Harris Dickinson è uno dei protagonisti dell’annuale Hollywood Issue di Vanity Fair, in edicola sul numero 50 in edicola fino al 9 dicembre 2025.

Harris Dickinson è appena tornato a Londra da Liverpool, dove si sta preparando per interpretare John Lennon. Il 29enne dal viso da bambino ha dovuto affrontare altre sfide non facili nella sua carriera decennale: dominare Nicole Kidman nel dramma erotico dell’anno scorso Babygirl; rivivere il traumatico rapimento di John Paul Getty III nella serie FX in 10 parti Trust; e allenarsi con un wrestler professionista per lavorare in Warrior – The Iron Claw. Ma la preparazione per l’attesissimo ciclo di biopic sui Beatles firmato Sam Mendes è stata massacrante. «È il periodo più lungo che abbia mai passato con un personaggio prima di iniziare le riprese», racconta Dickinson.

Per la parte ha affinato la sua tecnica alla chitarra, si è immerso in montagne di materiali d’archivio, ha incontrato il vero Paul McCartney e stretto un legame con i suoi compagni di band sullo schermo: Paul Mescal (McCartney), Barry Keoghan (Ringo Starr) e Joseph Quinn (George Harrison). Eppure, alcuni aspetti di Lennon sembrano destinati a restare indecifrabili: «È un uomo così enigmatico, così complesso. Non so se sentirò mai di averlo capito davvero fino in fondo. Ma va bene così».

Jacket by Prada Tshirt by Maison Margiela.

Jacket by Prada; T-shirt by Maison Margiela.Photographer Theo Wenner. Fashion Editor Tom Guinness.

Sullo schermo, Dickinson ha tenuto testa ad Angelina Jolie (Maleficent – Signora del male) e a Ralph Fiennes (The King’s Man – Le origini). Di persona, però, è timido. Quando Triangle of Sadness – la Palma d’oro 2022 che l’ha imposto all’attenzione internazionale – e Urchin, il suo esordio alla regia incentrato su un vagabondo tossicodipendente, hanno ottenuto entrambe una standing ovation al Festival di Cannes, Dickinson ha vissuto quei momenti con «un certo disagio».

Dopo aver lasciato la scuola a sedici anni, l’attore in gran parte autodidatta ha arrotondato con lavoretti tutt’altro che glamour – raccogliere rifiuti, piegare vestiti in un negozio, lavorare in quello che lui stesso ha definito «un hotel di merda» – mentre affrontava i provini e caricava su Vine i suoi primi esperimenti da regista.

Trova sinceramente assurda l’idea di un teatro pieno di gente in abito da sera che si alza in piedi per applaudirlo. «Immagini l’imbarazzo di quando ti cantano Happy Birthday… moltiplicato per cento», dice Dickinson. «È ovviamente un termometro di quanto il film sia piaciuto, quindi fa piacere. Mami crea disagio». È così modesto che ha perfino chiesto a sua madre di smettere di inoltrare, nella chat di famiglia, le recensioni entusiaste sulle sue interpretazioni. Dickinson è cresciuto con una madre parrucchiera che riceveva le clienti nella cucina della loro casa nell’East London, condivisa con i suoi tre fratelli maggiori. «La mia routine quotidiana era scendere le scale e ritrovarmi davanti un’anziana signora», ha raccontato quest’anno a The Hollywood Reporter. «Mi conoscevano tutte da una vita, quindi arrivavo giù in mutande e dicevo: “Tutto bene, Susan?”».

Harris Dickinson «Interpreterò John Lennon ma era una persona indecifrabile. Dopo Babygirl tante donne mature mi hanno...

Photographer Theo Wenner. Fashion Editor Tom Guinness.

Pantaloni e scarpe di Prada calze di Pantherella.

Pantaloni e scarpe di Prada; calze di Pantherella.

Photographer Theo Wenner. Fashion Editor Tom Guinness.Harris Dickinson «Interpreterò John Lennon ma era una persona indecifrabile. Dopo Babygirl tante donne mature mi hanno...

Photographer Theo Wenner. Fashion Editor Tom Guinness.

Come Lennon, anche Dickinson conserva qualcosa di indecifrabile. Mentre parla ha una calma sospesa, una lieve esitazione che sfuma le risposte stanche in un mezzo sorriso, l’espressione impassibile. Quando gli chiedo se metta mai in campo le sue doti di seduzione con piena consapevolezza, replica: «Sì. Con gli anziani me la cavo benissimo, quando serve». Ma in generale, aggiunge, «non credo che mi definirei affascinante. Chi pensa di esserlo, onestamente, è probabilmente insopportabile». Quando Dickinson fece il provino per interpretare un modello in Triangle of Sadness, il regista Ruben Östlund all’inizio lo liquidò come «troppo timido per darmi ciò che volevo», come ha raccontato a Dazed lo scorso anno. Ma dopo mezz’ora di improvvisazione, Östlund vide l’attore esplodere in un’eruzione di imprecazioni, «una rabbia vulcanica assolutamente autentica. Una transizione così non l’avevo mai vista prima».