di
Cesare Giuzzi
Gli investigatori sono convinti di aver individuato il movente, che potrebbe diventare il punto chiave dell’accusa contro Andrea Sempio
Sei punti. Dal Dna sulle unghie di Chiara Poggi, fino all’inchiesta bis per la presunta corruzione nelle indagini del 2017. In mezzo la querelle sullo scontrino di Vigevano, l’impronta «33», le telefonate a casa Poggi prima del delitto e il tema del movente. Quello che gli investigatori, coordinati dalla procura di Pavia, sono convinti di aver individuato e che potrebbe diventare il punto chiave dell’accusa contro il 37enne Andrea Sempio.
Perché se è vero che la prova scientifica emersa dall’incidente probatorio sarà centrale nell’inchiesta, finora non è mai emerso alcun collegamento diretto — oltre all’amicizia con il fratello Marco — tra la vittima e il presunto nuovo assassino.
L’esame delle unghie
Mercoledì la perita del Tribunale, Denise Albani, ha comunicato i risultati delle analisi dell’incidente probatorio sul Dna individuato nel 2014 sulle unghie della vittima. Manca ancora la relazione finale (sarà depositata entro venerdì) ma i risultati dei test indicano una «corrispondenza» tra l’Y di quel materiale genetico e la linea maschile della famiglia Sempio. Dato che conferma gli esami già svolti dalla procura.
Su questo punto la difesa dell’indagato, con gli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, non contesta il risultato delle analisi ma considera quel Dna non il segno lasciato dal killer (come sostengono i pm) ma un «trasferimento» di materiale genetico da un contatto secondario.
In sostanza, come sostengono la genetista Marina Baldi e Armando Palmegiani, si tratterebbe di un campione minimo, inferiore alle quantità che normalmente si rilevano in un’aggressione. E sarebbe il frutto di un «trasferimento» da un oggetto toccato dalla vittima e in precedenza da Sempio. Si è ipotizzato il telecomando della tv collegata alla Playstation (quella mattina trovata accesa) o i residui di uno «starnuto» rimasti sul pavimento sul quale è poi stato trascinato il corpo della vittima.
Lo scontrino
Il ticket del parcheggio di Vigevano, fornito nel 2008 ai carabinieri da Sempio, secondo la procura e i carabinieri non sarebbe del 37enne che non è mai stato nella cittadina ducale quella mattina. L’indagato, nelle sue interviste, ha sempre sostenuto di aver raccontato la verità e lo stesso hanno fatto i suoi familiari a verbale.
APPROFONDISCI CON IL PODCAST
Tuttavia il ticket, che ha avuto un suo peso nella precedente archiviazione del 2017 (ora sotto la lente dei pm di Brescia) anche per i suoi difensori non è «un alibi» per il delitto. Sempio nelle scorse settimane si era anche rammaricato per i mancati accertamenti nel 2008 da parte dei carabinieri di Vigevano: «Le telecamere avrebbero potuto dimostrare che ero lì».
Le telefonate a casa
Uno dei temi caldi dell’inchiesta sono le telefonate fatte da Sempio a casa Poggi nei giorni precedenti al delitto. A verbale (nel 2007 e nel 2008) disse di aver prima chiamato per sapere se l’amico Marco fosse in casa non ricordando invece che si trovava in montagna.
E negli altri casi di aver sbagliato numero confondendo quello di casa con il cellulare. Di queste chiamate esiste solo traccia sui tabulati dei Poggi, all’epoca non vennero presi a Sempio. Versione confermata nell’interrogatorio del 2017.
L’impronta 33
È una delle pochissime carte scoperte dagli inquirenti in questi mesi di indagini. L’impronta «33» sul muro delle scale che portano al seminterrato che nelle prime indagini era stata considerata «non utile per un confronto», secondo i pm di Pavia — forti di una consulenza del Ris — è invece utilizzabile e anzi ha 15 «minuzie» sovrapponibili a quella di Sempio.
Su questo terreno c’è già stato uno scontro di consulenze. Per la difesa di Sempio, con gli esperti Luciano Garofano (che ora ha rinunciato al suo incarico) e Luigi Bisogno, quell’impronta rimane non attribuibile e le minuzie evidenziate dal Ris sarebbero semplici «segni nell’intonaco».
Il movente
È un punto ancora coperto dal segreto delle indagini, ma gli inquirenti confidano di aver trovato un possibile legame tra la vittima e il presunto assassino.
Sempio ha sempre spiegato che lui e Chiara non si frequentavano e la loro conoscenza era limitata a semplici saluti. L’assenza di un «link» tra il 37enne e la vittima è sempre stato uno degli argomenti più forti dei suoi legali per sostenere l’innocenza di Sempio.
L’inchiesta di Brescia
Tecnicamente non c’è alcuna reciprocità tra le due indagini e ad indagare sono procure diverse. Nel senso che i due fascicoli potrebbero avere destini completamente diversi. Certo è che qualora venisse dimostrata un’azione corruttiva per archiviare rapidamente l’indagine del 2017, con i Sempio (è indagato il padre Giuseppe insieme all’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti) che hanno pagato per chiudere in fretta l’indagine, il quadro potrebbe essere più pesante anche per Andrea.
Su questo punto il 37enne e i suoi familiari, sentiti dagli inquirenti bresciani sostengono che quei soldi siano stati chiesti dai tre legali dell’epoca (Soldani, Grassi e Lovati) per le spese di difesa. E che i gli avvocati volevano i soldi solo in contanti.
L’ex magistrato Mario Venditti (il Riesame gli ha restituito i dispositivi elettronici sequestrati) ha negato qualsiasi ipotesi di corruzione, parlato di una inchiesta «basata sul nulla» e confermato «la massima fiducia nei suoi uomini della squadra di polizia giudiziaria di Pavia». Ma le indagini sono solo all’inizio.
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
2 dicembre 2025 ( modifica il 2 dicembre 2025 | 14:27)
© RIPRODUZIONE RISERVATA