Il successo a tutti i costi, la demonizzazione della sconfitta, l’eccesso di aspettative unite al perfezionismo, la cultura del mito del “perdente” e del “vincente”. La salute mentale nel mondo dello sport agonistico non è un corollario ma conditio sine qua non per fare bene e per non lasciarsi sopraffare da ansia e depressione. Thomas Ceccon, tra le star della compagine azzurra ai Mondiali di nuoto 2025 di Singapore, ha parlato dei benefici della terapia, ma non è il primo sportivo a usare la propria voce per scardinare lo stigma sull’importanza del benessere psichico.

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Thomas Ceccon

Thomas Ceccon: “Sono dovuto ricorrere ad un aiuto psicologico”

Classe 2001 e un palmares che lo incorona tra i nuotatori azzurri più forti di tutti i tempi, Thomas Ceccon in un’intervista con Repubblica ha parlato di come la terapia lo abbia aiutato ad affrontare un momento difficile. A segnarlo profondamente, una delusione amorosa che lo ha gettato in un buco nero: spirale da cui è uscito grazie ad un aiuto psicologico. “Vengo da una prima esperienza sentimentale non felice, è passata, ma mi ha fatto male e sono dovuto ricorrere a un aiuto psicologico”, ha spiegato il nuotatore veneto nei giorni scorsi, “È stata una buona scelta e lo dico con molta serenità anche se spesso gli uomini preferiscono tenerlo nascosto perché hanno paura di mostrarsi deboli o fragili”.

La storia d’amore con l’ex fidanzata (Giorgia Biondani, anche lei nuotatrice ndr) sarebbe finita per “un tradimento scoperto sui social”, una delusione che per il 24enne è stata “carburante” per alzare l’asticella. “Mi sono gettato nel nuoto e nelle gare anche per sfogare la rabbia, perché avevo qualcosa in più da dimostrare a qualcuno”, ha spiegato, “stavo bene con lei ma cercavamo cose diverse: lei una famiglia, io avevo due Olimpiadi davanti”.

Michael Phelps e la crociata contro la depressioneswimming olympics: day 4pinterestAdam Pretty//Getty Images

Michael Phelps

Ceccon è solo l’ultimo sportivo a spendere parole sull’importanza della cura della salute mentale di chi compete ad alti livelli. Tra le voci più forti, quella di Michael Phelps, l’olimpionico americano più decorato di tutti i tempi, che ha parlato apertamente della sua depressione che puntualmente si presentava dopo ogni gara importante. Montagne russe su cui è salito per la prima volta nel 2004 e che lo hanno portato all’abuso di droghe e alcool e a pensare al suicidio dopo ogni Olimpiade. Un demone che ha deciso di affrontare con l’aiuto di esperti, un percorso “che non finisce mai” con cui ha provato a capire “perché funzionavo in quel modo” verso l’accettazione “di non essere perfetti” provando “compassione e perdono per se stessi”.

I tennisti per la salute mentale

Nel mondo del tennis tanti i campioni che si sono spesi per la mental health. Nel 2019, per esempio, il tennista statunitense Noah Rubin ha aperto il profilo Instagram @behindtheracquet proprio per “dare ai giocatori una piattaforma per condividere le loro storie alle loro condizioni” e “combattere lo stigma di parlare di salute mentale, soprattutto nel mondo dello sport professionistico”.

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Naomi Osaka

Nel 2021 la tennista giapponese Naomi Osaka si è ritirata dal Roland Garros per prendersi cura della sua salute mentale dopo diversi episodi di depressione e ansia, ma anche la collega australiana Jelena Dokic ha parlato spesso di attacchi di panico ed esaurimento nervoso legati alle aspettative e le pressioni di superare i propri limiti. Anche per Matteo Berrettini, dopo l’infortunio agli Us Open 2023, è iniziato un periodo buio. “Tutti intorno a me si sono resi conto che c’era qualcosa che non andava”, ha raccontato il tennista a Zeta, la serie di Red Bull, “è stato il momento più difficile, durante il quale ho sentito che il serbatoio si era completamente svuotato e che facevo veramente fatica ad alzarmi dal letto la mattina. A un certo punto ho detto: adesso faccio solo le cose che mi va di fare”. Da lì la consapevolezza di doversi fermare e “prendersi cura della propria salute mentale” senza “demonizzare la parola depressione”.

Simone Biles e l’esempio per le giovani atletegymnastics artistic olympics: day 4pinterestLaurence Griffiths//Getty Images

Simone Biles

“Ogni volta che sei in una situazione di stress, vai fuori di testa. La terapia mi ha aiutato molto. Ho combattuto tutti quei demoni, ora devo concentrarmi sulla mia salute mentale e non mettere a repentaglio la mia salute e il mio benessere. Dobbiamo proteggere il nostro corpo e la nostra mente“. Con queste parole Simone Biles, la più forte ginnasta di tutti i tempi e la stella più brillante della delegazione Usa, annunciava il suo ritiro dalle Olimpiadi di Tokyo, uno stop per guarire la mente e un passo indietro che non era un fallimento, anzi, un insegnamento che valeva come 1000 passi avanti per lei, lo sport system e le giovani atlete. “I’m not a quitter, I’m a fighter” e non avrebbe potuto dirlo meglio.