Il colpo d’occhio è inedito e di immediato impatto: il Cupolone illuminato visto dalle spalle della basilica, tra le riprese aeree e “i giardini segreti dove solo i papi vanno a passeggiare”. E inedito è anche il ritratto di Pietro, “l’uomo in carne e ossa, il pescatore, l’apostolo a cui Gesù ha detto: a te affido la mia comunità, i miei follower diremmo oggi”. Una persona che, proprio come noi, “si arrabbia, agisce d’impulso, sbaglia, fraintende, piange, ride, si addormenta, soffre, gioisce e si lascia commuovere”. Roberto Benigni se ne è “innamorato, completamente”, e si emoziona raccontandone la storia nella serata evento ‘Pietro. Un Uomo nel Vento’, in onda in prima mondiale il 10 dicembre alle 21.30 su Rai1.

Anche il Papa ne vede alcuni estratti: “Che bello, parla di amore”, il commento di Leone XIV che riceve al Palazzo Apostolico il premio Oscar insieme con l’Ad Rai Giampaolo Rossi e con Simona Ercolani, ceo e direttrice creativa di Stand by me, coproduttrice con Vatican Media, con la distribuzione di Fremantle. Con Benigni, il pontefice parla anche de La vita è bella, che cita tra i suoi quattro film preferiti, e de La vita è meravigliosa di Frank Capra. E della vita di San Pietro, di Dante e di Sant’Agostino, della Divina Commedia e delle Confessioni. Il monologo è “un’altra grande pagina che la Rai regala all’Italia”, dice Rossi all’anteprima stampa al Maxxi di Roma, sottolineando come l’incontro tra il premio Oscar e l’azienda sia “un riconoscersi a vicenda tra un grande artista e il servizio pubblico”. Un prodotto che punta al mercato internazionale: “Sta suscitando molto interesse”, rivela Ercolani.

Dopo il sogno dell’Europa nato dal Manifesto di Ventotene, al centro del suo ultimo monologo tv del 19 marzo, Benigni mette da parte la politica e affronta “the Dark Side of Pietro: lo racconteremo come non lo avete mai visto” promette. Sulla scia dell’iconografia classica, “lo immaginiamo calvo con le rughe, e invece quando conosce Gesù ha più o meno la sua età, è una storia di ragazzi questa”, sorride l’attore e regista. Siamo a Cafarnao, dove Simone figlio di Giona si sente chiamare dal fratello Andrea che gli urla di seguirlo, raggiungere Giovanni Battista sul Giordano “dove è arrivato uno di Nazareth, il Messia”. Gesù gli cambia nome e “Pietro resta pietrificato”, pronto a diventare ‘pescatore di anime’. Ma il cammino è lungo e punteggiato di momenti di smarrimento: “Una volta Pietro chiede a Gesù di camminare sull’acqua come lui e ci cammina, poi ha paura e affonda. È come quando si impara a camminare da piccoli e il babbo ci dice: vieni, poi cadiamo e ci prende. Gesù lo afferra e gli dice: uomo di poca fede. Ma Pietro è come noi, si lascia sopraffare dalla paura. È piena di paure, di dubbi la fede, anzi chi non dubbi non ha fede. Non si dubita del teorema di Pitagora, ma su Dio si può dubitare, anzi si deve”, si appassiona Benigni.

I primi due anni in Galilea “sono una fiaba esaltante”. Il momento più alto è quello dell’investitura, a Cesarea di Filippo, “quando Gesù gli dice: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, a te darò le chiavi del regno dei cieli. Ci pensate? Un potere immenso, unico, per sempre”. Poi c’è il capitolo Giudea: “Gesù va a Gerusalemme e comincia ad essere odiato, dai sacerdoti, dagli scribi, dal sinedrio: lo odiano perché hanno paura, perché Gesù è una rivoluzione, un terremoto. Per lui il potere non esiste, non significa nulla, gli ultimi saranno i primi, chi vince perde”. Gesù dice “ama il tuo nemico, forse la parola più alta di tutto il pensiero umano”. È qui la forza del cristianesimo, “non una religione di regole, ma una rivoluzione d’amore”.

A Gerusalemme il destino di Gesù si compie e arriva il momento tragico in cui Pietro le rinnega tre volte. “Io avrei fatto uguale a lui – confessa Benigni – e poi avrei pianto ogni giorno”. L’apostolo non c’è ai piedi della croce, “sembra sparito”, ma poi ritroverà Gesù, di nuovo in Galilea, sulle sponde del lago di Tiberiade. “Gesù gli chiede ‘Simone, figlio di Giona, mi ami?’. E Pietro per due volte risponde: ‘Tu lo sai che ti voglio bene’. Ho pensato a quando, da bambini, io e le mie sorelle ci chiedevamo perché il babbo non dicesse mai alla mamma ‘ti amo’, ma per quella generazione dell’amore non si parlava, era quasi una debolezza, per l’uomo soprattutto. E invece ci vuole coraggio per parlare d’amore: ti amo è un sentimento incondizionato, vuole tutto”.

In nome dell’amore si compirà anche il destino di Pietro, in una Roma ferita dalle persecuzioni contro i cristiani, dopo l’incontro con Gesù sulla via Appia: “In quel momento l’apostolo scopre per la prima volta davvero quanto ha amato quell’uomo”, “cos’è la forza irresistibile che lo ha portato fin lì, come un vento. Amatevi, era questo il mistero. Pietro si lascia catturare e viene giustiziato: chiede di essere crocifisso a testa in giù. A me sembra di sentire l’ultimo pensiero del pescatore che da un piccolo villaggio della Galilea era venuto fino a qui a incontrare il suo destino. Un pensiero che è una domanda, ‘Simone, figlio di Pietro, mi ami?’, e una risposta, ‘Sì, signore, ti amo”, conclude Benigni. E dal pubblico è standing ovation.

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