di
Simone Dinelli

L’interrogatorio in aula dell’imprenditrice balneare di Viareggio a processo per omicidio. L’8 settembre 2024 uccise il senza fissa dimora Nourredine Mezgoui: «Mi hanno arrestata in chiesa mentre pregavo sia per me che per lui»

«Non avrei mai voluto uccidere un uomo per una borsa. La mia intenzione era solo quella di fermarlo e recuperare i miei oggetti personali». Così Cinzia Dal Pino, l’imprenditrice balneare viareggina di 66 anni imputata per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte di Nourredine Mezgoui, marocchino senza fissa dimora di 52 anni che le aveva portato via la borsetta.

Un clamoroso caso diventato di rilevanza mediatica internazionale, quello accaduto l’8 settembre 2024 in via Coppino a Viareggio, con la donna che investì l’extracomunitario con il suo Suv, schiacciandolo contro la vetrina di un negozio.



















































Questo venerdì 5 dicembre, in Corte d’Assise a Lucca, dove è in corso di svolgimento il processo di primo grado, Cinzia Dal Pino è andata alla sbarra per rispondere alle domande della pm Sara Polino e degli avvocati difensori.

E per la prima volta da quella notte di oltre un anno fa, ha fornito pubblicamente la sua versione dei fatti. Un lungo interrogatorio, andato avanti per oltre un’ora e mezzo, in mezzo a lacrime nel ricordare il momento dell’arresto avvenuto in una chiesa «mentre stavo pregando per lui e per me», tanti «non ricordo» e qualche contraddizione evidenziata dall’accusa, rispetto a precedenti dichiarazioni rese dall’imputata agli inquirenti.

Partendo da un pomeriggio come tanti altri trascorso nello stabilimento balneare di famiglia, prima di quella che avrebbe dovuto essere una cena come tante altri assieme ad alcuni amici. «Sono uscita di casa verso le 20 – il racconto della donna – senza mio marito che ha avuto un problema all’ultimo. Al ristorante mi hanno poi raggiunto le mie amiche storiche, assieme a mariti e compagni».

Di fronte alla richiesta della pm di fornire anche i cognomi delle amiche, Dal Pino ha spiegato di non ricordarli, aggiungendo però che «c’era anche Roberta di Miami».

Al termine della cena, attorno alle 23,30, la donna esce dal locale facendosi prestare un ombrello dalla titolare del ristorante, perché nel frattempo ha iniziato a piovere. «Giunta all’auto – ha aggiunto Dal Pino -, distante circa 50 metri dal locale, ho appoggiato la borsetta sul sedile del passeggero e mentre chiudevo l’ombrello è spuntato quest’uomo che mi è venuto addosso: in un attimo ho visto la fine, pensando che mi avrebbe fatto del male. Ho iniziato a urlare e a difendermi: “dammi la borsa o tiro fuori il coltello (di cui non è mai stata però trovata traccia, ndr)”, mi ha detto. Non ricordo se l’ha presa da sé o gliela ho passata io. Poi se ne è andato».

A quel punto l’imprenditrice ha raccontato di aver deciso, presa dal panico, di seguire Mezgoui: «Nella borsa avevo tutto – la spiegazione della donna -: i documenti, l’orologio e un bigliettino con tutte le password di conti bancari e altri importanti accessi. Non volevo che quell’uomo potesse risalirvi».

Mezgoui inizia a camminare in direzione mare e in pochi attimi Dal Pino lo raggiunge: «Con l’auto – ha raccontato in aula – sono andata verso di lui, in direzione del marciapiede. Non volevo ucciderlo, ma solo farlo cadere per bloccarlo: non mi sono neppure resa conto di averlo colpito. Poi, dopo la prima manovra, mi è sembrato che si stesse rialzando e sono tornata verso di lui».

L’imputata ha spiegato di ricordare due manovre, pur ammettendo che «vedendo poi i video, in realtà sono di più». Una volta ripresa la borsa, Dal Pino si allontana e torna verso il ristorante per restituire l’ombrello. «Ho provato a passarlo alla sua proprietaria dal finestrino – ha aggiunto la donna -, ma nell’agitazione del momento non ho realizzato come in realtà fosse chiuso. Alla fine, sono tornata casa sicura che il mio aggressore fosse al massimo ferito, perché nella mia mente c’era e c’è l’immagine di averlo visto in atteggiamenti vitali, mentre cercava di rialzarsi. Ho pensato che se avesse avuto bisogno di essere soccorso, ci avrebbe pensato da sé e che in ogni caso, vista la ragione di eventuali ferite, non mi avrebbe comunque denunciata».

La mattina dopo, diventa di dominio pubblico la notizia della morte di Mezgoui: «L’ho appreso dai social – ha aggiunto la donna – e in un attimo mi è crollato il mondo addosso. Ma anche in quel momento, ho pensato che fosse morto per lo spavento e non a causa dell’impatto con l’auto. Sono andata con mio marito a raccontarlo a nostra figlia (che non vive con i genitori, ndr) e poi mi sono recata in chiesa a pregare, per lui e per me. È qua che sono arrivati ad arrestarmi».

Alla domanda della giudice se avesse pensato di costituirsi, Dal Pino ha risposto di sì ma di essere stata anticipata dalle forze dell’ordine. «Sono sconvolta da questa cosa – la chiusura dell’imputata -, che ha distrutto la mia esistenza. Mi dispiace di non aver potuto parlare con i familiari di quell’uomo e di non aver mai chiesto loro scusa. Ancora oggi mi porto questo peso sulla coscienza».

Durante l’udienza Dal Pino anche parlato dei problemi di salute avuti in passato e che, anche all’epoca dell’accaduto, la portavano ad assumere Xanax – regolarmente prescritto dal medico di base – per combattere l’ansia. Un aspetto non di secondaria importanza, visto che la difesa ha già fatto capire di voler puntare molto l’attenzione sulle condizioni psicologiche dell’imputata al momento dell’omicidio.


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5 dicembre 2025 ( modifica il 5 dicembre 2025 | 16:06)