Una nuova strategia terapeutica per chi ha subìto un infarto che permette di ridurre la mortalità delle persone colpite. Consiste nel fatto di trattare subito con angioplastica non solo la lesione responsabile dell’evento acuto, ma anche le arterie vicine, nonostante non siano direttamente responsabili dell’infarto.

Come funziona la nuova tecnica

Le tecnica è stata messa a punto dalla Cardiologia del Maggiore, guidata dal professor Gianni Casella e, recentemente, è stata presentata al Congresso dell’American Heart Association di New Orleans e pubblicata su Lancet.

Una strategia che si contrappone alla rivascolarizzazione che si può definire ‘limitata’ e che interviene solo sulla lesione responsabile dell’attacco cardiaco. L’obiettivo della rivascolarizzazione completa è quello di ridurre il rischio di nuovi infarti, la morte cardiovascolare e la necessità di ulteriori interventi completando il trattamento delle coronarie in modo immediato.

Riduzione della mortalità cardiovascolare del 25 per cento

“La metà dei pazienti che arrivano con un infarto, hanno malattie anche nelle altre arterie del cuore – spiega il professor Casella –. C’è stato il grande dilemma se valeva la pena trattare subito anche queste arterie, seppur non responsabili dell’evento acuto. Abbiamo fatto molti studi ed essendo un hub per queste emergenze, quindi avendo un grande numero di casi, seguiamo circa 700 pazienti con infarto all’anno, abbiamo partecipato a studi internazionali. In questo lavoro globale, coordinato dall’Università di Hamilton in Canada – spiega il direttore – emerge che c’è una riduzione della mortalità cardiovascolare del 25 per cento, stessa percentuale anche per le recidive da infarto se il trattamento in angioplastica viene effettuato anche nelle altre arterie non responsabili dell’infarto”.

Quanto durano l’intervento e il ricovero

Casella spiega che si tratta di interventi mini-invasivi che hanno una durata al massimo di mezz’ora, mentre la degenza in ospedale è di 4-5 giorni.

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L’appello per riconoscere i sintomi

Il professore vuole lanciare un appello alle persone che con un forte dolore toracico, ampio al braccio e alla mano, sudorazione fredda o attacco cardiaco non chiamano il 118 si fanno portare in Pronto soccorso da parenti o amici: “C’è un 35-40 per cento di questi pazienti che arriva in auto. Questo è sbagliato perché si espongono a un rischio che può essere mortale. Invece se arriva l’ambulanza può essere fatto subito l’elettrocardiogramma, la diagnosi e quando arriva in ospedale è tutto pronto per il trattamento. Quindi chiamare sempre il 118 e non autopresentarsi”.

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Cardiologia del Maggiore tra le eccellenze italiane

La Cardiologia del Maggiore è tra i primi 20 centri in Italia per volumi di attività di emodinamica, nei primi dieci come volume di angioplastiche primarie in corso di infarto acuto. Lavora in stretto contatto con l’Emodinamica, diretta da Giampiero Nobile e l’Elettrofisiologia, guidata da Gaetano Barbato.