Max se la gioca ad Abu Dhabi

Alla fine in qualche modo Verstappen e la RedBull ce l’hanno fatta. Hanno portato la corsa al titolo all’ultima gara. È già un’impresa, considerando il vantaggio tecnico della McLaren mostrato sia durante la stagione sia, a lunghi tratti, anche a Losail. Ancora una volta una RB21 “ribaltata” dopo i chilometri della sprint ha trovato il passo e il ritmo giusti, a conferma di un lavoro in pista terribilmente necessario. La monoposto di Milton Keynes è incredibilmente difficile da mettere nella sua finestra ideale, specialmente dal punto di vista meccanico sospensivo. Per natura la monoposto di Verstappen è sottosterzante, e quando gli ingegneri cercano di spostare avanti il bilanciamento sia per favorire lo stile di guida del quattro volte iridato, sia magari per proteggere gli pneumatici anteriori, sorgono dei problemi che richiedono parecchi tentativi per essere risolti. La RB21 predilige peraltro assetti rigidi, ma allo stesso tempo estremamente sensibili, in cui basta molto poco per sforare nel bouncing o per rovinare il bilanciamento. L’impressione è che questo pacchetto ultra sensibile non si riesca a simularlo a dovere in fabbrica e necessiti della sensibilità di Verstappen per essere messo a posto in pista, cosa che aiuta anche a capire la costante differenza tra Max e i suoi compagni di squadra. Verstappen, comunque, non ha vinto (solo) per l’ottimo passo trovato, ma chiaramente la mossa decisiva è stata quella strategica. La bravissima Hannah Schmitz ha chiamato senza indugio la sosta ai box al settimo giro, appena uscita la Safety Car il che ha garantito un vantaggio enorme nello sviluppo della gara per Verstappen, che ha chiuso in prima posizione obiettivamente senza grossi problemi.

Errore McLaren più grande del capolavoro RedBull

Ci preme però sottolineare un aspetto. RedBull merita tutti i complimenti, dato che Max è stato il primo degli inseguitori McLaren a fermarsi, il capofila di un trenino di 18 macchine che si sono fermate ai box. Ma non si può non notare come su 10 squadre solo una non abbia effettuato la sosta, peraltro con nessuno dei due piloti, ossia la McLaren. Esteban Ocon ha effettuato il pit al secondo giro di Safety Car, pur di fermarsi comunque, e nessuno ha neppure differenziato la strategia tra i piloti, neppure chi era in fondo. La realtà è abbastanza semplice: la pit lane di Losail è molto lunga e una sosta comportava una perdita di circa 26 secondi. Su un tracciato tutto di performance, con stint obbligati di massimo 25 giri, ciò significa una quantità di tempo enorme e non c’è modello matematico o predittivo che potesse consigliare di non fare il pit. Infatti tutti erano preparati, come ha anche detto Russell in una delle interviste post gara, oltre alla Schmitz stessa. Nei vari scenari a disposizione tutti avevano previsto che in caso di Safety Car dal giro 7 in poi la chiamata doveva essere pit stop con entrambi i piloti. Tutti, evidentemente, tranne un team, quello di Woking. Un errore madornale, che, guardando nel complesso, appare anche più grande del genio RedBull, coraggiosa sì, ma in linea con tutto il resto della griglia. L’impressione è che da una parte ci siano le famose Papaya Rules, con il tentativo di non fare distinguo di alcun tipo tra i piloti, ma dall’altra ci sia anche una enorme paura di sbagliare al muretto McLaren, e questo in Formula 1, si sa, genera proprio una quantità enorme di errori.

Aggiornamenti RedBull grosso passo avanti

La MCL39 aveva un ottimo passo, anche se RedBull si era avvicinata molto. Piastri era senza dubbio il pilota più veloce in pista, e se fosse rimasto davanti avrebbe vinto senza troppi problemi. La gara ci ha anche detto, però, che in una sfida così spinta verso il limite teorico della vettura la RB21 non era poi così lontana una volta trovato il giusto assetto, conferma definitiva di quanto sia stato redditizio il processo di aggiornamento portato avanti dal team di Milton Keynes nell’ultima fase della stagione.

Sainz fenomenale, Antonelli senza gomme nel finale

Menzione d’onore e d’obbligo per un fenomenale Carlos Sainz. Lo spagnolo riesce a prendere la posizione su Antonelli sfruttando la posizione del box Williams nel caos del giro 7 e poi ci mette molto del suo, in una gara appunto tutta performance dove era fondamentale spingere tutti i giri tutto il tempo. Secondo podio stagionale per Sainz con la Williams, sicuramente un risultato di cui l’ex ferrarista può essere decisamente soddisfatto. Buona anche la gara di Antonelli, molto davanti a Russell, con gli ultimi giri però totalmente ormai a gomme finite. L’italiano ha dato tutto per tenere dietro Norris (probabilmente anche in virtù della sua amicizia con Verstappen) ma non c’era più gomma negli ultimi giri e il lungo che ha aperto la strada alla McLaren ne è semplice conseguenza, questo un po’ a conferma delle difficoltà Mercedes sulle gomme su un tracciato molto sfidante sul fronte dell’energia trasmessa alle stesse.

Ferrari disastro annunciato, unici a non trovare nessuna soluzione. Le pressioni non sono una risposta

Sulla Ferrari invece non possiamo che confermare ciò che abbiamo detto prima della gara. La pista di Losail spinge le vetture verso il loro limite teorico. Le difficoltà sul fronte dell’assetto sono rappresentate principalmente dal trovare il giusto equilibrio meccanico tra basse altezze e limitazione al fenomeno del bouncing, ma da lì in avanti la sfida è sulla bontà dell’impianto aeromeccanico della monoposto, e non ci sono scorciatoie o la gestione gomme che può arrivare in soccorso. Vasseur si è largamente lamentato della pressione delle gomme troppo alta, ben 6 psi superiore al consueto, e in qualche modo è tornato alla mente l’ultimo stint di Leclerc in Ungheria, con il monegasco con le pressioni troppo alte che aveva perso totalmente il passo. Ma le pressioni erano uguali per tutti, e la Ferrari è stata l’unica a non trovare nessuna soluzione in tutto il weekend per l’assetto della vettura, mandando in pista Leclerc e Hamilton ad affrontare dei veri propri calvari in tutte le sessioni. La spiegazione è semplice: i limiti della monoposto sono emersi, la finestra di funzionamento si è confermata esageratamente ristretta tanto da non poter essere trovata una volta cambiate le pressioni, e la performance aeromeccanica della monoposto è decisamente insufficiente. Il quarto posto nei costruttori è un risultato ormai atteso, vedendo le prestazioni al ritorno dalla pausa estiva. La decisione di non sviluppare ulteriormente la monoposto viene raccontata come una scelta in ottica 2026, ma si omette che una grossa fetta di sviluppo aerodinamico non è stata fatta perché in attesa della nuova sospensione posteriore. La stagione del Cavallino si commenta da sé, e l’impressione è che in uno degli anni più bassi della Ferrari sia emerso in maniera ancor più evidente il talento e il duro lavoro di Leclerc, che si è dannato l’anima in tutte le sessioni dell’anno pur di spremere qualcosa da una monoposto che quel qualcosa non l’aveva.

Ad Abu Dhabi per la gloria

Si va ad Abu Dhabi per la gara finale. Norris parte con tutti i favori del pronostico dato il vantaggio di punti in classifica e la forza McLaren. Ovviamente quando ci si gioca una stagione in una gara secca, però, i rischi sono dietro l’angolo. Un incidente tra Lando e Verstappen in partenza spianerebbe la strada ad un Piastri campione, ad esempio, lo scenario che nessuno si aspetta, così come infinite altre combinazioni di problemi di qualsiasi tipo. Le previsioni valgono a poco per una gara così, non resta che godersi lo spettacolo.