In Honduras è in corso lo spoglio delle elezioni che si sono tenute domenica 30 novembre per eleggere i 128 membri del Congresso, quasi 300 sindaci e un nuovo presidente. Il mandato di Xiomara Castro, prima presidente di sinistra del paese eletta nel 2021, terminerà il 27 gennaio 2026. L’Honduras è una repubblica presidenziale, è uno dei paesi più poveri e con più diseguaglianze del continente, e parte della campagna elettorale è stata occupata dai tentativi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di influenzare le elezioni.

Tra i cinque candidati presidenziali tre, secondo i sondaggi, hanno la possibilità di vincere: Rixi Moncada, avvocata, ex ministra e candidata per LIBRE, di orientamento socialdemocratico. Moncada, in continuità con la presidente uscente, ha promesso di “democratizzare” l’economia attraverso una riforma fiscale progressiva, il rafforzamento del credito ai piccoli produttori, la difesa dell’ambiente, il consolidamento dello stato sociale e l’abolizione delle zone di libero commercio (ZEDE) create nel 2013 attraverso una riforma costituzionale. Le ZEDE sono una suddivisione politica territoriale che gode di ampi livelli di autonomia politica, amministrativa, giuridica ed economica e che, tra le altre cose, sono esenti da ogni tassa od onere sulle importazioni e sulle esportazioni.

Gli altri due candidati principali sono Salvador Nasralla, del Partito Liberale, e l’ex sindaco di Tegucigalpa, Nasry “Tito” Asfura del Partito Nazionale, lo stesso di Juan Orlando Hernández, ex presidente condannato per narcotraffico che sta attualmente scontando una condanna di 45 anni in un carcere degli Stati Uniti.

La campagna elettorale è stata occupata da temi quali la sicurezza, la corruzione, l’economia e la povertà. Ma negli ultimi giorni si è parlato soprattutto degli interventi di Trump che ha dato esplicitamente il proprio sostegno a Asfura definendolo «l’unico vero amico della libertà»: Trump ha detto che lui a Asfrua potrebbero «lavorare insieme per combattere i narcocomunisti» e contrastare il narcotraffico e ha minacciato di tagliare gli aiuti finanziari alla nazione se Asfura non vincesse.

Il presidente degli Stati Uniti ha infine attaccato gli altri candidati principali definendo Moncada una «comunista» e Nasralla un «quasi comunista». E ha annunciato di voler graziare Hernández per soddisfare le richieste degli honduregni che ritenevano che la condanna di Hernández fosse motivata politicamente: «La gente dell’Honduras pensa davvero che sia stato incastrato», ha detto Trump ai giornalisti che viaggiavano con lui sull’Air Force One domenica.

Non è chiaro quale impatto reale avranno queste dichiarazioni di Trump sulle elezioni, ma quella del presidente statunitense, come hanno scritto diversi giornali, è solo l’ultima dimostrazione della volontà del suo governo di impegnarsi direttamente nella regione. Si è verificata in un momento di tensioni a causa del rafforzamento militare statunitense nei Caraibi e delle minacce di Trump contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro.

La candidata di sinistra alle presidenziali Rixi Moncada ha replicato a Trump denunciando le sue «azioni di ingerenza» nel processo elettorale in corso: «Non c’è alcun dubbio che ci siano due azioni concrete, a tre giorni dalle elezioni, che sono totalmente interventiste», ha dichiarato Moncada. Quanto all’annuncio della grazia per l’ex presidente Hernández, che lei considera «il più grande boss mafioso nella storia dell’Honduras», lo ha definito un «crimine».