Il Santo Padre, arrivato ieri dalla Turchia, in mattinata è stato in visita al Monastero di San Maroun ad Annaya dove ha pregato sulla tomba di San Charbel Makluf. Poi si è spostato al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa per l’incontro con vescovi, sacerdoti, consacrati, consacrate e operatori pastorali. Infine l’incontro ecumenico e interreligioso in piazza dei Martiri a Beirut e quello con i giovani nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerkè

Prosegue la visita di Papa Leone XIV in Libano. Il Santo Padre, al suo primo viaggio all’estero del pontificato, ieri si è spostato dalla Turchia, dove era arrivato il 27 novembre, per la seconda tappa in programma. In giornata Prevost ha cominciato con la visita e la preghiera sulla tomba di San Charbel Makluf, presso il Monastero di San Maroun ad Annaya; poi l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i consacrati, le consacrate e gli operatori pastorali nel Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa. Infine l’incontro ecumenico e interreligioso in piazza dei Martiri a Beirut e quello con i giovani nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerkè.

Il Papa alla tomba di San Charbel

Prevost questa mattina è arrivato ad Annaya, la località vicino a Beirut dove si trova il monastero e la tomba di San Charbel, il santo più famoso del Paese. Migliaia le persone presenti sulla via che porta al santuario, tenuto dai cattolici maroniti, per salutare Leone. Il Pontefice ha fatto l’ultimo tratto in papamobile, coperta a causa della pioggia, tra i tanti fedeli. Al santuario era presente anche il presidente del Libano, Joseph Aoun. Il Papa ha pregato sulla tomba di San Charbel ed è tornato a chiedere il dono della pace. “Per il mondo chiediamo pace. Specialmente la imploriamo per il Libano e per tutto il Levante. Ma sappiamo bene, e i santi ce lo ricordano, che non c’è pace senza conversione dei cuori. Perciò San Charbel ci aiuti a rivolgerci a Dio e a chiedere il dono della conversione per tutti noi”.

Chi è San Charbel

San Charbel Makluf, al secolo Youssef Antoun, è stato un monaco dell’Ordine libanese maronita, considerato nel Paese dei Cedri al pari di Padre Pio in Italia. Proclamato santo da Paolo VI nel 1977, la fama di San Charbel Makluf è legata ai numerosi miracoli attribuitigli soprattutto dopo la sua morte. Nato nel 1828 nel villaggio di Biqa ‘Kafra, l’ultimo dei cinque figli, rimase orfano di padre a 3 anni e fu affidato allo zio che, secondo alcune testimonianze, si oppose alla sua decisione di intraprendere la vita monastica, che iniziò a 23 anni nel monastero della Madonna di Mayfouq, cambiando il nome di battesimo – Youssef – in quello di Charbel. Ordinato sacerdote dell’Ordine Libanese Maronita nel 1859, rimase per 15 anni ad Annaya prima di ottenere il permesso per ritirarsi nell’eremo dei Santi Pietro e Paolo, dove visse per 23 anni. Durante la celebrazione della messa, il 16 dicembre 1898, fu colpito da paralisi ed entrò in un’agonia che durò otto giorni. Morì il 24 dicembre del 1898, dopo giorni di terribili sofferenze. Alcuni mesi dopo la sua morte, fenomeni straordinari si verificarono attorno alla sua tomba, che iniziò a brillare, e tra coloro che pregavano sul sepolcro del monaco, che trasudava sangue misto ad acqua, si moltiplicarono guarigioni inspiegabili, richiamando gente da tutta la vallata e di differenti religioni.

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Il Papa ad Harissa

Successivamente Leone si è spostato al Santuario di Nostra Signora del Libano, ad Harissa, accolto con grande entusiasmo da duemila persone tra sacerdoti, vescovi, suore, operatori pastorali. Il santuario, considerata la Lourdes di questo Paese del Medio Oriente, fu costruito nel 1904, in occasione del 50° anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione da parte del Papa Pio IX. L’inaugurazione avvenne nella prima domenica di maggio del 1908, divenuta da allora festa annuale di Nostra Signora del Libano.

Il Papa: “Si deve sempre sperare anche se attorno tuonano armi”

Il Pontefice ha invitato la comunità cattolica del Libano a confidare sempre nella preghiera, “ponte invisibile che unisce i cuori, ci dà la forza per continuare a sperare e a lavorare, anche quando attorno tuona il rumore delle armi e le stesse esigenze della vita quotidiana diventano una sfida”. Quindi, nell’incontro che ha tenuto al santuario di Harissa, ha ricordato uno dei simboli contenuti nel “logo” di questo viaggio: l’ancora. “Se vogliamo costruire pace ancoriamoci al Cielo”. Poi ha aggiunto che l’amore ha “una potenza unificatrice” anche “nei momenti di prova”.

Leader sciita al Papa: “Aggrediti da Israele, aiutateci”

A seguire, nel pomeriggio, il Papa è arrivato a Piazza dei Martiri a Beirut per l’incontro ecumenico e interreligioso durante il quale sono stati cantati un brano del Vangelo e un passo del Corano. Poi le testimonianze di cristiani delle diverse confessioni ma anche di musulmani sunniti, sciiti, alauiti. Ad accogliere il Pontefice anche il canto di un coro di bambine sciite che hanno lodato la Madonna. “Siamo convinti nella necessità dell’esistenza dello Stato, ma, in sua assenza, siamo stati costretti a difendere noi stessi resistendo all’occupante che ha invaso la nostra terra, e non siamo certo amanti delle armi, né del sacrificio dei nostri figli”, ha detto rivolto al Pontefice, nel corso dell’incontro, il vicepresidente del Consiglio islamico sciita superiore, lo Sceicco Ali El-Khatib. “Poniamo la questione del Libano nelle Sue mani, con tutte le Sue capacità a livello internazionale, affinché il mondo possa aiutare il nostro Paese a liberarsi dalle crisi accumulate, in primis l’aggressione israeliana e le sue conseguenze sul nostro Paese e sul nostro popolo”. “La nostra grande speranza è che la Sua visita al nostro Paese porti con sé ogni possibilità di successo e rechi il frutto del rafforzamento dell’unità nazionale vacillante, in questo Paese piagato, a causa della continua aggressione israeliana contro il suo popolo e la sua terra”, ha concluso Ali El-Khatib, rimarcando rivolto a Papa Leone XIV: “Speriamo che ci aiutate a difendere il nostro Paese”. 

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Papa: “Il mondo guarda al Medio Oriente con timore”

Il Libano è un esempio al quale guardare per superare la conflittualità del Medio Oriente, ha detto il Papa all’incontro interreligioso. “Talvolta l’umanità guarda al Medio Oriente con un senso di timore e scoraggiamento, di fronte a conflitti così complessi e di lunga data. Eppure, in mezzo a queste lotte – ha sottolineato Leone – si può trovare speranza e incoraggiamento quando ci concentriamo su ciò che ci unisce: la nostra comune umanità e la nostra fede in un Dio di amore e misericordia”. Allora in quest’epoca “in cui la convivenza può sembrare un sogno lontano, il popolo del Libano, pur abbracciando religioni diverse, rappresenta un potente esempio: paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola”. Poi ha lanciato un appello al Libano: “La vostra presenza qui e nel mondo arricchisce la terra con il vostro patrimonio millenario, ma rappresenta anche una vocazione. In una globalità sempre più interconnessa, siete chiamati a essere costruttori di pace: a contrastare l’intolleranza, superare la violenza e bandire l’esclusione, illuminando il cammino verso la giustizia e la concordia per tutti, attraverso la testimonianza della vostra fede”.

Il Papa a Bkerke

Nel tardo pomeriggio l’ultimo impegno: il Papa si è recato a Bkerke, un piccolo centro vicino a Beirut, nel piazzale di Antiochia dei maroniti, per l’incontro con 15mila giovani, alcuni arrivati anche dalla Siria e dall’Iraq. Leone XIV è stato accolto da canti e ovazioni. Il Papa, nell’incontro con i giovani, li ha invitati a cambiare “il corso della storia. “Carissimi giovani, forse vi rammaricate di aver ereditato un mondo lacerato da guerre e sfigurato dalle ingiustizie sociali. Eppure in voi risiede una speranza, un dono, che a noi adulti sembra ormai sfuggire. Voi avete il tempo! Avete più tempo per sognare, organizzare e compiere il bene. Voi siete il presente e tra le vostre mani già si sta costruendo il futuro. E avete l’entusiasmo – ha detto Prevost ai ragazzi – per cambiare il corso della storia. La vera resistenza al male non è il male, ma l’amore, capace di guarire le proprie ferite, mentre si curano quelle degli altri”.

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