È arrivato in ospedale con una condizione clinica seriamente compromessa: a 53 anni un ictus gli aveva già provocato danni molto seri. Stentava a parlare, il paziente, e soprattutto non poteva più controllare un lato intero del corpo. Situazione disperata nonostante l’età, l’assenza di patologie pregresse e uno stile di vita attivo. Eppure è stato strappato ad un destino che sembrava inesorabile: i medici del Santa Maria della Pietà hanno riconosciuto una rara lacerazione spontanea dell’arteria carotide, una rottura parziale della parete del vaso che può aprirsi e richiudersi, scatenando nuovi episodi ischemici.
APPROFONDIMENTI
Lavoro di squadra
Un caso complesso e insidioso, risolto con successo grazie alla sinergia tra i reparti, nel nosocomio diretto da Massimo Maiolo. Un lavoro di squadra che ha trasformato una storia ad alto rischio in un percorso di cura e di speranza. Nel reparto di neurologia guidato da Pasquale Scala, l’équipe ha deciso di andare oltre l’evidenza immediata. I segni clinici e l’andamento della malattia suggerivano una causa più complessa. Sono scattati così ulteriori accertamenti, con un confronto serrato tra neurologi e cardiologi. La collaborazione con la cardiologia e la utic, dirette da Luigi Caliendo, e con l’ emodinamica affidata a Gennaro Maresca, ha portato a individuare l’origine del problema: una dissezione spontanea dell’arteria carotide, un evento raro ma potenzialmente devastante. Da qui la decisione di intervenire subito. Una corsa contro il tempo ingaggiata da medici ed infermieri: Maresca, con il collega Di Lorenzo, ha eseguito un intervento mini-invasivo attraverso l’inguine posizionando uno stent carotideo, per stabilizzare definitivamente la parete dell’arteria e ripristinare un flusso sanguigno regolare verso il cervello. Precisione professionale, competenza, tecnologie avanzate ma soprattutto un lavoro di squadra tra reparti diversi: neurologia, cardiologia, emodinamica, terapia intensiva, personale infermieristico. Intervento riuscito: il paziente è ora clinicamente stabile e potrà intraprendere il percorso riabilitativo, fondamentale per recuperare passo dopo passo la propria autonomia. Per lui inizia una nuova fase, fatta di fisioterapia, controlli, piccoli traguardi quotidiani: tornare a camminare con sicurezza, recuperare il linguaggio, riprendere la propria vita.
Un caso di buona sanità, sottolinea il direttore generale dell’Asl Napoli 3 Sud, Giuseppe Russo: «Esemplare la collaborazione tra professionisti e reparti differenti, fondamentale per salvare vite umane. L’ospedale di Nola ha messo in campo competenze elevate, tecnologie avanzate e una straordinaria capacità di lavorare in squadra. Questa è la testimonianza del livello qualitativo che la nostra azienda sanitaria è in grado di garantire ai cittadini». D’altra parte dietro le sigle dei reparti e i nomi dei direttori ci sono ore di lavoro, turni, confronti. In un territorio che spesso sale alla ribalta per criticità e carenze, il racconto di un’altra faccia della sanità pubblica. Un caso che però invita anche alla riflessione su quanto sia decisivo riconoscere subito i sintomi dell’ictus e rivolgersi senza esitazione al pronto soccorso: dietro ogni minuto guadagnato, come dimostra la storia di Nola, può esserci la differenza fra una vita spezzata e una vita che ricomincia.

