«È un film dove il tempo si riavvolge su se stesso. Sembra un viaggio verso qualcosa, invece è un ritorno a casa». Benedetta Porcaroli si illumina quando parla de “Il rapimento di Arabella” di Carolina Cavalli – dal 4 dicembre in sala – con cui torna a lavorare dopo “Amanda”.
La storia di una ragazza, Holly, che ha sempre pensato di essere la versione sbagliata di sé. Quando incontra una bambina di nome Arabella, si convince di aver trovato sé stessa da piccola e poter tornare indietro per diventare qualcuno di speciale. Un mondo tutto suo costruito per affrontare la vita. Ma mettere da parte la realtà può essere pericoloso. «Accettare se stessa e il mondo non vuol dire per forza rinunciare ai sogni», spiega la regista. «Vuol dire essere più nel presente e abbracciare chi si è diventato. È questo il vero percorso della protagonista».
Una giovane donna convinta che la sua vita non sia andata nel modo giusto e immersa, come molti, in uno stato di spaesamento. «C’è una sorta di vuoto pneumatico nei personaggi del film.
Non riescono a comunicare tra di loro delle solitudini che sembrano dei compartimenti stagni», afferma Porcaroli, miglior interprete a Venezia 82 nella sezione Orizzonti. «Il cinema di Carolina è quello che più si avvicina a qualcosa di mio, che mi identifica e in cui mi identifico rispetto a tante altre cose. Proprio perché c’è un disagio di fondo che raccontiamo e che è drammaturgicamente presente un po’ ovunque. È interessante da indagare come aspetto degli esseri umani e, in particolare, di quelli della mia generazione».
Scadere in un’interpretazione caricaturale era un pericolo, invece Porcaroli infonde la sua Holly di una profonda tenerezza. «Alla mia psicologa ho chiesto: “Secondo lei questa persona ha dei disturbi clinici?”. Mi ha detto che è molto sola e questa cosa mi ha dato una chiave, perché all’inizio ho pensato fosse dissociata», racconta l’attrice. «Ma quello che prova è causato da un trauma non risolto. È una persona che cerca di sfuggire al passato e deve fare i conti con una cosa che non vuole affrontare. Vive in una bolla. Mentre, invece, è molto umana e, probabilmente, imparerà a vivere nel sequel (ride, ndr)». Un film dove è l’immaginazione a muovere i personaggi. «La semplificazione mi terrorizza», chiosa Porcaroli. «Attraverso una bambina, Holly riesce a ritrovare quella frequenza che aveva perso. Magari ce ne fosse un po’ di più di immaginazione…».
Ultimo aggiornamento: martedì 2 dicembre 2025, 05:00
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