Dalla centralità all’irrilevanza: il declino del lavoro tecnico
in Europa
Nel Novecento l’ingegneria e l’architettura europea hanno visto
nascere maestri come Aalto, Scharoun, Rogers, Nervi,
Musmeci, Piano e altri ancora, capaci di intrecciare
tecnica, arte e visione sociale. Il loro talento fiorì in un
contesto che riconosceva il valore culturale delle idee, garantiva
dignità economica e professionale e trasmetteva la consapevolezza
delle responsabilità e dell’onore della professione.
Oggi lo scenario è radicalmente diverso: appalti al ribasso,
bandi irrisori e un mercato saturo hanno ridotto ingegneri e
architetti a semplici esecutori burocratici. I giovani, spesso
assorbiti da grandi società con contratti precari o “a partita
IVA”, lavorano con compensi minimi e senza tutele, mentre le
università, sempre più teoriche o telematiche, trascurano la
dimensione sociale e culturale della professione.
In questo contesto, la rinascita di figure come Aalto o Piano
appare difficile: non manca il talento, ma manca l’humus sociale e
istituzionale che consenta di crescere e affermarsi. Così, mentre
il passato ha consegnato opere immortali, il presente rischia di
soffocare i talenti e impedire la nascita di nuove voci capaci di
lasciare un segno.