di
Cesare Peccarisi

La musica preferita riporta immediatamente al momento in cui è stata sentita per la prima volta: le melodie legate a particolari ricordi attivano aree cerebrali specifiche, che sono invece «indifferenti» ad altri brani (anche se ci piacciono)

«Quando di un passato lontano non resta più nulla, l’odore e il sapore rimangono ancora a lungo sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla impalpabile l’immenso edificio del ricordo». 
Lo scriveva Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto raccontando come gustare i dolcetti madeleine nel tè lo riportasse a quando gli venivano offerti dalla madre e dalla zia nell’infuso di tiglio.
E così fa la musica, scrivono ora ricercatori delle università dell’Arizona e della California diretti da Sarah Hennessy in uno studio pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping. Tutti abbiamo una canzone del cuore che sa riportarci a quando l’abbiamo sentita per la prima volta.

Effetto nostalgia

La musica, spesso presente in occasioni importanti come il Natale in famiglia, l’incontro in discoteca di un grande amore o il matrimonio con l’organo che suona la marcia nuziale, ha il potere di evocare nostalgia per quei momenti felici legati ai ricordi della nostra esistenza di allora. Gli psicologi considerano la nostalgia un’emozione pervasiva che mantiene il senso di sé, promuove la connessione sociale e favorisce la regolazione delle altre emozioni. Innescata da un qualsiasi stimolo esterno, è un desiderio velato di tristezza talora fin troppo sentimentale del ritorno a un passato spesso irrecuperabile. Su questi meccanismi inconsci gioca ad esempio Facebook, quando ripropone ai suoi iscritti vecchie foto inserite nel sistema anni prima che li fanno inciampare in un passato di cui non avevano più un ricordo visivo così nitido. La nostalgia evocata dalla musica esaminata dagli autori dello studio in oggetto si caratterizza per la capacità di attivare i circuiti cerebrali implicati nell’elaborazione autoreferenziale, nella memoria autobiografica, nella gratificazione e nella regolazione delle emozioni. Un esempio di casa nostra potrebbe essere la sigla di Carosello per gli adulti di oggi che l’ascoltavano ogni sera da piccoli.



















































«Allenare» il cervello 

Nei 57 soggetti americani analizzati nello studio (29, tra i 18 e i 35 anni; 28, dai 60 anni in su), la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che solo con questo tipo di musiche si attivano specifiche reti del lobo temporale postero-mediale e dell’insula: il circuito della salienza e quello della gratificazione, legato all’affettività. Il circuito della salienza, distribuito in particolare nell’insula anteriore e nella corteccia cingolare antero-dorsale, è il moderatore dell’attenzione focalizzata che bilancia stimoli esterni come la musica e stimoli interni come i ricordi che le sono legati.
Questi meccanismi si attivano soprattutto andando in là negli anni e ciò sottolinea l’importanza di mantenere in esercizio questi circuiti cerebrali nell’invecchiamento con l’ascolto di musica nostalgica.
Lo studio dei correlati neurali della nostalgia evocata dalla musica nella malattia di Alzheimer e nelle altre demenze potrebbe forse aprire nuove vie di trattamento: è risultato infatti che induce temporanei miglioramenti della memoria autobiografica in soggetti con declino cognitivo. Lo ha confermato di recente anche uno studio dell’Università di Melbourne sull’International Journal of Geriatric Psychiatry in cui a migliorare sono stati pure i caregiver che l’ascoltano.

Dove nasce la «memoria» delle note

Secondo il filosofo Arthur Schopenhauer «le altre arti parlano solo dell’ombra, mentre la musica dell’essenza». Ma per il cervello questa essenza musicale ha due componenti: il ricordo della struttura sintattica musicale e quello del contesto associato alla musica che contribuisce alle tracce di memoria episodica, alle emozioni e alla gratificazione. Per ognuna di esse usiamo aree cerebrali diverse: la memoria della sintassi musicale è gestita soprattutto dalla corteccia uditiva primaria e dal giro frontale inferiore. Nella memoria delle associazioni contestuali sono implicate invece anche amigdala e striato che supportano la modulazione delle risposte affettive, la valutazione dell’appagamento e, tramite l’ippocampo e il default mode network, l’elaborazione autobiografica: il primo è l’area principe della memoria e il secondo il sistema che si attiva quando vaghiamo con la mente.

6 dicembre 2025