Si definisce un ragazzo che, a 21 anni, ha già attraversato «tre vite». Achille Costacurta, figlio di Billy Costacurta e Martina Colombari, ripercorre la dipendenza, il tentativo di suicidio, la diagnosi di Adhd arrivata solo di recente e, anche, il difficile rapporto con un cognome ingombrante. Ma, al Corriere della Sera, parla anche della sua rinascita.

Achille Costacurta ricorda un’adolescenza turbolenta, in cui la notorietà dei genitori è passata velocemente a essere da stimolo a peso. «Al primo anno di liceo fumavo hashish tutti i giorni», racconta. E quella è stata la porta d’ingresso verso anni di abuso di sostanze, psicofarmaci, sette Tso, continui passaggi tra comunità e cliniche, tentativi di fuga. Fino al tentativo di togliersi la vita: «Ho preso sette boccette di metadone, non so come non sia morto. Volevo farla finita, era un gesto disperato: l’unico modo per far capire che volevo uscire dalla comunità a Parma. Di questo mi pento».

Del resto, invece, no. «Se non avessi commesso quegli errori non avrei capito tante cose, anzi per certi versi penso: “Meno male che mi è successo tutto questo a 20 anni e non a 50, quando avrò moglie e figli”. Vale anche per la mia famiglia: se fossi stato il principino della situazione, i miei genitori non sarebbero oggi così forti nel fronteggiare situazioni anche spiacevoli che la vita a tutti riserva».

Già da bambino, «facevo fatica a stare seduto, mi annoiavo, attiravo l’attenzione». Un episodio, in particolare, gli è rimasto impresso: «Ricordo una volta in autostrada con papà, ho iniziato a giocare con le macchinine sul cruscotto dell’auto. Gli chiedevo di correre, di non rispettare precedenze e semafori. Poi mi sono aggrappato al finestrino, urlando. Lui è stato costretto a fermarsi. Sono salito in piedi sul cofano».

Crescere come figlio di due personaggi noti non l’ha aiutato: «Molti si avvicinavano a me perché figlio di genitori famosi. Da piccolo poteva essere stimolante, col tempo è diventato pesante. E meno male che non ho fatto il calciatore altrimenti il paragone sarebbe stato ancora più schiacciante».

Negli anni più difficili, la sofferenza è stata lacerante anche a casa. «Ho visto piangere Billy poche volte, invece mamma Martina molto di più», racconta. Oggi però qualcosa è cambiato: «Non sarebbe andata a Ballando fino a qualche tempo fa. Ci sta invece, anche su suggerimento di papà. Le dice che deve pensare più a sé e non a me, sempre».

La svolta arriva nel 2024, grazie alla clinica Santa Croce in Svizzera: «Mi hanno aperto gli occhi su tante cose. Hanno conquistato la mia fiducia e hanno diagnosticato il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, l’Adhd di cui soffro». Alcuni specialisti lo avevano ipotizzato, ma è solo lì che tutto si è chiarito.