di
Andrea Laffranchi
La cantautrice lancia le date estive negli ippodromi: «Sfido quei templi del rock da maschi»
Emma si sente più che in forma. Ride. «Sono come Benjamin Button», il protagonista di un racconto di Francis Scott Fitzgerald che nasce anziano e col tempo ringiovanisce. Chissà come si sentirà sul palco dei concerti negli ippodromi, 2 luglio a Roma e 9 settembre a Milano, per ora unici impegni in agenda. «In mezzo arriverà un nuovo progetto», annuncia.
«Una nuova voce»
La direzione c’è. «Mi voglio appropriare di parole e voce. Le parole vanno usate bene, sono un’estensione importante. La voce sarà nuova, come se volessi dare voce appunto a un altro degli abitanti che c’è in me». I tempi sono meno certi: «Scrivo tanto, ma ho la forza e la determinazione per non cascare dentro al meccanismo del pubblicare musica di continuo. Sono lenta anche per rispetto al pubblico. Sono chiusa in studio col mio collettivo, i miei amici, persone che stimo e mi stimano. Non è una roba da ufficio, una canzone si fa anche in 5 minuti, ma è rimasto quel fuoco di voler fare musica che possa rimanere nel tempo». Con quella logica è nata «Brutta storia», uscita a ottobre e firmata con Olly, Juli e Paolo Antonacci. Il vincitore di Sanremo la chiama «sorella maggiore»: «Quando mi chiede consigli gli dico: “Non dimenticarti mai da dove arrivi e di chi c’era all’inizio perché poi sul carro vincente qualcuno salirà con facilità”».
Gli ippodromi patria del rock e degli uomini
Con la lentezza si è riappropriata dei suoi tempi, «ho scoperto il bello della routine». Ha anche elaborato il lutto per papà Rosario, scomparso all’improvviso nel 2022. Poche settimane fa ha raccontato sui social l’emozione di essere a suonare per la prima volta le chitarre che gli erano appartenute. «Ogni chitarra ha un suo suono e io riconosco quelle di papà a occhi chiusi: avevo paura di prenderle in mano, è stato doloroso. Erano rimaste per più di due anni nella sua sala prove, le guardavo e sentivo un timore reverenziale. Ne ho portate alcune a Roma e in qualche modo saranno con me negli ippodromi». La testa è già lì… anzi lo era da tempo. «Sono sempre stati un sogno perché sono sempre stati visti come la patria del rock e degli uomini». Il rock se lo sente addosso: «È attitudine e non solo chitarre elettriche buttate dentro a una canzone». Sulla questione di genere è affilata: «Sembra che una donna debba fare solo show pizzi e merletti nei palazzetti: è una sfida che una donna italiana affronti quegli spazi».
L’impegno sociale e politico
Per Emma la voce non è solo quella che usa nelle canzoni. Spesso è intervenuta nei dibattiti sociali e politici. «Continuo a farlo senza usare il meccanismo dello slogan facile da social che mi sembra una tendenza di moda per pulire la coscienza. Nelle interviste, e peggio per chi non legge i giornali, parlavo di Palestina e di un genocidio senza fine nel 2023… Sono andata a manifestazioni LGBTQ+ dieci anni fa quando era meglio non esporsi. Oggi, ad esempio, mi sento a favore dell’educazione sessuale-sentimentale a scuola, perché l’educazione sessuale non può essere il porno che vedi a 12 anni con i tuoi amici».
APPROFONDISCI CON IL PODCAST
«In sala operatoria non conta sei sei famoso o no»
Qualcuno fatica a inquadrarla. C’è la Emma con la lacrima e quella che sembra non spezzarsi mai. «Come sono nella vita sono anche sul palco: non c’è un dottor Jekyll e un mister Hyde. Preferisco le critiche a una vita sdoppiata e sul palco porto la stessa grinta e le stesse fragilità». Anche gli spazi più privati, come la malattia, tre operazioni per un tumore, non li ha nascosti. «Mi faccio paranoie da ipocondriaca per cose piccole e magari entro ridendo quando devo andare a farmi aprire in due o vado a lavorare con i punti sulla pancia… Non so se prendermi un merito per questo o se è quello che ho assorbito in casa mia, da mia madre che è un generale di ferro e io cerco inconsciamente di aderire a quell’idea di perfezione femminile».
La prima volta le era capitato quando non era ancora Emma, ma solo Emma Marrone: «Quando ti chiudi nella sala operatoria sei comunque una persona in carne e ossa con un male da sconfiggere. Quando sei nota il pro è l’affetto che ricevi ma ci sono anche il poco rispetto e la troppa curiosità».
Il ricordo di Pino Daniele e Ornella Vanoni
Torna a parlare degli amici. Quelli che ci saranno sul palco con lei quest’estate: «L’ho chiesto a Giorgia in diretta tv e non può mancare. E penso a Dardust che c’è dall’inizio». E quelli che non ci sono più. «Ero appena uscita da “Amici” e nessuno voleva accostarsi al mio nome: Pino Daniele suonò con me a un evento e mi fece anche dei regali perché era il mio compleanno». E Ornella Vanoni: «Mi chiamava “bambina” e per me era immortale. Non si percepiva la sua età effettiva dalle telefonate, dalle uscite o dalle cene in cui preparava ottimi risotti, dalle chiacchiere sui maschi… Mi ha fatto capire che bisogna vivere perché poi è un attimo».
9 dicembre 2025 ( modifica il 9 dicembre 2025 | 08:27)
© RIPRODUZIONE RISERVATA