di
Maria Rosaria Spadaccino

La contessa venezuelana, 75 anni, da due giorni nonna di Aurora, prima nipote, figlia di Edoardo, è la regina di salotti e funerali vip

Il suo primo ricordo di Roma?
«Non ero qui, ma in esilio con tutta la mia famiglia. Eravamo a Madrid, avevo sei anni, ero dislessica, leggevo al contrario. Sentii parlare di questa città che per me si chiamava Amor. Mi rimase impressa ».

Quando venne la prima volta?
«A 16 anni scappai dalla Spagna, volevo allontanarmi da una famiglia infelice, i miei si erano separatati e io fuggii per non dover scegliere uno dei due».



















































Marisela Federici, 75 anni, – contessa Rivas y Cardona, venezuelana, nipote di Carlos Delgado Chalbaud, presidente del Venezuela fatto assassinare dal dittatore Perez Jimenes – si racconta nella sala da pranzo della villa «La Furibonda» sull’Appia Antica dove è passata tutta la Roma che conta, «non solo, anche chi non conta, ma è educato, conversatore e soprattutto piace a me». Elegante, vestita di nero come sempre, cucina personalmente per i suoi ospiti, «mi piace offrire pietanze semplici, cucinate con amore».
Sposata in prime nozze con Roger Tamraz, libanese proprietario della Tamoil, da cui ha avuto due figli Edoardo e Margherita, poi in seconde nozze si è legata all’imprenditore romano Paolo Federici, scomparso nel 2016. «Il mio grande amore, guardi le mostro tutto di questa villa disegnata da Piacentini, tranne l’ala dove dormiva Paolo, quella è segreta solo sua e mia».

Quale è stata la sua prima casa a Roma?
«Il Lungotevere. Come tutte le ragazze di buona famiglia alloggiavo presso l’Opus Dei, a villa delle Palme, Lungotevere delle Armi, ero come una principessa servita e riverita».

Ha cominciato allora la sua dolce vita romana?
«Assolutamente no, io sono raccontata in maniera errata, in realtà io sono una solitaria».

Eppure lei è a tutte le inaugurazioni, feste, eventi, funerali che contano. Come fa a definirsi solitaria?
«Ho avuto infanzia e adolescenza da privilegiata che mi ha introdotto a questa vita. La mia seconda casa romana è stata in via XXIV Maggio, vicino al Quirinale, a palazzo Mengarini Carandini doveva vivevano gli Agnelli a Roma. Erano i miei vicini di casa. Facevano parte della mia vita».

La droga l’ha provata?
«Da ragazza ero nel collegio Les oiseaux a Parigi con la nipote del proprietario dei magazzini Bloomington, prendemmo una cosa che si chiamava “Sangue di Cristo”, sono stata malissimo. Una compagna è finita in ospedale con la tracheotomia. Non ho mai più toccato quella roba, solo ottimo vino e champagne».

Dove ha studiato?
«A Roma alla ProDeo, ora Luiss, Scienze Politiche, ma non ho terminato gli studi, avevo troppo da fare».

Cosa?
«Vivere, girare, lavorare».

Ha lavorato?
«Ma certo, la mia amica Stella Pende era fidanzata con Gianni Bulgari. Ci conosciamo e lui mi dice “vieni a lavorare con noi?».

E lei?
«In un primo momento mi sono sentita insultata. Ho rifiutato».

In seguito cambiò idea?
«Era un persona meravigliosa, mi ha convinto, mi ha insegnato a separare i brillanti con un’asticella. Poi mi sono occupata delle relazioni pubbliche, organizzavo mostre, si può dire che insieme abbiamo inventato un lavoro che non esisteva. Sono stata molto fortunata».

Per cosa?
«Lavoravo per i Bulgari e Valentino che sono stati la mia università. Avevo i vestiti e i gioielli più belli del mondo. Mi sembrava di vivere nella luce. Roma mi aveva donato tutto questo».

E l’amore?
«Ero ambigua, avevo sempre la valigia pronta. Dopo il lavoro ogni sera ci vedevamo al Baretto di via Condotti, angolo via delle Carrozze. C’era Gianni (Bulgari), Battistoni, il figlio di Edda Ciano, si beveva, si chiacchierava, si disegnava il futuro».

Nessun fidanzato tra questi?
«Erano tutti ai miei piedi, io ho dato spazio solo a quelli che potevano soddisfare la mia vanità».

Era molto vanitosa?
«Lo sono sempre, anche adesso, sono stata molto bella, ma essere belli è davvero un grande impegno».

Parla di una Roma sfolgorante, sempre stata così?
«Non sempre, io andavo ogni giorno a pregare a Santa Rita dietro Fontana di Trevi, pregavo per la pace in Libano (paese del mio primo marito). Un giorno Suni (Agnelli, ndr.) mi dice “ Basta pregare, lui non è in Libano a lavorare con la presidenza della Repubblica, ma a Saint Moritz con una donna”. Mi crollò il mondo e finì anche il mio matrimonio. Con lui vivevamo tra Parigi, New York e Londra, presi miei figli e tornai Roma. Per fortuna non avevo mai lasciato la mia casa romana di via XXIV maggio. Ero stata previdente e Roma mi consolò».

Come?
«Ho incontrato Paolo e siamo venuti a vivere qui sull’Appia Antica, villa « La Furibonda» è la mia vita ormai, vivo in sintonia con le quattro stagioni, con il canto degli uccellini».

Sono passati tutti alla Furibonda?
«Alberto Sordi è venuto a pranzo, voleva cucinare lui. Gina Lollobrigida pranzava con noi sovente, ma poi è arrivato quel ragazzo (Andrea Piazzolla) e mio marito Paolo mi ha detto “quel signore in questa casa non entra più” e lei non è più tornata.»

Cosa le ha tolto Roma?
«Mi ha tolto tutto. Abbiamo avuto i rapinatori in casa, eravamo io e Paolo, lui già non stava bene. Quando ho visto gli incappucciati in camera da letto, gli ho urlato “ma come vi permettete di entrare in casa mia”. Sono rimasti colpiti dal mio coraggio. Ma poi il mio pensiero è stato per Paolo, che non gli facessero del male. Allora gli ho dato tutti i gioielli più preziosi, quei ladri si sono sistemati per 3 generazioni. Secondo me ancora mi ringraziano».

Cosa le ha dato Roma?
«Una nipotina, Aurora nata il 31 luglio, da mio figlio Edoardo e sua moglie Celeste». Da quel giorno sono la nonna strafelice della bimba più bella del mondo. Che mi somiglia.


Vai a tutte le notizie di Roma

Iscriviti alla newsletter di Corriere Roma

2 agosto 2025 ( modifica il 2 agosto 2025 | 07:38)