di
Viviana Mazza

Il documento di National Security Strategy firmato dal presidente Usa: difesa dei confini e mantenimento della leadership planetaria. Tra gli obiettivi la fine della guerra in Ucraina, la stabilità strategica con la Russia e il mantenimento di un rapporto economico vantaggioso con la Cina

DALLA NOSTRA INVIATA
WASHINGTON – Donald Trump vuole mantenere una maggiore presenza miliare statunitense nell’emisfero occidentale per combattere le migrazioni, il narcotraffico e l’ascesa di potenze rivali nella regione, secondo la Strategia di sicurezza nazionale, un documento di 33 pagine a firma del presidente pubblicato giovedì senza grandi annunci sul sito della Casa Bianca. 

Il documento, diviso per regioni, parla anche dell’Europa e della guerra in Ucraina e contiene passaggi molto duri sul Vecchio Continente «in declino»: «I funzionari americani si sono abituati a pensare ai problemi europei in termini di insufficiente spesa militare e stagnazione economica. È in parte vero, ma i veri problemi dell’Europa sono più profondi – si legge nel documento -. Il suo declino economico è eclissato dalla reale e stridente prospettiva di cancellazione della civiltà».



















































È una tradizione pubblicare ad ogni mandato questi documenti di strategia da parte dell’esecutivo: è un modo di definire le priorità per il bilancio e le politiche del governo, anche se poi eventi come l’11 settembre o la guerra in Ucraina hanno cambiato le traiettorie definite da presidenti Usa come Bush o Biden.

La National Security Strategy di Trump afferma che «è un interesse chiave degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire l’escalation ed espansione non voluta della guerra e ristabilire una stabilità strategica con la Russia, come pure di consentire la ricostruzione dell’Ucraina dopo la guerra perché possa sopravvivere come Stato».

Ma il documento non critica Mosca. Invece riserva alcuni dei suoi commenti più duri ad alcuni alleati in Europa. «L’amministrazione Trump si trova in disaccordo con i funzionari europei che mantengono aspettative irrealistiche per la guerra, arroccati in governi instabili di minoranza, molti dei quali calpestano i principi basilari della democrazia per sopprimere l’opposizione. Una ampia maggioranza in Europa vuole la pace, ma questo desiderio non si traduce in politica in gran parte per via del sovvertimento dei processi democratici da parte di questi governi». 

Una delle preoccupazioni espresse è l’ascesa della Cina: «La Guerra in Ucraina ha avuto l’effetto perverso di aumentare le dipendenze esterne dell’Europa, specialmente della Germania. Oggi le aziende chimiche tedesche stanno costruendo alcuni dei più grandi impianti del mondo in Cina, usando gas russo che non possono ottenere in patria». 

Un bersaglio particolare è l’Ue: «Le questioni più ampie che affronta l’Europa includono le attività dell’Unione europea e di altri organismi transazionali che minano le libertà politiche e la sovranità, le politiche migratorie che stanno trasformando il continente e creando conflitti, la censura delle libertà di espressione e la soppressione della opposizione politica, facendo crollare le nascite, con la perdita di identità nazionale e sicurezza in sé». 

L’amministrazione, in termini velati, critica i tentativi di limitare l’influenza dei pareri di destra, definendola una forma di censura. Il documento sembra anche suggerire che le migrazioni cambieranno in modo fondamentale l’identità europea, al punto che ciò potrebbe danneggiare l’alleanza economica e militare con gli Stati Uniti

«Nel lungo periodo, è più che plausibile che nel corso di un paio di decenni al massimo, alcuni membri della Nato diventeranno per la maggioranza non europei», si legge nel testo. «Perciò si pone la domanda se vedranno il proprio posto nel mondo o la propria alleanza con gli Stati Uniti allo stesso modo di coloro che firmarono il Trattato della Nato». 

In questo scenario, gli Usa starebbero proseguendo il loro processo di disimpegno dalla Nato: secondo quanto riportato in esclusiva dalla Reuters, gli Stati Uniti vorrebbero che l’Europa prendesse il controllo della maggior parte delle capacità di difesa convenzionali dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili, entro il 2027. La volontà statunitense sarebbe stata trasmessa durante una riunione questa settimana a Washington tra il personale del Pentagono che supervisiona la politica della Nato e diverse delegazioni europee.

Il documento di National Security Strategy riconosce tuttavia l’importanza economica e culturale dell’Europa, come pure il fatto che l’alleanza degli Usa con gran parte del Vecchio continente abbia aiutato l’America. L’enfasi è sul far sì che «l’Europa rimanga europea»: «Non possiamo permetterci di mettere da parte l’Europa… sarebbe controproducente per gli obiettivi di questa strategia. Il nostro obiettivo dovrebbe essere aiutare l’Europa a correggere la sua attuale traiettoria».

Il focus sull’Emisfero occidentale è superiore a quello delle precedenti amministrazioni, che si sono spesso concentrate sulla Russia, la Cina e la lotta al terrorismo. È presentato come cruciale per proteggere gli Stati Uniti.

Questi piani vengono definiti parte di un “Corollario Trump” della Dottrina Monroe, ovvero la nozione presentata dal presidente James Monroe nel 1823 che gli Stati Uniti non tollereranno interferenze di avversari stranieri nel proprio emisfero. «La sicurezza dei confini è l’elemento primario della sicurezza nazionale», si legge nel documento, che fa velati riferimenti al tentativo della Cina di conquistare terreno in America Latina, il “cortile di casa” degli Stati Uniti. «Gli Stati Uniti devono essere preminenti nell’Emisfero occidentale, come condizione per la nostra sicurezza e prosperità – si legge nel documento -. I termini delle nostre alleanze, e sulla base dei quali forniamo ogni genere di aiuto, devono essere dipendenti dalla riduzione dell’influenza esterna rivale incluso il controllo di installazioni militari, porti, infrastrutture chiave fino all’acquisto di beni strategici ampiamente definito”.

Questo è anche il primo di una serie di importanti documenti sulla strategia di politica estera e difesa che l’amministrazione Trump dovrebbe pubblicare, inclusa la National Defense Strategy. La pubblicazione ha subito ritardi in parte per via di dibattiti interni nell’amministrazione sulla Cina. Il segretario del Tesoro Scott Bessent ha spinto per ammorbidire il linguaggio su Pechino, secondo fonti del sito Politico, dal momento che continuano i negoziati commerciali.

La Strategia di sicurezza nazionale del primo mandato di Trump era fortemente puntata sulla competizione con la Russia e la Cina, ma il presidente di fatto cercò spesso di negoziare con i leader delle due superpotenze. La nuova strategia sembra riflettere meglio la visione di Trump, che nel documento viene definito un «Presidente di Pace» che «usa la diplomazia in modo non convenzionale».

La Strategia dice che gli Stati Uniti non possono più occuparsi di tutto il resto del mondo. «Dopo la fine della Guerra fredda, le elite di politica estera americane si convinsero che il dominio americano permanente del mondo intero fosse nel miglior interesse del nostro Paese. Ma gli affari di altri Paesi sono di nostro interesse solo le loro attività minacciano direttamente i nostri interessi», afferma l’attuale dottrina. 

Nell’introduzione, Trump dichiara che questa è la «roadmap per assicurarsi che l’America resti la nazione più grande e di maggior successo nella storia umana e la casa della libertà».

Il testo è in linea con diverse scelte della Casa Bianca in quest’ultimo anno, incluso un maggiore schieramento di forze militari nell’Emisfero occidentale (che non è intesa come una mossa solo temporanea e punta anche a identificare nella regione materie prime strategiche come le terre rare), le mosse finalizzate alla riduzione dell’immigrazione, la spinta per rafforzare la produzione industriale e la promozione della «identità occidentale», anche in Europa. 

Nel testo si menzionano i valori tradizionali evocati spesso dalla destra cristiana, con obiettivi quali «la restaurazione e il rafforzamento della salute spirituale e culturale americana», «un’America che celebra le sue glorie passate e dei suoi eroi». «Un numero crescente di famiglie tradizionali forti che crescano figli sani».

Anche la Cina, considerata da molti politici americani bipartisan la maggiore minaccia per gli Stati Uniti, è centrale nel documento, anche se non sempre menzionata direttamente. L’amministrazione promette di «bilanciare i rapporti economici con la Cina, dando la priorità alla reciprocità e equità per ripristinare l’indipendenza economica americana», ma dice anche che «il commercio con la Cina dovrebbe essere bilanciato e puntare su fattori non sensibili» e suggerisce di «mantenere un rapporto economico davvero vantaggioso per entrambi»

La strategia afferma che l’amministrazione Usa vuole evitare la guerra nell’Indo-Pacifico: «Manterremo la nostra tradizionale politica su Taiwan, ovvero che gli Stati Uniti non appoggiano alcun cambiamento unilaterale allo status quo dello Stretto di Taiwan», una frase che rassicura quanti in Asia si preoccupano che Trump si tiri indietro all’appoggio a Taiwan

5 dicembre 2025 ( modifica il 5 dicembre 2025 | 15:29)