di
Alessandra Testa

Addetta alla logistica, 45 anni, nella sede di Casalecchio di Reno: «L’azienda macina utili, gli stipendi bloccati»

«Mi sembra di vivere in un film horror. Quel che guadagniamo in due basta appena per mantenere la nostra famiglia numerosa». Floriana Nappa ha 45 anni e lavora all’Ikea di Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, dal 2001. Entrata a tempo determinato, l’anno successivo è stata stabilizzata ma da allora, rinnovo dei contratti nazionali a parte, lo stipendio non è mai cresciuto. Al contrario delle mansioni da svolgere, che aumentano per il «sottorganico» ormai strutturale. Con tre figli e un mutuo sulla casa che estinguerà fra vent’anni, «senza lo stipendio di mio marito che lavora in Gd saremmo tutti sotto un ponte». Oggi Floriana aderirà allo sciopero nazionale proclamato da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs per chiedere il rinnovo dell’integrativo aziendale che manca dal 2019 e lo stop alle scelte unilaterali della proprietà come il recente divieto di accedere alla mensa per i part-time a pause ridotte. Decisioni che danneggiano soprattutto i nuovi assunti. Il presidio sarà sotto la sede centrale di Carugate, nel Milanese. A Casalecchio, invece, è affisso uno striscione che annuncia la mobilitazione.

Qual è la sua mansione in Ikea?
«Sono una addetta alla logistica».



















































Quanto guadagna al mese?
«Sono part-time, circa mille euro al mese».

Che età hanno i suoi figli?
«Il più grande ha 15 anni, il medio 13, il piccolo 9».

A fine mese i conti tornano?
«Purtroppo, con gli stipendi fermi e i prezzi che lievitano fra mutuo, utenze, trasporto e spese scolastiche e sportive, non ci resta più niente».

Qual è la fatica più grande?
«Capita di non avere orari per la mancanza di personale. Arrivo a fare anche 12 ore di straordinari alla settimana. In sottorganico, basta il ritardo di un camion per sforare. Ora siamo in stato di agitazione e abbiamo deciso il blocco degli straordinari».

Perché sciopera?
«Nonostante il racconto dell’azienda svedese illuminata che produce mobili sostenibili per la famiglia felice, dalla morte nel 2018 del fondatore Ingvar Kamprad, che valorizzava i dipendenti e i rapporti umani, Ikea non è più la stessa. Con la crisi del 2012, ci chiesero di rinunciare agli aumenti. L’ultimo fatturato è stato di 2 miliardi e 200 milioni: ora Ikea macina utili ma non li ridistribuisce al personale e non erogherà in oltre metà dei negozi il premio di partecipazione, che ha il valore di una mensilità aggiuntiva. In più, alla vigilia delle feste si vuole far saltare la maggiorazione economica pattuita al 75% per chi sarà di turno nelle tre domeniche prenatalizie».

I clienti troveranno l’Ikea chiusa?
«No, i manager si stanno organizzando per coprire i buchi di personale e lasciare i punti vendita aperti. È dal 29 novembre che volantiniamo, mattina e pomeriggio, davanti al negozio per informare la clientela dello sciopero».

Cosa c’è scritto sul vostro volantino?
«Nell’anno appena trascorso, i dipendenti hanno fatto incassare a Ikea 98 milioni di euro. I proprietari hanno guadagnato più di 10 milioni. Come ringraziamento per i risultati raggiunti, i lavoratori avranno un premio pari a zero. Zero scritto in lettere maiuscole».

Quanti sono i dipendenti Ikea?
«Siamo in 6 mila. A Casalecchio circa 300, di cui il 70% part-time da 16, 20, 24 e 30 ore. I restanti sono full-time, tempi determinati di cui molti somministrati, apprendisti e stagisti. In provincia di Milano gli addetti sono quasi 1.800: mille a Carugate, 300 a San Giuliano e oltre 400 a Corsico. Iniziano però ad essere tante le attività appaltate all’esterno. Il customer service, l’assistenza ai clienti, per esempio».

Cosa chiede ai figli del fondatore, che ora conducono l’azienda?
«Un futuro per i giovani. Essendo madre, mi batto soprattutto per loro. Da delegata Filcams, dico che c’è troppa disparità di trattamento tra vecchi e nuovi assunti. Un esempio? Durante i festivi noi abbiamo una maggiorazione del 60%, i giovani del 30%. È la metà. Va arginato questo fenomeno di disumanizzazione del lavoro e schiacciamento verso il basso delle professionalità».


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5 dicembre 2025