di
Francesco Battistini

Da Yermak a Mundich, da Chernishov a Kolyubayev, chi sono gli uomini vicini al Presidente travolti dallo scandalo corruzione. Sfiorato anche Rustem Umerov, scelto per guidare la squadra ai negoziati in Florida

DAL NOSTRO INVIATO
KIEV – «E come hai trasportato la scatola?». «Aveva una maniglia, tipo una custodia per il laptop. Ci ho messo dentro un milione di dollari… Anzi, fammi controllare meglio: no, un milione e 600mila dollari… Trasportare una scatola di soldi in quel modo, a mano, per le strade di Kiev…! Non è stato molto divertente, amico mio, te l’assicuro».

Funzionava così, dicono le intercettazioni: prendevano il denaro cash e certe volte nemmeno guardavano quanto fosse. Troppa ansia d’essere scoperti. O forse solo bruscolini, in un giro che macinava decine di milioni di dollari. Quando il grande corruttore Timor Mindich parla al telefono col ministro dell’Energia, Herman Halushchenko, s’avverte il tono di chi si sente impunibile. Ridono. Si fanno coraggio. A un certo punto nominano, incauti, perfino Zelensky. Non sanno che lungo il filo li ascoltano le più temute orecchie dell’Agenzia anticorruzione, quelle dell’ispettore Olena Shcherban, che esulta: «Stavolta ci siamo! Abbiamo raggiunto la cerchia più ristretta, la “famiglia” del presidente».




















































Il «cerchio magico» di Zelensky

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Famiglia

Tenere famiglia, il problema peggiore di Zelensky in questi quattro anni di guerra. Un «sistema criminale» (parole dell’agenzia) che esigeva dal 10 al 15% su tutti i contratti dell’azienda statale per l’energia nucleare, Enerhoatom. Un furto tra i 75 e i 100 milioni di euro. La scatola con la maniglia era un’eccezione. Non accadeva quasi mai che il sistema chiedesse il cash, spiega al Corriere un imprenditore ucraino dell’energia che soggiaceva, «come tutti», a esose richieste: «Quella non è gente che si sporca le mani coi soldi. Ti trovavi a pagare la mediazione d’una società di consulenza. O i più raffinati, magari, avevano loro uomini che ti facevano arrivare un controllo sulle tasse. La sanzione era regolarmente più alta dei minimi edittali. E comunque c’era sempre il modo d’aggirarla». Una volta, accadde anche con la Chiesa: un intervento umanitario d’un milione di euro che per i quattro quinti, s’è scoperto, fu dilapidato in “spese di rappresentanza e comunicazione”»

Il «cerchio magico» di Zelensky

Sotto le grandi strategie politiche di Zelensky (consapevole o no?), secondo l’accusa c’erano l’amicissimo Yermak che disegnava le tattiche affaristiche e l’avatar Mindich, che imponeva le tariffe a politici, imprenditori, chiunque entrasse nel giro. Le fondamenta principali della loro impunità erano due: l’emergenza guerra, che ha dato potere senza precedenti con la legge marziale del ’22, e una maggioranza parlamentare (254 seggi su 450) che nemmeno il predecessore di Zelensky, Petro Poroshenko, s’è mai potuto sognare.

Il «cerchio magico» di Zelensky

Chi contrastava

Pochi riuscivano a contrastare: la premier Yulia Svyrdenko, grande nemica di Yermak, sostenuta dal segretario Usa al Tesoro, Scott Bessent. O il generale Valery Zaluzhny, «esiliato» a Londra. Oppure Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, silurato perché troppo autonomo. O ancora, Oleksandr Kubrakov, ambizioso aspirante premier, cacciato per i suoi rapporti troppo stretti col presidente americano Joe Biden. O anche Mykhailo Fedorov, il vicepremier che volle vederci chiaro nel business dei droni e in quei soldi che Yermak garantiva all’amico fraterno Artem Kolyubayev, un produttore cinematografico che era stato socio pure di Zelensky. Il cerchio magico era un cerchio di fuoco, perché non s’entrava tanto facilmente, ma nemmeno se ne usciva: nell’inchiesta su Yermak è coinvolto anche Rustem Umerov, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, l’ex ministro della Difesa, proprio l’uomo che Zelensky ha scelto al posto di Yermak per guidare la delegazione ucraina ai negoziati in Florida. «La colpa di Zelensky — dice un deputato della Rada — è stata di non aver ascoltato chi vedeva i furti e suonava le sirene».

Il «cerchio magico» di Zelensky

Il segnale

Un campanello d’allarme fu a giugno, con l’allora vicepremier Oleksy Chernishov arrestato (e rilasciato su cauzione per 2,9 milioni di dollari) per una storia di terreni pubblici svenduti ad amici. Non era mai accaduto che un politico di simile rango finisse, diretto, in galera. Ma s’era scoperto che accettava anche il cash, lui: in ufficio, in comode buste da consegnare alla moglie, perfino in una clinica medica dov’era in cura. Lo chiamavano «Che Guevara», questo Chernishov. Il suo motto era rivoluzionario: «Vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena vivere». L’Ucraina? No, gli appalti.

1 dicembre 2025 ( modifica il 1 dicembre 2025 | 08:04)