I tifosi vedono realizzarsi, come ogni anno da un ventennio a questa parte, le peggiori previsioni e all’orizzonte si intravede l’imbarazzante profilo di una stagione buttata già prima di cominciare
La sconfitta con il Lecce mette a nudo tutte le enormi lacune che caratterizzano società, squadra ed allenatore. Le pezze messe male e a prezzo di saldo all’inadeguato mercato estivo sono saltate, mostrando in maniera impietosa l’incompetenza e la mancanza di talento di un settore scouting e di una campagna di reclutamento non all’altezza della serie A. Se la difesa e il centrocampo del Toro vanno oltre l’imbarazzo e scivolano ormai verso il ridicolo, la responsabilità principale è della società e della politica suicida di vendere sempre e comunque i pezzi migliori, abbinata all’incapacità di sostituirli in maniera adeguata. Se è vero che tutte le squadre devono ormai auto-finanziarsi con le plusvalenze, è altrettanto vero che i soldi incassati vanno reinvestiti in qualità e talento, e non esclusivamente in operazioni di fine saldi, scommesse improbabili e calciatori dal fisico fragile o minato dagli infortuni. Sarebbe il caso che qualcuno spiegasse come è possibile presentare in serie A una reparto difensivo composto da Israel, Pedersen, Coco, Masina, Lazaro, Biraghi e Nkounkou dopo aver stra-venduto in due anni Buongiorno e Bellanova, incassando fior di milioni di euro. L’unico risultato ottenuto grazie a questo gioco a perdere è aver messo insieme la peggior difesa della serie A, un reparto a spegnimento automatico che si scioglie alla prima difficoltà e offre agli avversari praterie verso la porta, oggi difesa (si fa per dire) da un panchinaro del campionato portoghese (pagato in parte alla Juve) al quale qualcuno dovrebbe spiegare come si esce e soprattutto dove piazzarsi quando la palla spiove in area (l’errore marchiano di posizionamento sul gol preso oggi fa il paio con quello in occasione della rete non convalidata alla Fiorentina). Difficile, se non impossibile, accettare che un Paleari reduce da prestazioni superlative sia stato messo in panchina per fare posto a questo impalpabile e controproducente Israel. Se la difesa piange, il centrocampo non ride di certo, e mostra tutti i limiti di una campagna acquisti portata avanti senza criterio. Pur pagati a carissimo prezzo (e finanziati anche dalla pesante cessione di Ricci), l’invisibile Anjorin, l’equivoco Casadei (ma davvero con queste prestazioni deve giocare sempre e per forza?) e il punto interrogativo Ilic non spostano nessun equilibrio in campo, ed insieme a Gineitis, zavorrano un reparto sempre in difficoltà sulle seconde palle e incapace di garantire almeno un minimo filtro, per non parlare dell’inesistente sostegno alla fase offensiva (dove sono gli assist e i gol dei centrocampisti?).
Discorso a parte merita Asllani, che testa e piede ce li ha, ma i cui costanti cali di concentrazione fanno capire bene perché nell’Inter è sempre stato solo una comparsa: sbagliare un rigore ci sta, ma il non-tiro con il Lecce è da braccino corto e denota mancanza di personalità. Detto che in avanti Adams, Simeone e Zapata reggono l’intera squadra, bisogna ammettere che Ngonge e Abukhlal sono due altre grosse topiche prese in sede di mercato. Se però il primo si avvia, a suon di prestazioni deludenti, a rientrare a Napoli senza grosse perdite, il secondo rischia di rimanere l’ennesimo buco nel bilancio, sulla solida scia di Verdi, Zaza, Niang e altri splendidi esempi del passato. Chiarito che le responsabilità principali sono della società, non si possono esimere i giocatori dalle loro macroscopiche colpe. Si percepisce con chiarezza che in campo non scende una squadra, ma un gruppo di persone che indossano la stessa maglia. Ogni singolo gioca la sua partita, facendo il minimo indispensabile e cercando di evitare rischi: all’interno e tra i vari reparti ci sono scollature evidenti, sottolineate da movimenti fuori sincrono (Nkounkou ha regalato due gol tra Como e Lecce già solo con l’errato posizionamento), linee e tempi di passaggio spesso incomprensibili e palle perse per mancanza di sostegno dei compagni.
La fase di gioco che meglio illustra questi problemi è quella del pressing in avanti e a metà campo, sostanzialmente inutile in termini di recupero palla e sistematicamente tagliato fuori a causa delle distanze sbagliate e della mancanza di comunicazione tra i giocatori. Si era capito dal ritiro e dal pre-campionato che i calciatori messi insieme erano eterogenei per caratteristiche e accomunati da un tasso di qualità medio-basso, ma arrivare a dicembre senza una vera squadra che scenda in campo con carattere e determinazione indica la mancanza di veri leader, di obiettivi comuni e di uno spogliatoio compatto. Da chi scende in campo a chi sceglie giocatori e formazione il passo e breve, e l’andamento ciclico delle disfatte stagionali non risparmia certo l’allenatore. Se a Baroni si poteva riconoscere il merito di aver rimesso insieme i cocci dopo un inizio disastroso, le ultime due gare certificano che i problemi strutturali sono sempre presenti, e che il mister non è riuscito a creare fondamenta solide per il suo tipo di gioco, né ad unire i giocatori intorno ad un progetto comune. Il carattere che manca dovrebbe trasmetterlo lui, ed è sempre lui che deve trovare il sistema di gioco migliore e le sue varianti. Se col Como la doppia assenza di Simeone e Adams ha pesato sulla formazione, la sconfitta con il Lecce è figlia di un undici iniziale timido, assortito male e messo in campo peggio, che ha regalato ancora una volta agli avversari buona parte del primo tempo e praterie in avanti. L’ingresso di Zapata ha cambiato l’inerzia della gara, spostando in avanti il baricentro e portando alla pressione e al gol.
Purtroppo, come già avvenuto con il Como, i cambi successivi di uomini e di modulo hanno vanificato tutto, spegnendo la vis offensiva e generando confusione ed equivoci, in una girandola parossistica che ha solo alimentato frenesia e incomprensioni. Difficile immaginare come questo gruppo possa riuscire a ripartire dopo due gare così negative in termini di gioco e di risultati. Quello che per ora è certo è che i tifosi vedono realizzarsi, come ogni anno da un ventennio a questa parte, le peggiori previsioni e all’orizzonte si intravede l’imbarazzante profilo di una stagione buttata prima di cominciare. E’ forse presto per parlare di crisi, ma con la peggior difesa (e fase difensiva) del campionato, un centrocampo colabrodo e una mentalità perdente, il rischio di ulteriori imbarcate è dietro l’angolo. Baroni farà bene a ricominciare a guardarsi le spalle, e a portare a casa quei pochi punti che permettano di arrivare al giro di boa in una posizione rassicurante, almeno in chiave salvezza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA