di
Federico Fubini

L’attivismo di Eric Schmidt: si fa consegnare dai clienti ucraini interi archivi di dati e guida Swift Beat che fornisce a Kiev centinaia di migliaia di droni intercettori

(Questo articolo è tratto dalla newsletter Whetever it takes ad opera di Federico Fubini, se vuoi iscriverti clicca qui)

L’altro giorno un’unità ucraina ha abbattuto un drone russo da ricognizione, lo ha smontato e ci ha trovato dentro qualcosa di nuovo. La lente della telecamera – cinese – aveva uno zoom manovrabile come quello delle macchine fotografiche e permetteva una risoluzione più alta da altezze superiori, con una sensibilità ai colori così elevata da fornire molti più dettagli: può distinguere un camuffamento da grandi distanze. Gli Stati Uniti e l’Europa non producono lenti così. Il giorno dopo gli ucraini erano alla ricerca di qualcosa di simile fra i fornitori di Taiwan. 



















































L’America rancorosa

Ma questa minuscola vicenda ha un significato più ampio, perché in qualche modo anch’essa aiuta a capire – non a giustificare – parte delle ragioni che alimentano l’America sciovinista e rancorosa di Donald Trump nel suo disprezzo verso l’Europa. Perché l’Ucraina non è più solo il teatro di una guerra atroce che segnerà il futuro del continente. Ogni giorno di più è il laboratorio di un’ondata di innovazione che altera il cammino dell’industria e dell’economia mondiali. In questo quella ucraina è già una guerra mondiale. Attira investitori e innovatori da varie parti del mondo: Cina, Stati Uniti, persino Israele. 

Dai satelliti ai bit

Sta succedendo nel nostro cortile di casa, ma noi europei siamo i più lenti a capirlo. Invece l’americano Eric Schmidt, ex Chief Executive Officer di Google, 32esimo uomo più ricco al mondo con un patrimonio di 53 miliardi di dollari, è stato fra i primi (nella foto con Volodymyr Zelensky e alcuni droni). Non l’unico, chiaro: compete per esempio con lui un fisico di nome Mikhail Kokorich, nato 49 anni fa in un primitivo villaggio siberiano ai confini con la Mongolia, ormai non più cittadino russo ma esule ed aperto sostenitore di Kiev. Come Kokorich, Schmidt vuole sinceramente aiutare l’Ucraina. Allo stesso tempo vede nel Paese una miniera d’oro tecnologica, anche per sé. E proprio il modello di business dell’ex capo di Google andrebbe studiato nelle università o negli uffici dei primi ministri in Europa: magari non per copiarlo, ma per rendere chiaro quanto ancora dobbiamo imparare. Vediamo.

Il patrimonio di Schmidt

Dopo l’invasione totale del 2022 Eric Schmidt è entrato subito nella dinamica della guerra, influenzandola in un modo che già in sé contiene una lezione (ne abbiamo scritto qui). Con parte del suo patrimonio l’ex CEO di Google aveva fondato Innovation Endeavors, una società che investe in start up potenzialmente rivoluzionarie nella loro fase precoce. Fra queste c’è Planet Labs, che produce satelliti di ricognizione integrati con sistemi di intelligenza artificiale. Schmidt vi ha versato pochi milioni di dollari attraverso il suo fondo, ma già dal 2022 questa partecipazione gli ha permesso di offrire all’esercito ucraino accesso illimitato e gratuito alle immagini da satellite per studiare le posizioni dei russi o i danni inferti dai loro attacchi. Schmidt a questo punto aveva creato un rapporto di fiducia con Kiev. 

La Commissione di sicurezza

Sulla base di esso, ha potuto visitare i laboratori ucraini in cui si iniziavano a sviluppare le prime ondate di droni da guerra e in quel momento era già pienamente in grado di capirne il potenziale e vedere anche i prossimi passi: fra il 2016 e il 2020, durante il primo mandato di Trump, il manager americano aveva guidato un organo di consulenti tecnologici dell’attuale dipartimento della Guerra (il “Defense Innovation Advisory Board”); fra il 2019 e il 2021, sempre sotto Trump, aveva fatto parte della Commissione di sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale che lavora a disposizione del presidente degli Stati Uniti. Sapeva da anni come funziona l’innovazione nell’industria della difesa, poteva scorgerne subito le opportunità.

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L’ecosistema

Così Schmidt riuniva già in sé alcuni ingredienti fondamentali: capisce la tecnologia, è disposto a investire aggressivamente il proprio capitale e ha avuto accesso prima di molti altri a informazioni decisive sull’interazione fra intelligenza artificiale, innovazioni materiali ed eserciti. A questo punto, il 13 settembre 2023, fonda in Estonia una società a responsabilità limitata di nome Volya Robotics Ou. Il capitale versato è di appena 2.400 euro e la proprietà indiretta spetta a una sola persona: Eric Emerson Schmidt, cioè lui stesso, nato da una psicologa e da un professore di economia internazionale a Falls Church, Virginia, nel 1955. Volya Robotics controlla un’altra società negli Stati Uniti che di recente ha cambiato il suo nome da White Stork in Swift Beat. E produce droni integrati all’intelligenza artificiale.

L’investimento

Né Swift Beat, né alcuni stretti collaboratori di Schmidt hanno risposto alle mie domande – dunque non ho potuto verificare – ma si dice nell’industria che a quel punto l’ex CEO di Google abbia tirato fuori tutta la sua determinazione: ha investito un miliardo di dollari dal proprio patrimonio personale per mettere tre gruppi al lavoro in competizione fra loro per chi avesse sviluppato il drone intercettore più efficace, nei tempi più rapidi, ai costi più bassi (ne abbiamo scritto qui).

I droni che volano sotto ai radar

Non c’è bisogno di spiegare perché serve. Ogni giorno la Russia manda al fronte o sulle città dell’Ucraina circa mille droni derivati dai modelli iraniani Shahed: costano fra 20 mila e 50 mila euro l’uno, volano sotto ai radar a una velocità fra 160 e 400 chilometri all’ora, sono carichi di esplosivo. Per intercettarne in volo almeno una parte, vista la percentuale di bersagli mancati, bisogna poter disporre di almeno 1.500 droni antiaerei al giorno a costi sostenibili.

La firma con Zelensky

A luglio scorso in Danimarca Schmidt ha firmato un contratto della Swift Beat con il presidente Volodymyr Zelensky in persona (vedi la foto sopra), per fornire esattamente questo: centinaia di migliaia di intercettori già quest’anno – recita l’accordo – «con forniture prioritarie all’Ucraina, sulla base di termini speciali e a prezzo di costo». Si dice da più parti (ma anche qui non sono riuscito a farmi dare conferme ufficiali) che questi intercettori chiamati Merops costino qualcosa meno di cinquemila dollari l’uno e viaggino a 280 chilometri all’ora.

Il prezzo di costo

Ma se Schmidt li vende “a prezzo di costo”, ossia rinunciando a guadagnare dopo aver investito probabilmente un miliardo di dollari, quali sono i “termini speciali” dell’accordo? Qui viene la parte che dovrebbe più far riflettere noi europei: accanto al denaro, l’azienda dell’ex CEO di Google si fa consegnare dai suoi clienti ucraini anche interi archivi di dati. Swift Beat avrebbe persino consegnato all’esercito di Kiev un sistema di comunicazione per il trasferimento sicuro del materiale digitale negli Stati Uniti.

Il campo di dati

Ho già raccontato in passato che i dati raccolti sui campi di battaglia ucraini servono ad addestrare gli algoritmi per l’automazione dei sistemi di difesa, ma di quali dati si tratta? A questo punto della guerra, con l’innovazione sospinta sempre più avanti e più veloce dall’istinto di sopravvivenza degli ucraini, esistono ormai tre categorie di dati di valore diverso: i meno pregiati riguardano video del suolo presi dalle telecamere montate sui droni in volo; gli intermedi per valore riguardano lo spettro di frequenze radio e le strategia di interferenza contro questi oggetti volanti teleguidati tramite il segnale mandato sulla loro antenna; ma i più preziosi sono i video ottici o termici (convertono le radiazioni infrarosse in immagini) di combattimenti fra Shahed russi e intercettori ucraini.

Moneta digitale

È tramite questi ultimi, oltre che con dollari, che Eric Schmidt si fa pagare da Kiev per la fornitura dei prodotti di Swift Beat. Il 2025 è l’anno in cui i dati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale in un contesto di guerra sono diventati moneta. Dal lato russo del fronte, Pechino sembra aver inviato delle squadre di ingegneri precisamente allo scopo di raccogliere lo stesso tipo di dati e far avanzare lo sviluppo di droni autonomi cinesi (sempre più anche per usi civili di sorveglianza e logistica delle grandi metropoli). Dal lato ucraino, con ritardo, almeno un’impresa europea sta facendo qualcosa di simile: inviare persone sul terreno per raccogliere dati necessari ad addestrare gli algoritmi. Chi ne ha di più, si avvicina a vincere la corsa dell’intelligenza artificiale per armi volanti senza pilota.

L’impatto sulla guerra

Disumano? Non ne sono così sicuro. Gli intercettori semi-automatici ucraini salvano ogni giorno molti militari o civili e più essi diventano sofisticati, più proteggeranno altre persone. La guida autonoma dei droni ne tutela i piloti stessi, perché in futuro questi non dovranno esporsi vicino alla linea del fronte per orientare le difese. La tecnologia in sé è neutra: tocca agli uomini metterla al proprio servizio, invece di subirla.

Contratti europei

Ma il punto qui è capire perché Eric Schmidt, in Ucraina, si faccia pagare in dati. È il primo ad averlo fatto, di fatto accumulando un archivio privato di milioni di episodi di combattimento in una guerra che ormai appartiene alla storia collettiva europea. Si è assicurato un vantaggio competitivo su altri che volessero entrare ora in concorrenza con lui sui droni automatici. Se il conflitto finisse oggi, quindi smettesse di generare immagini, il vantaggio di Swift Beat su molti altri diverrebbe forse incolmabile. Forte di questa base, l’azienda ha iniziato a vendere intercettori ai Paesi della Nato traumatizzati dai recenti attacchi ibridi della Russia con droni che hanno bloccato gli aeroporti di Copenaghen, Monaco di Baviera, Berlino o Bruxelles. Il mese scorso sono emersi i contratti conclusi dall’azienda di Schmidt per forniture di intercettori alla Polonia, alla Romania, alla Danimarca, mentre anche l’esercito americano sta conducendo test su di essi nelle basi Nato in Europa. Altri governi seguiranno senz’altro.

L’estrazione di valore

Così l’ex CEO di Google estrae valore dall’Ucraina e lo monetizza nel resto d’Europa. Non mi sento di condannare, sospendo il giudizio per ora. Nessun imprenditore o governo europeo è andato vicino a replicare la sua capacità di intuire uno spazio di innovazione, capire una combinazione di tecnologie prima che si realizzi, investire con audacia, far tesoro della cultura del proprio ambiente. L’esperienza a Silicon Valley di Palantir nell’uso dei dati digitali nella difesa è l’ecosistema nel quale è emerso il nuovo business di Schmidt. Non a caso il fondatore di Palantir e ideologo trumpiano Peter Thiel, con la società d’investimento della Cia In-Q-Tel e la franco-tedesca Airbus è comproprietario della sola azienda tedesca, Quantum-Systems, che sta cercando di recuperare il ritardo.

La sfida degli Hornets

Neanche Eric Schmidt può dormire fra due guanciali. L’evoluzione furiosa della tecnologia sul campo di battaglia rende obsoleti i vecchi dati, oltre alle vecchie armi. Mikhail Kokorich, il fisico visionario arrivato da un remoto villaggio siberiano e oggi schierato con l’Ucraina, sta già costruendo altri intercettori – gli Hornets – che a quanto pare costano meno, vanno più veloci e sono più integrati all’intelligenza artificiale persino di quelli di Schmidt. Ma Kokorich è cresciuto in una landa sovietica desolata, così povero che faceva il pastore da ragazzo quando non studiava. Per lui la tecnologia è stata un appiglio per sopravvivere e liberarsi della sua condizione di partenza.

L’accordo con i turchi

Ma noi abbiamo la fame di Kokorich o l’ambizione di Eric Schmidt? Abbiamo la mentalità e l’ambiente politico-istituzionale adatto? Senz’altro sulla base di un accordo fra governi, non tanto fra imprese, l’Italia di recente ha puntato molto su un accordo per un produttore turco di droni. Dall’Ucraina mi si spiega che l’esercito di Kiev ha smesso di usare quei droni turchi da più di tre anni, perché sono ritenuti inadatti e obsoleti. Ma se questa vicenda mostra qualcosa, è che l’ingrediente di base dell’innovazione non è il denaro, la competenza tecnica e neppure il potere politico. È la psicologia umana.

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8 dicembre 2025 ( modifica il 8 dicembre 2025 | 10:05)