Secondo Marano, il tema non è soltanto economico, ma riguarda direttamente il diritto all’informazione sancito dall’articolo 21 della Costituzione. L’assetto attuale del mercato digitale, ha osservato, avrebbe creato una distorsione profonda: le piattaforme globali trarrebbero valore dalla distribuzione dei contenuti senza sostenere i costi tipici dell’editoria tradizionale, dagli investimenti sul territorio fino alla produzione e alla tutela editoriale. In questo squilibrio, ha fatto notare, risiederebbe il cuore del problema competitivo per radio, tv e stampa, chiamate a confrontarsi con operatori che possono agire senza gli stessi oneri economici e regolatori.

Marano ha richiamato inoltre una dinamica già visibile in diversi Paesi europei, dove — ha spiegato — gli editori stanno chiedendo interventi strutturali per riequilibrare il mercato. In Italia, a suo giudizio, la consapevolezza politica del tema sarebbe ancora insufficiente, soprattutto in relazione agli effetti concreti sul comparto radiofonico. L’evoluzione dell’automotive verso sistemi sempre più integrati connessi alla rete, con veicoli talvolta privi di radio tradizionale, rischierebbe di consegnare alle piattaforme il controllo degli accessi ai contenuti, riducendo l’autonomia editoriale e la pluralità delle fonti. Un passaggio che, ha avvertito, potrebbe trasformarsi in una nuova forma di dipendenza tecnologica e culturale.

Un altro punto critico, secondo il presidente di Confindustria Radio TV, sarebbe l’assenza di responsabilità editoriale in capo ai grandi intermediari digitali. La distribuzione di contenuti senza la mediazione di una redazione, di un direttore responsabile o di un giornalista vincolato a un codice deontologico aprirebbe — ha sottolineato — la strada a una circolazione incontrollata di materiali violenti, ingannevoli o lesivi di diritti fondamentali. Situazioni che, ha rimarcato, nel sistema radiotelevisivo tradizionale comporterebbero sanzioni immediate, mentre online rimarrebbero spesso prive di conseguenze equivalenti.

Nel delineare lo scenario auspicato, Marano ha insistito sulla necessità che anche le piattaforme si adeguino alle regole dell’editoria: responsabilità diretta sui contenuti e investimenti reali nei Paesi in cui operano, a partire dall’occupazione. A sostegno della sua tesi ha citato dati occupazionali emblematici, che renderebbero evidente, a suo dire, lo scarto tra i fatturati generati in Italia e la presenza effettiva sul territorio in termini di addetti.

Infine, l’analisi si è spostata sul piano economico. Marano ha evidenziato come il mercato pubblicitario radiofonico italiano valga circa un terzo rispetto a quello di Paesi comparabili come Francia e Germania, nonostante livelli di ascolto simili. Una sproporzione che, a suo avviso, dipende dalla scarsa tutela del valore dei contenuti nell’ecosistema digitale, ulteriormente aggravata dalla diffusione delle fake news e dall’uso sempre più sofisticato dell’intelligenza artificiale nella produzione di materiali difficilmente distinguibili dal reale.

Il presidente di Confindustria Radio TV ha quindi ribadito che la posta in gioco non riguarda solo gli editori, ma la qualità della democrazia. Senza responsabilità, ha concluso, la verità diventa un concetto fragile e il pluralismo si indebolisce. Il rischio è che il controllo delle piattaforme sui flussi informativi si traduca in un potere culturale, politico ed economico capace di influenzare intere generazioni. Un tema complesso, ma — ha sottolineato — oggi impossibile da ignorare.

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