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freddo intenso sul Nord America
Negli ultimi anni il divario tra gli inverni del Nord America e quelli europei è diventato sempre più evidente. Mentre Stati Uniti e Canada continuano a sperimentare ondate di freddo anche particolarmente intense, l’Europa vive stagioni più miti, con irruzioni fredde sempre più episodiche.
Questa differenza è il risultato di un complesso intreccio tra variabilità atmosferica e il cambiamento climatico, che non si manifesta allo stesso modo sulle due sponde dell’Atlantico.
Per variabilità naturale si intende il normale ondeggiare del sistema atmosferico; oscillazioni ricorrenti che spostano i centri di alta e bassa pressione, determinando dove andranno freddo, caldo e perturbazioni. Questo poi spiega il perché un anno è diverso dall’altro.
Sul continente americano questa variabilità è più evidente. Il rapido riscaldamento dell’Artico sta rendendo il vortice polare più instabile e più incline a deformarsi: sempre più spesso si osserva un vortice allungato, con un lobo diretto verso gli Stati Uniti e l’Asia. Quando accade, si aprono corridoi che favoriscono irruzioni fredde anche molto intense e prolungate. Sul Nord America la variabilità naturale resta molto più incisiva: fenomeni come ENSO, PDO e le oscillazioni del vortice polare possono amplificare il freddo o mascherare temporaneamente il trend del cambiamento climatico, mantenendo possibili episodi gelidi anche in un clima che si sta scaldando.
L’Europa resta una regione molto variabile dal punto di vista invernale. Ciò che è cambiato non è la variabilità in sé, ma il contesto in cui questa oscillazione avviene. Negli ultimi decenni lo stato di fondo dell’atmosfera favorisce schemi predefiniti (East Atlantic Index e NAO positivi) che rendono più difficile l’arrivo di irruzioni fredde. La variabilità c’è ancora, ma viene spinta verso configurazioni più miti rispetto al passato: è come se fosse incanalata a oscillare entro un corridoio atmosferico che tende a privilegiare un inverno più dolce e meno propenso alle discese artiche. C’è però un’eccezione: le dinamiche degli ultimi anni incanalano più frequentemente il freddo verso Balcani, Grecia e Turchia, lasciando l’Europa occidentale ai margini delle irruzioni artiche.
Il cambiamento climatico amplifica il freddo quando le configurazioni lo favoriscono. Un anticiclone forte e persistente sull’Alaska e il contesto orografico ad esempio, possono incanalare masse d’aria gelida verso gli Stati Uniti con maggiore facilità.
In Europa la variabilità non scompare e le ondate di freddo restano possibili,
ma la probabilità che si presentino è diminuita perché lo stato di fondo dell’atmosfera favorisce più spesso configurazioni miti per via di una circolazione cambiata.
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