di
Alessandra Testa
Alessandro Trapezio e l’accordo nel colosso dell’e-commerce che ha ridotto i licenziamenti e prevede esodi incentivati: «Tutti i lavoratori a rischio si stanno facendo i conti in tasca. La mia speranza è che l’azienda venga rilanciata, all’inizio era una realtà stimolante ma adesso il nostro ruolo è ripetitivo»
Il suo sogno di bambino era diventare un fotografo di moda e ci è riuscito. È nato a La Spezia, ma ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, dove è rimasto. Alessandro Trapezio, 44 anni, potenzialmente è uno dei 145 esuberi dichiarati da Yoox.
Lavora in Interporto ed è consapevole che la maggior parte delle uscite, «almeno un centinaio», saranno all’outlet di Bologna e non in Lombardia. «Stiamo aspettando l’aggiornamento della lista delle mansioni che l’azienda vuole tagliare — spiega —: quando a settembre furono dichiarati i 211 licenziamenti, ora calati di 66 unità, su 15 fotografi in organico 9 erano di troppo».
L’accordo siglato fra l’azienda, il gruppo tedesco LuxEsperience, i sindacati e le istituzioni prevede solo esodi incentivati. E sta ai dipendenti, i cui ruoli sono a rischio, scegliere se accettare la buonuscita, una base di 24 mensilità con maggiorazioni a seconda dell’anzianità e dei carichi familiari, o restare.
Ha già deciso?
«La mia speranza è che l’azienda venga rilanciata, come ha assicurato la proprietà davanti al ministro Urso, e che resti sul territorio bolognese. Sono un delegato Cgil e credo che abbiamo raggiunto un ottimo accordo, vista la cospicua riduzione dei licenziamenti inizialmente annunciati, il possibile ricorso alla cassa integrazione per crisi qualora restassero alti esuberi e la clausola di salvaguardia che stabilisce che, se nel 2026 venissero avviate nuove procedure di licenziamento, saranno garantite a chi oggi è escluso dal perimetro degli esuberi stessi incentivi e coperture sociali. Tutti i lavoratori si stanno facendo i conti in tasca, in base alle proprie condizioni economiche e familiari. C’è chi ha già deciso e chi no. È una scelta non semplice, molto personale».
Qual è la sua condizione?
«Lavoro in Yoox da 18 anni, sono inquadrato part-time e guadagno 1.300 euro scarsi al mese. Anche la mia compagna Vera lavora in Yoox, lei è full-time: il suo titolo non è messo in discussione. È una coordinatrice responsabile delle immagini. Non abbiamo figli, con noi vive un gatto. Per fortuna, non dobbiamo pagare un affitto».
Come avete preso l’annuncio dei 211 licenziamenti?
«È stata una bella botta. Due stipendi forse a rischio. Ora siamo paradossalmente un po’ più tranquilli e continuiamo a lavorare sereni».
Il suo contratto è solo part-time, però.
«Non mi lamento, mi consente di fare anche altro a livello artistico. Per esempio, ora a Castelvenere, in provincia di Benevento, è esposta una mia personale: si intitola “Now I see you, now you see me” curata da Francesco Creta. Resterà in mostra fino al 10 gennaio 2026».
Come sono stati questi diciott’anni in Yoox?
«All’inizio molto entusiasmanti. Eravamo tutti più giovani, Yoox è stato il primo unicorno italiano, nato nel 2000 da un’intuizione del fondatore Federico Marchetti. La nostra fu la prima fotografia operaia. Durante la massima espansione, i fotografi assunti erano addirittura 70. Piano piano il lavoro, mettere le modelle e le collezioni online, è diventato ripetitivo e sempre meno artistico. La nostra figura scomparirà, siamo in via di estinzione».
Cosa vorrebbe non mancasse nel rilancio di Yoox?
«A fianco del lavoro di ricucitura sindacale con cui reinstaurare un rapporto di fiducia fra azienda e dipendenti, serve un piano industriale serio e di prospettiva. Non mi occupo di business, ma l’impressione è che servano una direzione e una visione più forti. In questo momento storico di sovrapproduzione, l’immagine è tutto per creare il desiderio».
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6 dicembre 2025
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