Carlo Verdone dopo aver ricevuto la laurea in Medicina honoris causa qualche tempo fa e la recente esperienza da sindaco di Roma per un giorno (il 17 novembre, come regalo per i suoi 75 anni), il regista e attore si è raccontato tra aneddoti e ricordi. Non sono mancati i momenti di riflessione, in particolare dedicati ai più giovani, prendendo spunto dalla stagione finale di Vita da Carlo, su Paramount+, dove Verdone a un certo punto si trova a fare il professore nel Centro Sperimentale di Cinematografia e, quindi, a relazionarsi con gli studenti. Un’esperienza che gli piacerebbe poter vivere davvero: «Mi piacerebbe molto insegnare al Centro Sperimentale e nella serie mi sono immedesimato nel ruolo di un uomo di un altro tempo che deve scontrarsi con un mondo nuovo e un linguaggio nuovo», ha detto ospite di Tintoria, il podcast di e con Daniele Tinti e Stefano Rapone, «Non ci deve essere conflitto con i giovani ma solo grande interesse per vedere come si evolve il mondo. Ogni tanto dico che si stava meglio prima ma in realtà dobbiamo guardare avanti, anche se il mondo ci piace un po’ meno. Dobbiamo cercare di capire quali sono le problematiche dei ragazzi di oggi che hanno davanti a loro molti ostacoli: il lavoro, stipendi bassi, un Medioevo senza orizzonti. Vedono il futuro come una minaccia e dobbiamo comprendere nevrosi e solitudini».
Non indica ricette e soluzioni, ma qualche responsabilità sì: «Vorrei riuscire a scuoterli perché i social sono sì degli strumenti preziosi ma il rapporto umano resta la cosa più importante. Sui social ti senti sempre solo. La colpa? È dei “vecchi” che comandano il mondo e decidono l’economia. I giovani vanno salvaguardati, devono avere speranza nel futuro e devono aver voglia di coltivare una passione ed entrare in un sistema creativo, anche se è un momento difficile per chi scrive e fa cinema».
L’ospite ha poi raccontato dei suoi incontri con Silvio Berlusconi e dei rapporti con i grandi attori del cinema italiano. Tra i ricordi più divertenti, c’è quello su Aldo Fabrizi e la sora Lella: «C’era la proclamazione dei David di Donatello. Io stavo andando a ritirare il premio per Io e mia sorella. A un certo punto mi sento arrivare una pacca fortissima su una spalla. Mi giro: era Aldo Fabrizi. Grosso, stanco, mi dice: “Devo ancora capire che ci trovi in mia sorella. È bona solo a cucina’”. Io: “È brava a recitare”. E lui: “Ma de che, ma lasciala perde’”. Allora l’ho detto alla sorella: “A sora Le’, ma lo sapete che vostro fratello ha detto che non sapete recitare?”. Le davo del voi. E lei: “Ma è un brontolone. Non mi offendo”. Era invidioso, anche perché se oggi dici Fabrizi, tutti pensano alla sora Lella. Aldo era un attore grandioso, ma nell’immaginario collettivo è rimasta lei».
Non sono mancati scambi divertenti con i conduttori, ovviamente sulla competenza medica di Carlo Verdone, che ha dato consigli per il reflusso di Stefano Rapone e la tendinopatia di Daniele Tinti.