Aprirsi su una questione intima, spesso dolorosa, come la salute mentale non è da tutti. Ci è riuscito Cesare Cremonini. Il cantautore bolognese, 45 anni, ha recentemente rilasciato un’intervista a Il Corriere della Sera. E in questa occasione ha raccontato della condizione di lieve schizofrenia con la quale convive. «È un percorso che continua», ha sottolineato Cesare Cremonini. «Sono due anni che prendo medicinali con costanza e questo mi permette di accettarmi come una persona che deve essere curata, mi dà anche una forma di pacatezza. Sono felice la mattina quando vado in cucina, mi preparo il caffè e vedo quelle pillole, rappresentano l’accettazione di me stesso». Forma lieve di schizofrenia: esattamente cosa comporta questa condizione? Abbiamo approfondito il tema con l’aiuto dell’esperta.
Diagnosi di schizofrenia: cosa significa soffrirne in «forma lieve» come Cesare Cremonini
Le parole di Cesare Cremonini riaprono il dibattito su una definizione spesso fraintesa: soffrire di schizofrenia in forma lieve non equivale a un’etichetta definitiva di incapacità. «La schizofrenia non è una condizione unica e uniforme, ma uno spettro molto ampio di quadri clinici», chiarisce la dottoressa Beatrice Casoni, medico psichiatra presso il Poliambulatorio Erresse di Ferrara. «Nelle sue forme lievi, i sintomi sono attenuati, intermittenti o ben controllati e il funzionamento generale può restare conservato. Ciò significa che lavoro, relazioni e creatività possono coesistere con la diagnosi di schizofrenia, soprattutto quando la persona mantiene buon insight e aderisce al trattamento indicato dai medici curanti».
Schizofrenia: sintomi, meccanismi e terapia
Facciamo chiarezza. «I quadri meno intensi di schizofrenia possono includere lievi distorsioni percettive, idee insolite, sospettosità moderata o ridotta motivazione, senza però compromettere totalmente la quotidianità. Possiamo osservare anche una riduzione dell’energia o difficoltà di concentrazione nei periodi di stress», spiega la dottoressa Casoni. «A livello neurobiologico, il problema dato dalla schizofrenia è una regolazione non uniforme della dopamina, un neurotrasmettitore che il cervello usa per regolare motivazione, attenzione, movimento e il modo in cui percepiamo e attribuiamo significato alla realtà. Nel soggetto schizofrenico può esserci un eccesso di dopamina in alcune aree, uno stato di carenza in altre, con ripercussioni differenti sui sintomi. La schizofrenia non è dunque un semplice “eccesso di dopamina”, ma un doppio disequilibrio della stessa tra le diverse aree cerebrali. Lato terapia, i farmaci antipsicotici agiscono modulando questa attività: quelli di prima generazione bloccano prevalentemente i recettori dopaminergici D2, mentre quelli di seconda generazione, più utilizzati nelle forme di lieve schizofrenia, agiscono anche sui recettori della serotonina, risultando meglio tollerati e più equilibrati. Assunti in modo regolare (proprio come racconta Cesare Cremonini), questi farmaci permettono di ridurre i sintomi, stabilizzare l’umore, prevenire ricadute e ritrovare una maggiore e più stabile serenità quotidiana».
Schizofrenia: pratiche quotidiane di convivenza e segnali d’allarme da monitorare
Accogliere la diagnosi e seguire il percorso terapeutico significa migliorare la propria qualità di vita, come racconta lo stesso Cesare Cremonini, parlando delle sue pillole come atto di accettazione personale. «Accettare la diagnosi non significa arrendersi, ma diventare parte attiva della cura», sottolinea la dottoressa Casoni. «Oltre ai farmaci, risultano utili psicoterapia e psicoeducazione, oltre al mantenimento di routine regolari, cura del sonno, attività fisica e rete di supporto sociale. È fondamentale monitorare segnali di peggioramento (ad esempio aumento della sospettosità, ritiro sociale, disturbi del sonno, calo dell’aderenza alla terapia), per intervenire precocemente e limitare la gravità di eventuali ricadute».