di
Francesco Battistini
I bersagli degli attacchi di Kiev, dagli oleodotti alle navi della flotta ombra moscovita. E intanto vengono preparati i dossier sui crimini di guerra di Putin
DAL NOSTRO INVIATO
KIEV – Giù le mani da Druzhba. Il premier ungherese Viktor Orbán e lo slovacco Robert Fico avevano avvertito gli ucraini: guai a chi tocca l’oleodotto che porta il petrolio di Putin ai più putiniani dei Paesi europei. E solo venerdì scorso, ricevuto al Cremlino, Orbán aveva ripetuto che Budapest se ne sarebbe infischiata delle politiche Ue e avrebbe continuato a comprare l’energia da Mosca. Martedì notte, ecco un’esplosione. Innescata da un detonatore a distanza, in territorio russo e bielorusso e a soli 40 km dal confine ucraino.
Druzhba – uno dei più grandi oleodotti del mondo, un hub lungo 9mila km e capace di due milioni di barili al giorno, rete fondamentale per approvvigionare anche le truppe dell’Operazione militare speciale – è saltato per aria. Il quinto attacco in pochi mesi. Il più pesante. Ungheresi e slovacchi minimizzano, «nessun danno reale alle nostre forniture», ma il segnale è chiaro: gli 007 ucraini del Gur hanno ricevuto l’ordine di colpire duro sull’energia. Questo spiega anche l’affondamento nei giorni passati di due petroliere-ombra russe che nel Mar Nero aggiravano le sanzioni. Come il misterioso incendio d’una nave che caricava petrolio al largo del Senegal. «La rete petrolifera russa che finanzia lo Stato aggressore e il suo complesso militare e industriale – spiega una fonte dell’intelligence di Kiev – continuerà a bruciare finché non cesserà l’aggressione».
La guerra del gas entra nel suo quarto inverno ed è forse la vera novità della controffensiva ucraina, in grande difficoltà invece sul fronte di Pokrovsk e su vari punti del Donetsk, oltre che sui 1.300 km di trincee. Passa il bilancio dello Stato e per quest’anno il 100% di tutte le entrate sarà destinato alla difesa: 57 miliardi d’euro (il 60%) all’esercito, solo 20 milioni agli asili nido degli sfollati. Anche i generali sul campo si concentrano sui temi più contesi, quelli del piano Trump discusso per 5 ore a Mosca.
Gli attacchi russi, nelle ultime ore, han preso di mira la regione di Zaporizhzhia, una delle cinque che Putin vorrebbe annettere per inglobare almeno metà della produzione nucleare di Kiev.
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Gli ucraini, energia a parte, stanno mettendo insieme i dossier più caldi sui crimini di guerra, che la bozza di piano prevede di cancellare con un’amnistia. «Non sappiamo se Putin andrà mai a processo – dice una fonte della Procura speciale kievita -, di sicuro ci andranno i suoi».
Uno su tutti, il «Dottor Male», come i prigionieri ucraini chiamano il terribile Ilya Sorokin: un infermiere russo in servizio alla colonia penale 10, nella regione della Mordovia, che nell’ambulatorio del carcere s’abbandonava a torture sistematiche sui soldati nemici. I servizi Sbu hanno preparato un corposo fascicolo d’accuse, da spedire alla Corte penale dell’Aia. E i racconti dei detenuti sono orribili: il Dottor Male non somministrava gli antidolorifici prescritti dai medici, negava le bende ai feriti più gravi, voleva che si dissanguassero il più possibile. Unico atto di pietà, per così dire, l’uso d’una pistola stordente per far perdere conoscenza e paralizzare le parti del corpo: «Diceva di farlo perché, in quel modo, noi prigionieri sentivamo meno dolore».
3 dicembre 2025 ( modifica il 3 dicembre 2025 | 18:34)
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