di
Aldo Grasso
Verdone è uno, nessuno e centomila. Qui finalmente può giocare molto con l’autoironia, sorretta dal suo animo malinconico e garbato
Che bella l’idea del Centro del Centro Sperimentale di Cinematografia! Carlo Verdone aveva motivi diversi per rendergli omaggio: suo padre (cultore del cinema futurista) è stato uno dei primi insegnanti, lui stesso lo ha frequentato come allievo e adesso ci sono nuovi allievi da sostenere. C’era ancora un blocco da rimuovere: doveva liberarsi dal ricordo dell’amara presidenza di Felice Laudadio, dove Verdone sedeva nel Cda.
Così, quando il direttore del Centro (Roberto Citran) lo contatta per offrigli la cattedra di regia, Carlo accetta con lo spirito del mentore, per tornare a essere «l’uomo di cinema», dopo l’esperienza del Festival di Sanremo, e scrivere un ultimo atto degno della sua grande storia. «Vita da Carlo stagione finale» (Paramount+) chiude una singolare quadrilogia: grazie al modello della sitcom, Verdone ha potuto aprire tutte quelle parentesi (soste, deviazioni, ripensamenti) che il cinema non gli ha consentito. E soprattutto ha potuto essere sé stesso, il Verdone ortonimo, concentrato sulle sue ossessioni, sontuose o umili non importa.
Verdone è uno, nessuno e centomila, racchiude in una sola moltitudine i destini di tutti i personaggi che ha creato in tv e al cinema. Qui finalmente può giocare molto con l’autoironia, sorretta dal suo animo malinconico e garbato.
Dietro lo scontro con Sergio Rubini, che lo osteggia per vendicarsi di quella volta che nel film «Al lupo al lupo» Carlo gli tagliò un intero monologo, c’è il suo rapporto con il cinema italiano. Dietro gli affetti con l’ex moglie (Monica Guerritore), con la figlia, con il nipote c’è la sua vita più intima. Dietro l’intervista con Francesca Fagnani c’è il suo rapporto con la stampa e più in generale con il pubblico. Dietro il bianco e nero (nome della storica rivista del Centro) di Alvaro Vitali c’è il suo rispettoso affetto per gli artisti che vengono dimenticati.
Se il cinema ha esaltato quella sua tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione (quante personalità ha indossato?), in «Vita da Carlo» la dissociazione tenta mirabilmente di ricomporsi per regalarci un personale, mirabile ritratto.
4 dicembre 2025
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