
NEL MESTIERE DEL FOTOGRAFO essere immediatamente associati a una specialità è sicuramente un vantaggio competitivo, ma può diventare una gabbia. Caso esemplare: Michele Gastl, fotografo. Milanese di origini austriache, classe 1967, un percorso professionale da virtuoso dello still life, ossia «nature morte» nella definizione pittorica o, nella prassi quotidiana, oggetti inanimati in studio. Borsette o fusilli, fetish da fashionisti o oggetti di ordinario calibro resi però accattivanti da una fotografia che ne sa mettere in risalto materiali, contorni, desiderabilità. I suoi clienti: agenzie pubblicitarie, case di moda, redazioni (non ultima quella di Style Magazine) tra Milano e New York, dagli anni Novanta all’altroieri.
Meraviglie alpine come scelta di vita
Una professionalità solida, ma da cui nel corso degli anni Gastl si è andato distaccando. Specie da quando, per una combinazione di casi della vita (la moglie, legata alla svizzera per questioni di famiglia e di lavoro) e inclinazioni personali (l’amore per solitudine, tranquillità e il gusto fisico di ritrovarsi immerso tra paesaggi alpini), si trasferisce gradualmente in Engadina. Una frequentazione assidua, che gli consente di dedicarsi a passeggiate nella natura, in tutte le stagioni, solo o in compagnia, con e mai del tutto senza attrezzatura in quella zona di cui è assiduo frequentatore dai primi anni Duemila.
Approfondire la foto paesaggistica a partire da Ansel Adams, fino a sviluppare uno stile suo. In breve: l’anno scorso Gastl scopre letteralmente di avere un mercato. O almeno, inizialmente, un mercatino: partecipa infatti rendendo disponibili alla vendita le sue foto (stampe numerate, edizioni incorniciate, cartoline eccetera) proprio ai Wiehnachtsmarkt, mercatini natalizi, di Sankt Moritz e di Zuoz, il paesino engadinese dove tiene casa. Da queste parti c’è anche Pontresina, paesotto in cui si respira un quieto benessere e molte buone frequentazioni (non da ultima, una appassionata comunità di milanesi, spesso con case a Celerina): è qui che, dopo l’estate del 2025, il fotografo fa il grande salto e apre il proprio spazio/atelier sia online sia fisicamente. In una delle più antiche “Chese” del centro storico, al 193 della via Maistra (come la main street dei villaggi western) apre così l’insegna Landscapes by Michele Gastl. Per le stampe si organizza lui, le cornici in tiglio o in noce vengono fornite da un artigiano di Lecco. Alcuni dei paesaggi engadinesi di Gastl sono già piccoli best-seller: ognuno ha una sua piccola storia, un intreccio di luoghi ed emozioni di cui il fotografo racconta qui alcuni aspetti.
Visioni magiche dall’Engadina. Foto e parole di Michele Gastl

Sils Baselgia/Lago di Sils
Ho scattato questa fotografia da un punto panoramico meraviglioso sopra Sils Baselgia. Da lassù la vista sembra aprirsi come un respiro: al tramonto la penisola di Chasté si allunga quieta, Isola e Plaun da Lej si adagiano sul lago e, in fondo, Maloja appare come la porta misteriosa che chiude l’Alta Engadina. Il Lago di Sils è il primo grande lago che si incontra arrivando quassù: è il primo soffio d’aria frizzante, il battito iniziale dell’Engadina. Ci sono tornato innumerevoli volte e ogni volta è un incontro nuovo: mi affascina, mi accoglie, mi ipnotizza.

Ci sono luoghi che sembrano riconoscerti. Passi spesso di lì – sci di fondo, una passeggiata con il cane – e ogni volta percepisci una promessa, una magia sottile: una luce che sussurra, un albero che sembra in attesa. Una mattina gelida ho colto l’attimo: il sole accarezzava l’albero senza toccare lo sfondo, come se lo avesse scelto. Ho scattato, ma non ero convinto. Il giorno dopo sono tornato: stessa aria sospesa, stessa brina cristallizzata sui rami. Ho aspettato che il sole lambisse l’albero e ho sentito che era il momento. La scena era talmente intensa che perfino la stessa coppia del giorno precedente si è fermata a guardarmi, curiosa di capire cosa mi stessi aspettando da quel silenzio.

Subito dopo il Lago di Sankt Moritz, il Lago di Champfèr si distende come una pausa. In pochi giorni, prima delle nevicate, accade un piccolo miracolo: l’acqua si tende, si ghiaccia, diventa una lastra scura che imprigiona bolle d’aria come piccoli universi sospesi. Finché non arriva la neve è una pista da pattinaggio perfetta, lucida, silenziosa. Ogni volta penso ai pesci che rimangono sotto quel tetto di cristallo fino a primavera: chissà cosa percepiscono, se immaginano il nostro mondo capovolto sopra di loro.

Questa immagine è nata al Passo dell’Albula, in una mattina incerta: nuvole indecise, la luce che tenta di farsi spazio. Io amo questi momenti sospesi, quando il cielo sembra discutere con se stesso. I raggi che riescono a filtrare sfiorano i larici e li fanno brillare come fossero d’oro. Rimango lì, incantato, finché la pioggia non prende coraggio o una nuvola stende un manto che inghiotte ogni cosa.

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Il Lej da Staz, per me, è casa. Una breve passeggiata e il lago ti accoglie con la semplicità di chi non ha bisogno di annunciarsi. È sempre pronto per farti vivere qualcosa: i bagni e le grigliate estive, il silenzio delle pattinate invernali. Oltrepassandolo si raggiunge il più mondano Lago di Sankt Moritz, teatro di regate e manifestazioni come il White Turf, ma Staz rimane il luogo dove si torna per ritrovarsi. In famiglia, quando non sappiamo cosa fare, andiamo lì. È il nostro rifugio: ci rassicura, ci riporta all’essenziale.