Londra, 6 dicembre 2025 – La centrale di Chernobyl non è più in sicurezza. È l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) a dare l’allarme in un report pubblicato ieri. La capsula che protegge dalla fuoriuscita di radiazioni nucleari dal sito ucraino, esploso nel 1986 con conseguenze catastrofiche, è stata danneggiata a febbraio in un attacco con droni. L’entità dei danni emerge oggi, dopo le verifiche e gli interventi dell’Agenzia effettuati la scorsa settimana. La struttura aveva “perso la capacità di contenimento”, ha fatto sapere il direttore generale Rafael Mariano Grossi, anche se il sistema di monitoraggio non è stato compromesso in maniera permanente. “Sono state compiute riparazioni temporanee e limitate al tetto, ma resta essenziale un ripristino tempestivo e completo per prevenire ulteriori deterioramenti e garantire la sicurezza nucleare a lungo termine”. 

Lo scorso 14 febbraio un drone con una potente testata esplosiva ha colpito la centrale, provocando un incendio e danneggiando il rivestimento protettivo attorno al reattore. Secondo le autorità ucraine, si è trattato di un velivolo senza pilota russo. Ma Mosca ha negato di aver mai preso di mira l’impianto. In quell’occasione sono stati fatti dei rilevamenti: l’Onu, che diffuse la notizia dell’attacco, assicurava anche dell’assenza di perdite rilevate. Ma dall’ispezione Aiea è emerso che la sicurezza della centrale non era più garantita. 

La centrale di Chernobyl non è più operativa ma è ancora un sito radioattivo. La fuoriuscita di radiazioni dal reattore 4 (quello che esplose nel 1986) è impedita dal New Safe Confinement (NSC), o Nuovo Scudo Protettivo, inaugurato nel 2019 e costruito sopra il vecchio ‘sarcofago’. Un gigantesco tunnel in acciaio alto 110 metri e largo circa 257 metri, ricoperto da pannelli multistrato, costato 1,5 miliardi di euro. Il Nsc non è solo un coperchio ma svolge una funzione attiva nel contenimento.

Anzitutto previene la fuoriuscita di polveri e aerosol radioattivi nell’ambiente, protegge dalle intemperie (pioggia e neve) che accelerano il deterioramento del reattore con il rischio di una contaminazione delle acque, infine consente di tenere bassi i livelli di umidità e temperatura all’interno. La capsula contiene poi un sistema di gru e carrelli a ponte mobili ad altissima capacità, manovrati da remoto, che servono a smantellare il vecchio sarcofago e stoccare i rifiuti radioattivi, e allo stesso tempo permette di monitorare il livello di radiazioni. 

La centrale e l’intera zona di esclusione, istituita dalle autorità sovietiche nel 1986, sono state occupate dalle forze russe il 24 febbraio 2022, il primo giorno dell’invasione su vasta scala, fino all’aprile dello stesso anno. In quel mese e mezzo il personale ucraino della centrale è stato costretto a rimanere in servizio senza rotazioni né riposo, lavorando sotto minaccia militare per garantire la sicurezza dell’impianto. Ci sono state interruzioni temporanee dell’alimentazione elettrica esterna che hanno compromesso i sistemi di monitoraggio e raffreddamento.

CHERNOBYL UKRAINE

Il reattore 4 esploso nel 1986 in una foto dell’epoca (Reuters)

L’attacco dello scorso 14 febbraio ha causato un buco nel tetto della struttura di 15 metri quadrati. Come spiegato dall’Aiea non ci sono state fuoriuscite immediate di radiazioni. Ma l’Agenzia europea oggi fa sapere che lo scudo ha perso la sua funzione di contenimento.

L’esposizione agli elementi atmosferici e il danneggiamento del sistema di ventilazione e deumidificazione possono poi compromettere a lungo termine la capacità dell’NSC di prevenire la corrosione delle strutture in acciaio, mettendo a rischio la sua durata prevista di 100 anni.

“Nel 2026, con il supporto della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), il sito di Chernobyl sarà sottoposto a ulteriori riparazioni temporanee per supportare il ripristino della funzione di confinamento del NSC – scrive Aiea nel suo report – aprendo la strada al completo restauro una volta terminato il conflitto”. Grossi assicura che “continueremo a fare tutto il possibile per garantire la completa sicurezza nucleare del sito”.