche parte — magari in fondo alla tribuna, con la polo federale addosso e le braccia conserte — c’è sempre lui: Umberto Rianna, 55 anni, tecnico della Federazione Italiana Tennis e Padel, la figura che la FITP ha scelto per affiancare i coach privati dei nostri campioni.
APPROFONDIMENTI
Uno che non allena “uno”: li allena tutti.
LE RADICI: IL CAMPETTO DI ASFALTO E UN TALENTO QUIETO
La storia di Rianna inizia lontano da tutto ciò che oggi rappresenta. A Caserta, alla parrocchia di Lourdes: due campi in asfalto, polvere, qualche linea scolorita. È lì che il piccolo Umberto scopre non solo il tennis, ma una forma di disciplina che gli resterà dentro. Vince, corre, lotta. Tra i dodici e i quattordici anni è già tra i migliori della regione.
Ma la promessa che brilla a quell’età non basta a convincerlo che diventerà un professionista.
Si iscrive a Giurisprudenza, per seguire la strada tracciata dal papà e indicata al fratello Gianluca. Sembra finita con il tennis prima ancora di cominciare.
E invece no.
LA SVOLTA: LA COMPAGNIA ATLETI E IL BIG BANG DI BOLLETTIERI
Il destino si presenta quando meno te lo aspetti. Il servizio militare obbligatorio lo inserisce nella Compagnia Atleti, e da lì arriva l’invito che gli cambia la vita: volare in Florida, alla corte di Nick Bollettieri, il più celebre allenatore della storia. Il guru che ha creato Agassi, le Williams, Hingis, Sampras, Courier.
Rianna parte per un viaggio di poche settimane e resta tre anni nella cattedrale del tennis mondiale. Respira professionalità, metodo, ossessione, quella cultura del lavoro che ti entra nelle ossa e non se ne va più. Diventa uno dei giovani tecnici di riferimento dell’Academy.
Per oltre dieci anni farà avanti e indietro tra l’Italia e gli Stati Uniti: un apprendistato più unico che raro.
IL RITORNO: NASCE IL “METODO RIANNA”
Dopo l’esperienza americana, il mondo del tennis italiano si accorge di lui. Lavora con Nargiso, Pescosolido, Luzzi, Starace. Poi arriva Bolelli. E poi ancora altri ragazzi, perché il suo modo di allenare — silenzioso, scrupoloso, umano — comincia a fare scuola.
La Federazione non si lascia scappare un tecnico così.
Rianna entra stabilmente nella FITP, diventandone una risorsa chiave: il tecnico che la Federazione affianca ai coach dei più forti, quello che fa da ponte tra tecnologia, visione e tradizione. Quello che conosce i ragazzi come pochi, perché li ha visti nascere agonisticamente, crescere, sbagliare, rialzarsi.
Umberto Rianna in compagnia di Vincenzo Santopadre
LA GOLDEN AGE: I CAMPIONI, I MOMENTI, LE IMPRESE
Quando Sonego conquista i primi punti ATP, Rianna è là.
Quando Berrettini decolla verso Wimbledon e il Queen’s, Rianna è là.
Quando Musetti esplode ad Amburgo, Rianna è là.
Lui non ama elencare le sue imprese. Preferisce parlare di “percorsi”, non di trofei. Ma è impossibile non riconoscere il suo impatto in una delle epoche più floride di sempre per il tennis italiano.
E poi c’è la Davis.
A Malaga, a Bologna, nelle notti che hanno riportato l’Italia sul tetto del mondo: Rianna è sempre accanto al capitano Volandri, voce calma e ascoltata, presenza discreta che trasmette solidità.
UN UOMO SPECIALE, PRIMA ANCORA DI UN TECNICO
Ciò che colpisce di più, però, non è il curriculum. È l’umiltà. La semplicità con cui torna, quando può, nella sua Caserta, a rifare a piedi la strada del liceo.
O la difficoltà con cui rientra in certi luoghi che custodiscono memorie familiari dolorose.
È un uomo di emozioni profonde, tenute sempre al riparo dalle luci.
L’OCCHIO CHE VEDE OLTRE
Nell’ambiente, lo sanno tutti: se c’è un tecnico capace di capire il potenziale di un ragazzo in cinque minuti, quello è lui.
Un occhio tecnico rarissimo.
Un talento nel vedere il “possibile”.
È anche per questo che il tennis italiano oggi corre come non aveva mai corso. Perché dietro Sinner, Berrettini, Musetti, Cobolli, Nardi, i giovani che arrivano e quelli che arriveranno, c’è un sistema. E in quel sistema, c’è un architrave solidissima: Umberto Rianna.
Non ama apparire, ma è indispensabile.
Non cerca gloria, ma la costruisce.
Non si vede, ma c’è sempre.
L’uomo che allena tutti.
Il custode silenzioso della rinascita del tennis italiano.
E in un’epoca in cui tutto vuole essere mostrato, lui resta fedele alla sua natura: adoperarsi, capire, crescere.
Mentre gli altri raccolgono applausi, lui raccoglie futuro.