di
Redazione Cronache e Andrea Barsanti

Il corteo dei lavoratori dello stabilimento ex Ilva di Cornigliano aveva occupato la stazione Brignole. Dopo il colloquio con il governatore Bucci hanno sgomberato l’area. La sindaca Salis aveva incontrato i lavoratori in mattinata: «Dal governo aspettiamo risposte»

Dopo quattro giorni di sciopero, la rabbia dei lavoratori dell’ex Ilva di Genova è esplosa questa mattina, giovedì, con un corteo che si è diretto verso la prefettura, nel centro cittadino, e un presidio che è deflagrato in  tensioni con le forze dell’ordine

Al grido di «Vergogna» e «Ci dovete arrestare, noi vogliamo lavorare», scandito da Armando Palombo, sindacalista ex Ilva Fiom e tra i leader della vertenza, oltre mille lavoratori con caschi e felpe della Fiom hanno iniziato a battere contro gli alari sistemati dalla polizia a protezione dell’edificio, usando poi un mezzo da lavoro – il cosiddetto «dito», una sorta di muletto industriale utilizzato per spostare ralle di acciaio – per aprire un varco tra le recinzioni. 



















































È quindi iniziato un lancio di lacrimogeni da parte degli agenti in tenuta antisommossa, mentre gli operai hanno risposto con pneumatici, fumogeni e petardi, rilanciando indietro i lacrimogeni. Nel corso dello scambio un operaio è rimasto lievemente ferito perché colpito alla testa da un oggetto, ma non è stato necessario ricorrere alle cure mediche. 

La sindaca: «Domani dal ministro Urso vogliamo risposte»

Dopo momenti di estrema tensione, al presidio è arrivata anche la sindaca Silvia Salis, che in mattinata aveva ribadito la vicinanza ai lavoratori ma anche l’appello a non usare la violenza. Salis ha promesso aggiornamenti dopo l’incontro che si terrà venerdì a Roma con il ministro Urso: «Domani incontrerò il ministro Urso e gli chiederò quello che gli ho chiesto l’ultima volta su cui non ho avuto risposta, cioè che cosa succede se non c’è l’offerta privata. In base alle risposte che avremo domani ve le dirò e prenderemo le decisioni». Anche l’arcivescovo di Genova, Marco Tasca, aveva invitato a protestare pacificamente.

L’occupazione della stazione di Genova Brignole 

Le tute blu a quel punto hanno deciso di dirigersi in corteo verso la stazione di Genova Brignole, occupando una banchina e promettendo di restarvi «sino a quando non avremo risposte». Qui sono stati raggiunti dal presidente della Regione, Marco Bucci, che ha avviato un dialogo con i rappresentanti dei lavoratori. Nel frattempo è stata annullata la manifestazione organizzata da alcuni cittadini e comitati di Cornigliano nel pomeriggio per protestare contro i disagi subiti dalla delegazione, presidio che era stato lanciato con tanto di lettera per chiedere un intervento alla prefettura.

Il governatore Bucci e lo sgombero della stazione
Verso le 14.30, i metalmeccanici hanno abbandonato la stazione di Genova Brignole dopo aver parlato con il presidente della Regione Liguria Marco Bucci. «Le prossime azioni – ha detto col megafono il governatore ai lavoratori – saranno domani a Roma. Non posso dire adesso che tornerò vincitore ma noi tutti i giorni lavoriamo per fare si che il materiale da Taranto arrivi a Genova. Ma dobbiamo lavorare anche per altre forniture per Genova, Novi Ligure e Racconigi». Bucci ha lanciato infine un appello agli operai in sciopero da lunedì. «Cerchiamo – ha chiesto – di evitare altre situazioni difficili», riferendosi ai momento di tensione con la polizia davanti alla prefettura del capoluogo ligure. Intanto, dopo aver occupato per circa un’ora la stazione Brignole, i manifestanti sono ripartiti in corteo con i mezzi da lavoro e sono arrivati in piazza Savio, dove resteranno in presidio a oltranza.

Il segretario generale Fiom: «Da Genova risposta straordinaria»
«A Genova oggi i metalmeccanici e la città hanno risposto in modo straordinario con solidarietà allo sciopero generale – ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil Michele De Palma, che ha partecipato alla manifestazione -. Ma il Governo ha chiuso le strade del confronto ed un lavoratore, a cui esprimiamo la nostra vicinanza, è rimasto ferito. Ma noi siamo determinati ad aprire il confronto, stiamo lottando per il lavoro e la dignità». E ha aggiutno: «La Presidente del Consiglio apra le porte di Palazzo Chigi e ritiri il piano di chiusura e si torni a lavorare. Vogliamo far ripartire il piano che il Governo aveva presentato, con lo stanziamento delle risorse necessarie, che prevedeva gli impianti di DRI e i forni elettrici per la decarbonizzazione e per garanzia occupazionale. Noi non ci fermeremo perché vogliamo impedire la chiusura dell’ex Ilva. Se la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro è il momento di dimostrarlo con i fatti». 

Perché gli operai ex Ilva protestano

La protesta dei lavoratori ex Ilva di Genova è iniziata una decina di giorni fa con l’occupazione della fabbrica. L’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, è al centro di un piano di revisione da parte del governo, che la sta gestendo in amministrazione straordinaria. I commissari hanno annunciato l’intenzione di operare sul ciclo corto, e cioè di produrre rotoli d’acciaio nello stabilimento di Taranto e di venderli direttamente, con inevitabili ricadute sugli impianti del Nord Italia. L’obiettivo finale però resta venderla, anche in ottica di decarbonizzazione, ed è su questo che lo scontro con i sindacati è aperto. 

La situazione ha raggiunto un punto di non ritorno dopo l’incontro che si è tenuto venerdì al ministero delle Imprese e del Made in Italy, ritenuto del tutto insoddisfacente da sindacati e lavoratori. Durante l’incontro è stata ventilata la possibilità di trasferire tutta la lavorazione della banda zincata a Novi Ligure, lasciando a Genova solo quella della latta. Come ha spiegato Nicola Appice, rappresentante sindacale per la Fim Cisl, la banda zincata rappresenta però due terzi delle lavorazioni dello stabilimento genovese, e se il piano venisse confermato l’attività praticamente si fermerebbe. 

A questo si aggiunge l’ipotesi del governo di attivare il cosiddetto «ciclo corto» a Taranto: lo stabilimento produrrebbe e lavorerebbe l’acciaio direttamente, senza passare né da Genova né da Novi Ligure. A Cornigliano resterebbero in attività 585 lavoratori, ma la produzione scenderebbe ai minimi, senza certezze su cosa accadrà in seguito, ancora prima della vendita ventilata dal governo. «Abbiamo chiesto se sospendono il ciclo corto, nessuno ha risposto – ha detto Armando Palombo della Rsu Fiom Cgil – Genova, che ha una capacità di un milione di tonnellate, fino a oggi ne lavorava 270 mila tra latta e zincato, impiegando il 27% degli impianti. Con lo scenario che ci hanno presentato sarebbe in funzione solo il 10%».

L’incontro con Urso a Roma

Nei giorni scorsi i lavoratori hanno bloccato sia la A10, salendo sul ponte San Giorgio, sia l’aeroporto di Genova, e proclamato sciopero a oltranza. Qualche novità potrebbe arrivare dall’incontro di domani a Roma con il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che giovedì ha già provato a dare rassicurazioni sul futuro dell’ex Ilva durante un question time alla Camera. All’incontro con Urso, Salis e Bucci ribadiranno la richiesta di mettere nero su bianco le 45 mila tonnellate di acciaio da zincare a Genova fino a fine febbraio, quando dovrebbe essere conclusa la gara.

4 dicembre 2025 ( modifica il 4 dicembre 2025 | 16:48)