Reggio Emilia, 10 dicembre 2025 – Il gruppo musicale ’P38-La Gang’ richiama nel nome l’arma-simbolo del terrorismo rosso: si erano definiti “collettivo musicale artistico insurrezionale”, e anche “trapper brigatisti”. Il Primo maggio 2022 si esibirono nel circolo Arci Tunnel camuffati da un passamontagna bianco. I quattro performer cantarono qui e in altre città le gesta sanguinose delle Br, nate nel nostro territorio. Tra i brani, figurava ’Renault’: “Zitto zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4”, era uno dei versi che richiamava la barbara uccisione di Aldo Moro ritrovato morto il 9 maggio 1978. Sul palco reggiano il gruppo srotolò anche una bandiera a cinque punte.
La sentenza
Tre anni e mezzo dopo, il giudice delle indagini preliminari di Torino ha stabilito che dietro quell’esibizione non sussiste l’ipotesi di reato configurata, cioè istigazione a delinquere, e ha archiviato sia i 4 rapper – residenti a Nuoro, Bergamo, Bologna e Milano – sia Marco Vicini, 41enne reggiano allora presidente del Tunnel. Una tesi che è stata sostenuta non solo dalle difese – Vicini è assistito dall’avvocato Federico Bertani – ma anche dalla Procura del capoluogo torinese, secondo cui “fu soltanto un’operazione artistico-musicale provocatoria”.
La feroce polemica
All’indomani dell’esibizione in via del Chionso, scoppiò una feroce polemica tra chi la catalogò come libera espressione e chi, invece, la ritenne oltraggiosa per i parenti delle vittime. Maria Fida Moro, figlia dello statista Dc, venuta a mancare nel febbraio 2024, presentò una denuncia; Lorenzo Biagi, figlio del professore giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Nuove Br, si disse sdegnato. A carico dei quattro rapper, poi identificati a seguito di indagini, e di Vicini, 41enne, fu aperto un fascicolo per istigazione a delinquere, che da Reggio poi passò a Torino, la cui Procura aveva iscritto per primo lo stesso reato e contestava altri fatti in quel territorio il 26 settembre 2022, qualificati come diffamazione e vilipendio.
L’archiviazione
Del decreto di archiviazione, datato 14 novembre, il gip Anna Mascolo ha ritenuto “pienamente condivisibili le ragioni addotte dai pm” su tutte e tre le accuse. Come parte offesa per diffamazione era stata individuata Maria Fida Moro. Per i giudici “non si poteva escludere fondatamente” la tesi difensiva secondo cui “fu soltanto un’operazione artistico-musicale provocatoria che affonda le sue radici nel genere rap/trap e che costituisce la sua voluta novità nel proporre come modello antisociale il terrorista degli anni Settanta”: da qui la richiesta di depennare il vilipendio. Sulla canzone, si scriveva che “non contiene espressioni offensive in senso tecnico” verso Moro. Per i pm “si limita a rievocare (in modo eticamente spregevole) la tragica uccisione, con parole che esaltano l’azione criminale, ma senza attribuire alla vittima qualità o caratteristiche “negative“”. Dunque per la Procura torinese tali espressioni, “pure creando comprensibile turbamento nei familiari della vittima e un diffuso senso di indignazione morale”, non integrano la diffamazione. Viene poi evidenziato che chi ha denunciato l’istigazione a delinquere “non riveste la qualità di parte offesa dal reato”. L’avvocato Bertani si dice “soddisfatto per la definizione del procedimento a carico del mio assistito Vicini”.