di
Leonard Berberi

Nel 2025 le due compagnie hanno aumentato il divario con le altre negli Stati Uniti. L’avanzata dopo le fusioni del 2008 e 2010, la pandemia e il nuovo approccio: tutti i numeri

Le compagnie aeree nel mondo si stanno dividendo sempre più in due gruppi. Da un lato ci sono Delta Air Lines e United Airlines. Dall’altro tutte le altre, grandi e piccole. E mai come quest’anno il divario è stato così evidente. Con un dato che, tra i tanti, mostra il loro peso specifico: dei 36 miliardi di utili previsti nel 2025 per l’intero settore (media tra le poche società profittevoli, molte in pareggio, diverse in perdita), circa un quarto è nelle mani di questa coppia di aviolinee, stando ai calcoli del Corriere sui documenti finanziari, le proiezioni degli analisti e della Iata.

«Le domande che ci facciamo sono: quale sarà la compagnia aerea che metterà in discussione questo duopolio e quando si affaccerà nell’arena», racconta al Corriere l’amministratore delegato di una (grande) aviolinea europea. «Al momento siamo tutti alla finestra ad ammirare questi due che si fanno la gara al vertice, mentre molti di noi devono affrontare delle limitazioni alla crescita anche a causa delle norme».



















































I numeri consolidati, relativi ai primi nove mesi di quest’anno, diventano ancora più rilevanti se lo sguardo si «restringe» al solo mercato statunitense che è ad oggi il più grande e ricco del trasporto aereo. Nel periodo analizzato dal Corriere Delta Air Lines ha registrato circa 3,8 miliardi di dollari di utile netto, United Airlines 2,3 miliardi, per un totale di circa 6,1 miliardi di dollari.

L’utile netto delle prime dieci compagnie Usa, messe assieme, è di 5,45 miliardi, secondo i calcoli del Corriere. Cosa significa? Che tolte Delta e United, le altre otto (American Airlines, Southwest, Alaska Airlines & Hawaiian, Spirit Airlines, JetBlue, Frontier, Allegiant, Sun Country) hanno chiuso con una perdita complessiva di circa 650 milioni di dollari nel periodo gennaio-settembre di quest’anno.

American Airlines, ad oggi la compagnia più grande del mondo per posti offerti sui suoi voli, da tempo fatica a tenere il passo delle altre due, zavorrata da scelte strategiche e commerciali sbagliate, unite a un indebitamento significativo che non consente molti investimenti. E infatti si porta a casa, nei primi nove mesi del 2025, un utile netto di appena 12 milioni di dollari, cioè 7 centesimi a passeggero imbarcato.

Gli analisti ricordano che questi risultati per i due colossi Usa non arrivano a caso. Sono il frutto di strategie (azzeccate) di lungo periodo — che hanno richiesto anche miliardi di dollari di investimenti — impostate dopo le fusioni del 2008 (Delta con Northwest) e 2010 (United con Continental) e perfezionate poco prima dello scoppio della pandemia.

05 dic 2025

Delta e United hanno puntato sui passeggeri disposti a spendere di più, hanno installato a bordo degli aerei più sedili di Business e Premium economy (che portano profitti), togliendo file di Economy (quasi sempre in perdita), hanno aggiornato la tecnologia, rinnovato i programmi fedeltà, ammodernato le sale vip negli aeroporti, si sono allargate nel mondo con le partnership e hanno aggiunto decine di collegamenti diretti, drenando traffico ai vettori locali.

Non solo. Perché a determinare la loro fortuna è stata anche la posizione geografica (ed economica) degli hub. Secondo i dati della piattaforma specializzata Cirium, Delta controlla più del 70% dei voli negli aeroporti di Atlanta, Detroit, Minneapolis e Salt Lake City, è rilevante a Boston, Seattle, New York (JFK e LaGuardia). United ha la maggiore fetta di mercato a Denver, Houston, Newark (l’altro scalo di riferimento di New York), Washington e San Francisco.

Se questo dice poco o nulla ai lettori europei, ecco alcune cifre a rendere bene l’idea. Considerando soltanto gli aeroporti di New York (JFK, Newark, LaGuardia) nel raggio di 50 chilometri (di strada) vivono 16 milioni di persone, che hanno una retribuzione media annuale di circa 102 mila dollari (e bisogna tenere a mente questo dato) e una capacità di acquisto complessiva di oltre 610 miliardi di dollari, stando ai numeri estratti dal Corriere dalla piattaforma Cirium.

«Dopo l’acquisizione di Northwest nel 2010, dicemmo che se non fossimo riusciti ad avere un prodotto davvero diverso e la capacità di offrire un’esperienza premium, saremmo destinati a fallire», ha ricordato il 3 dicembre scorso a una conferenza di Morgan Stanley, Ed Bastian, ceo di Delta Air Lines. Prodotti premium «prima in perdita, ma ora sono quelli con i margini di guadagno più alti», ha raccontato il presidente del vettore, Glen Hauenstein, durante una call con analisti e giornalisti nelle settimane passate.

«Gli investimenti, proseguiti per quasi un decennio, assieme all’eccellente servizio offerto dal nostro personale, hanno permesso a United di conquistare e mantenere clienti fedeli al marchio, garantendo una resilienza economica nonostante la volatilità macroeconomica dei primi tre trimestri dell’anno e offrendo un notevole potenziale di crescita ora che l’economia e la domanda stanno migliorando nel quarto trimestre», ha commentato il ceo Scott Kirby a ottobre presentando i dati estivi.

Gran parte dei ricavi di Delta e United proviene da famiglie che guadagnano almeno 100 mila dollari l’anno, secondo gli analisti. E questo ha un impatto sui conti perché, come ha rivelato Hauenstein, «in alcuni casi i viaggiatori leisure disposti a pagare tariffe elevate hanno finito per rimpiazzare i clienti business, storicamente i più ambiti perché i loro viaggi sono a carico delle aziende».

Delta prevede che i ricavi premium supereranno quelli di chi viaggia in Economy entro il 2027, invertendo così un trend consolidato da decenni. Nei primi nove mesi ha registrato 17,77 miliardi dalla vendita in Economy, 16,4 miliardi dai prodotti premium. Anche United si aspetta questa dinamica poco dopo. «United sta facendo del suo meglio per copiarci», ha ironizzato Bastian, di Delta. «Anch’io copierei Delta, se fossi al loro posto. Sono intelligenti».

«Abbiamo il 20% dei posti sul mercato, eppure generiamo oltre il 50% dei profitti complessivi», ha spiegato agli analisti il ceo di Delta. Che ha aggiunto: «I forti diventeranno ancora più forti». I deboli, invece, lo saranno sempre di più. A partire dai vettori low cost che negli Usa vivono un periodo difficile, a partire da Spirit che per la seconda volta in poco tempo è finito in ristrutturazione.

A beneficiare dell’exploit di Delta e United, anche se indirettamente e in piccola parte, sono le alleate internazionali che condividono voli, tariffe, ricavi o profitti, clienti attraverso le joint venture. In Europa Air France-Klm e Virgin Atlantic per Delta, il gruppo Lufthansa (e quindi presto Ita Airways) per United. British Airways e Iberia sono, al contrario, quelle che trainano American Airlines.

«Anche se il 2025 è stato un anno che la maggior parte delle compagnie preferirebbe dimenticare, un lato positivo è che ha fornito un prezioso stress test della resilienza differenziata che Delta rivendica da tempo», scrive in una nota Tom Fitzgerald, analista di TD Cowen. Che aggiunge: «Continuiamo a preferire le azioni di United e Delta rispetto al resto del settore per via della loro interessante composizione dei ricavi, dell’esposizione a consumatori più benestanti, della comprovata resilienza relativa e dei bilanci più solidi».

Guardando avanti, per Fitzgerald United Airlines «è la nostra “Best idea” per il 2026». «Con il miglioramento dei ritmi produttivi di Boeing, il rinnovo della flotta della compagnia dovrebbe generare venti favorevoli significativi sia sul fronte dei ricavi sia su quello dei costi non legati al carburante», commenta. «United beneficerà inoltre ogni trimestre del 2026 di confronti annui favorevoli: politiche commerciali nel 1° trimestre, disservizi a Newark nel 2° e 3° trimestre, e shutdown governativo nel 4° trimestre».

«Consideriamo United una storia di crescita di alta qualità, alla luce della resilienza mostrata nel 2025, della crescita prudente resa possibile dal piano flotta e della sua esposizione al traffico premium e alle fasce di reddito più elevate», conclude l’analista di TD Cowen. «United resta leader nell’internazionale, con la quota maggiore tra le compagnie statunitensi sia sull’Atlantico sia sul Pacifico. Star Alliance è inoltre l’alleanza leader per quota di traffico internazionale».

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6 dicembre 2025