TORINO – Non è un mistero. Sin dalla conferenza stampa di presentazione da allenatore della Juventus: Luciano Spalletti ha in testa la difesa a quattro. E non è solo una questione di freddi numeri. Il tecnico vuole arrivare lì, ma senza drastiche rivoluzioni. Il suo è un processo lento e graduale, che parte proprio dalla considerazioni che fece il 31 ottobre: “Ci sono presupposti per dare seguito a quello che è stato fatto finora. Chiaro che ci sono anche dei calciatori che preferirebbero giocare in caselle un po’ differenti: in entrambi i casi bisogna che si crei un po’ di disponibilità. Ma vorrebbe dire che si andrà a fare qualcosa di diverso con la difesa a 4 anziché a 3”.
Gli esperimenti e la fisarmonica
Per ora, però, la Juventus non si è mai mossa dalla retroguardia a tre, sebbene qualche piccolo passo verso il futuro sia stato compiuto. Negli ultimi 20’ della partita di Bodo, per esempio, qualcosa è stato cambiato: da destra verso sinistra hanno chiuso il match Kalulu, Kelly, Koopmeiners e Cabal. Un assaggio di futuro. E in effetti la sofferenza della Juve è stata contenuta, tolto lo sciagurato intervento in area di Cabal su Auklend che ha rimesso tutto in discussione col rigore realizzato da Fet. Il passo successivo è arrivato in Coppa Italia contro l’Udinese all’Allianz Stadium, ma per una fetta di gara maggiore. Soprattutto perché la tendenza ad impostare a 4 era evidente sin dal primo tempo. Kalulu, Gatti, Kelly e Cabal hanno compiuto dei movimenti a fisarmonica, a seconda dell’esterno deputato a prendere campo. Kalulu scivola, Cambiaso entra dentro il campo e aumenta la libertà di McKennie negli ultimi metri, nell’attività di supporto costante a Jonathan David.
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