Gli altri problemi Oltre ai tre motivi principali della bocciatura, la Corte dei conti ha evidenziato altri problemi che, pur non determinanti nella decisione finale, contribuiscono a delineare un quadro amministrativo caratterizzato da scarsa accuratezza e da procedure gestite in modo poco ordinato.

I giudici hanno criticato soprattutto il modo in cui il governo e la Società Stretto di Messina Spa hanno trasmesso la documentazione. Invece dei fascicoli ufficiali richiesti per il controllo, alla Corte è stato fornito un semplice link a un archivio digitale esterno, gestito da un soggetto privato. Nelle motivazioni si legge che inizialmente risultavano mancanti alcuni atti e che i documenti erano conservati su un «supporto informatico, nella disponibilità di un soggetto diverso dalle pubbliche amministrazioni», soluzione che non garantiva i livelli minimi di affidabilità richiesti per atti di questo tipo.

A complicare ulteriormente la situazione, nell’archivio digitale erano presenti più versioni dello stesso documento, tutte consultabili, senza che fosse chiaro quale dovesse essere considerata quella valida. Questo ha costretto la Corte a svolgere verifiche aggiuntive per accertare l’autenticità e l’integrità dei file, una necessità che i giudici collegano esplicitamente al rispetto dei principi di tracciabilità, leggibilità e immodificabilità dei documenti amministrativi.

Un altro problema riguarda il mancato coinvolgimento del Consiglio superiore dei lavori pubblici nel percorso della realizzazione del ponte. Secondo un parere risalente al 1997, il progetto del ponte sarebbe dovuto tornare al vaglio del Consiglio, ma questo passaggio non è avvenuto. 

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha motivato questa scelta sostenendo che il parere sarebbe stato omesso «in quanto ritenuto non necessario» per accelerare le procedure. La Corte ha contestato questa giustificazione, ricordando che nel corso degli anni sono intervenute modifiche rilevanti al progetto preliminare, dovute a richieste di enti terzi e a nuove prescrizioni normative, elementi che avrebbero reso opportuno un aggiornamento del parere tecnico per garantire «necessaria attualità e concretezza» alla documentazione.

In generale, la Corte ha sottolineato che la «esigenza di celerità più volte manifestata» dal governo ha finito per tradursi in forzature e in una certa superficialità nella gestione degli atti. I giudici hanno ricordato che la rapidità non può sostituirsi al rispetto delle procedure e che occorre garantire «effettività al principio di trasparenza dei processi decisionali», soprattutto per un’opera tanto costosa e complessa.