di
Francesca Morandi
Il tribunale civile di Lodi ha condannato Rfi a risarcire i familiari di Elisa Conzadori, 34 anni, uccisa dal treno il 15 agosto 2020 mentre in auto attraversava il passaggio a livello di Maleo «con la semisbarra alzata in assenza di segnali acustici o luminosi accesi»
Per il Tribunale civile di Lodi, Rete ferroviaria italiana è responsabile della morte di Elisa Conzadori, la 34enne di Pizzighettone che a Ferragosto del 2020, fu travolta in auto da un treno mentre attraversava il passaggio a livello di Maleo «con la semibarriera alzata in assenza di segnali acustici o luminosi accesi». Lo scrive la giudice Ada Capello nelle 26 pagine di motivazione della sentenza di condanna di Rfi a risarcire i danni a Marco Dragoni, convivente di Elisa, ai genitori – il padre Valter e la mamma Antonella – e a Laura Palmira, sorella della vittima, assistiti dagli avvocati Alberto Gnocchi, Fabio Sbravati e Marco Impelluso. La sentenza che nel processo civile «ha accertato l’esclusiva responsabilità» di Rfi, lenisce il dolore dei familiari dopo l’archiviazione del procedimento penale, accolta dal gip su richiesta della Procura.
La tragedia si verificò poco dopo le 11. Al volante della sua Citroen C1 rossa, Elisa stava rincasando a Pizzighettone dopo il turno di lavoro al Famila di Codogno. «Le prove assunte nell’ambito del procedimento penale consentono di ritenere provato che Elisa Conzadori attraversasse i binari con la semibarriera alzata in assenza di segnali acustici o luminosi accesi», è scritto nella motivazione della sentenza. La giudice civile ha ritenuto «irrilevante l’archiviazione del procedimento penale, perché il decreto di archiviazione pronunciata dal Gip non produce effetti vincolanti».
Nel processo civile, ha così acquisito le «prove» assunte nell’ambito del procedimento penale. Intanto, le dichiarazioni di otto persone sentite durante le indagini. A cominciare da quelle rese da Alessandro e Marco, testimoni oculari. «Hanno assistito al sinistro — scrive il giudice — e uno di essi ascoltato ben tre volte (di cui due dal Pm), ha riferito con assoluta certezza che la sbarra dal senso di marcia di Elisa era completamente alzata allorquando la vittima è transitata con la vettura, mentre il teste proveniente dall’opposto senso di marcia, era fermo al passaggio a livello avendo la sbarra ancora abbassata». La giudice richiama, poi, le dichiarazioni di un altro testimone, arrivato subito dopo l’incidente ferroviario, «perché richiamato dal botto: conferma di aver visto la sbarra nel senso di marcia di Elisa completamente alzata e quella dell’opposto senso di marcia completamente abbassata».
Per la giudice, «conseguentemente dall’acquisizione delle dichiarazioni orali rese in sede penale, le quali appaiono coerenti, precise e concordanti, deve ritenersi provata la dinamica del fatto». Nel procedimento civile sono state anche acquisite le conclusioni delle consulenze tecniche disposte nell’indagine della Procura, su cui si è poi basata la richiesta di archiviazione accolta dal gip. La giudice ha inoltre disposto una propria perizia cinematica. E ha concluso: «Deve ritenersi non provato da parte di Rfi il caso fortuito, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità». Per la morte di Elisa, c’è un solo responsabile: Rfi.
«Finalmente è emersa la verità. Nessuna, e ribadisco nessuna, responsabilità ha avuto Elisa», ha commentato il compagno Marco. Lui ed Elisa stavano insieme da 17 anni: sette di fidanzamento, dieci di convivenza. Il 15 agosto Marco era già a casa. «Chiamavo Elisa al telefono, ma non mi rispondeva. D’istinto sono salito in auto. Quando sono arrivato al passaggio a livello, ho visto il paraurti in mezzo alla strada e ho capito che qualcosa di tragico era successo. C’erano già i soccorsi, mi hanno bloccato, mi sono identificato, mi hanno fatto sedere sull’ambulanza. Ho visto il corpo di Elisa coperto».
Dopo l’archiviazione dell’indagine, Marco non si era dato per vinto. «Ho fatto di tutto. Attraverso il sindaco di Pizzighettone, ho scritto ai ministri Nordio e a Salvini. E ho scritto personalmente una lettera alla premier Meloni, perché il caso venisse riaperto. Non mi ha risposto». Ora, «finalmente è emersa la verità. Elisa non ha nessuna responsabilità. Nel procedimento civile ho trovato un giudice molto competente, soprattutto una persona con cuore e umanità».
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
4 dicembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA